I lavori a Casazza per il supermercato sulla via del Tonale hanno portato alla luce vent’anni fa resti di abitazioni romane. Non si tratta di case signorili ma di costruzioni di famiglie contadine che vivevano coltivando cereali, allevando bestiame, di caccia e pesca del lago vicino. Siamo nel I secolo d.C. quando i Romani avevano assicurato un collegamento viario che dalla pianura andava a Lovere e quindi in Val Camonica. Gli imperatori della famiglia Flavia concessero a queste popolazioni a Nord del Po la cittadinanza romana.
E’ nominato Cavellas, da cui prende il nome la valle, Cavallina. Si è riusciti a ricostruire diverse fasi del piccolo insediamento fatto di sassi e pietrame ricuperato dall’alveo del Cherio che scarica l’acqua dal lago appena sopra. Possiamo pensarlo simile ai piccoli borghi semiabbandonati che ancora troviamo sui nostri monti. Per questo villaggio smottamenti e inondazioni erano minacce costanti dovute alla vicinanza di un altro corso d’acqua più impetuoso, il Drione. Fu più volte ricostruito anche in seguito ad incendi, perché con quelle travature di legno e i tetti di paglia il fuoco si propagava facilmente. Verso il VI secolo d. C. fu abbandonato. Con l’Impero in decadenza il fondovalle era diventato insicuro.
Si è rinvenuto del vasellame da cucina, attrezzi da lavoro, pesi per il telaio, recipienti in cui veniva scremato il latte per ottenere del formaggio con un foro che richiama l’apertura dei nostri vecchi salvadanai di educazione al risparmio. E’ stata trovata una piccola macina dei grani di frumento, due sassi tondi e sovrapposti che venivano fatti scivolare uno sull’altro mediante un bastone infilato in un foro laterale. Dai resti si sono delineati i diversi spazi adibiti al fuoco, a stalla o deposito di attrezzi.
L’area misura circa 1200 mq. Cinque anni fa il Comune di Casazza l’ha acquistata comprendendo il suo valore identitario e culturale per il paese oltre che il valore storico per la regione. Il lavoro di scavo si è fermato ai primi strati. Ma dovendo scendere di profondità per la collocazione dei pilastri portanti ci si è accorti che sotto c’erano altri strati più antichi. Si vorrebbe perciò continuare l’esplorazione. L’archeologo parte con delle domande ma altre si aggiungono man mano avanzano ritrovamenti e ricostruzioni. Si scoprono collegamenti con il territorio, legami che si intrecciavano con le comunità vicine. E’ stata rinvenuta una necropoli a Lovere, una villa a Predore. Si sono estese le ricerche nella Valle e nel Sebino. Dal ritrovamento del villaggio di Casazza si è capito meglio come poteva vivere una comunità rurale su questo territorio, quali mezzi aveva a disposizione, di cosa si nutriva. Si sono aggiunte domande nuove: in quali avvenimenti la comunità si è trovata coinvolta? Quali le preoccupazioni, le paure, le tensioni, le speranze? Perché l’archeologia è una storia appassionante che non finisce mai.
L’Amministrazione comunale intende valorizzare la scoperta per dare spessore alla propria storia. E’ intervenuta la Sovrintendenza degli studi archeologici, si sono mossi studiosi e Università. E’ nata un’Associazione che si propone di portare a conoscenza la storia locale ai ragazzi nelle scuole, di creare iniziative di approfondimento, di permettere a tutti di visitare il sito.
Ho potuto visitarlo il sabato pomeriggio. Sono stato accompagnato da uno studente laureando in antropologia. Come sempre le iniziative sono prese a cuore da qualcuno, disposto a spendere energie e tempo. Se poi c’è la competenza, come in questo caso del professor Mario Suardi, direttore responsabile, il gioco è fatto. Il professore si è occupato di diverse ricerche archeologiche sul territorio, ha fatto parte della Sovrintendenza, ha all’attivo pubblicazioni di storia locale. La fortuna non è solo avere un tesoro ma anche chi lo valorizza. Mi ha parlato dell’avvio promettente dello scavo e del Museo, poco distante. Molte scuole della Provincia erano in calendario per la visita. Il covid ha bloccato tutto. Adesso si ricomincia e “la lena”, lo dice in bergamasco, “non manca”.
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