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L’Università di Bergamo avrà, nell’anno accademico 2019-2020, 24.000 iscritti. Un numero enorme rispetto agli abitanti della città, che sono circa 120.000: in pratica 1 studente ogni 5 abitanti. Siamo agli stessi livelli di Bologna, che ha circa 400.000 abitanti e 80.000 universitari. Il dato viene da un’intervista al rettore, Remo Morzenti Pellegrini, pubblicata da l’Eco di Bergamo cartaceo dello scorso 23 agosto a firma di Camilla Bianchi. Il rettore ha confrontato i numeri dell’anno scorso con le preiscrizioni di quest’anno, il cui saldo atteso (ad alcune facoltà ci si può ancora iscrivere) è di 7.500 studenti in più. L’aumento delle matricole sarà del 25%, anche se non è detto che poi potranno frequentare effettivamente. A Scienze Psicologiche, per esempio, si sono preiscritti in 1.130 al test di ammissione, ma i posti disponibili sono 300. A Scienze della Formazione Primaria i preiscritti sono 463, ma i posti disponibili 180.


Un dato fa impressione: la metà dei nuovi iscritti viene da fuori – fuori provincia, ma anche fuori regione e dall’estero. Ciò pone almeno qualche domanda alla città. Bergamo vuole essere una città universitaria? Bergamo, nel senso comune e nella storia, è una città di lavoro e di emigrazione. Come la mettiamo con la cultura? Più sopra citavo Bologna, la quale è una città che si dice «dotta» ed è consapevole di esserlo da secoli: il suo Studio, fondato nel 1088, è uno dei più antichi d’Europa. Ma è l’economia stessa della città che si è adattata intorno all’università. Ogni anno sono decine di migliaia i ragazzi che arrivano da fuori e, be’, affittano stanze, mangiano nei ristoranti, comprano nei negozi, affollano le biblioteche, cercano luoghi per divertirsi ecc. ecc. ecc. Tutto ciò passa attraverso la disponibilità di appartamenti, di ristoranti di un certo tipo (più economici che stellati, probabilmente), di negozi, di biblioteche, di locali. Nella sua intervista, il rettore Morzenti Pellegrini parla della ricerca di spazi adeguati da parte dell’università per svolgere la propria funzione. Per la città di Bergamo, il suo presente, il suo futuro – può essere una bella opportunità anche per definire se stessa.
(dalla rubrica “Presente o futuro?“)


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Guido Tedoldi

Nato nel 1965 nel milieu operaio della bassa Bergamasca. Ci sono stato fino ai 30 anni d’età, poi ho scelto di scrivere. Nel 2002 sono diventato giornalista iscritto all’Albo dei professionisti. Nel 2006 ho cominciato con i blog, che erano tra gli avamposti del futuro. Ci sono ancora. Venite.

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