Cercavo la tela di Santa Dorotea dipinta da Ponziano Loverini (nell’immagine di copertina): “Dovrebbe essere nella Chiesa” dico alla suora della portineria. “Mi prende un vuoto di memoria. Loverini? Santa Dorotea? le chiamo la suora che ne sa di più”. La chiesa dell’Istituto Palazzolo è di gusto neogotico con tanta luce che entra dalle finestre colorate: “E’ stata rifatta rispetto all’originale cappella”. Mi parla del Beato Luigi Palazzolo: “Era nato nella Parrocchia di Sant’Alessandro, in Via XX Settembre dove c’è ancora una targa memoria. Fattosi prete e assegnato all’Oratorio dell’Immacolata, che è alle nostre spalle, si interessò ai ragazzi. Non bastava il catechismo, li intratteneva con giochi e giocolerie. Pensò all’istruzione. Vedeva la povertà e lo sbandamento di tanti. Capiva l’importanza del lavoro per il loro futuro. Improvvisò dei laboratori. Dove noi ci troviamo era tutta campagna, allora via Foppa, con qualche catapecchia. Comprò terreno e fabbricati. Era di famiglia benestante e la mamma lo aiutò. Poi trovò collaboratori”. “E siete arrivate voi Suore delle Poverelle?” “C’era da pensare anche alle ragazze. Il Palazzolo si affidò a Teresa Gabrieli che veniva da un’Opera Pia dedicata a Santa Dorotea. Ecco spiegato il motivo del quadro di Loverini”.
La Santa fu martire nella persecuzione di Diocleziano. Loverini la ritrae, prima del supplizio in una ambientazione classicheggiante. Si erge in veste candida, lo sguardo al cielo, salda nella fede. Le sorelle affrante trovano sostegno in lei per una scelta che non offrirà loro scampo. La vita in certi momenti richiede azioni coraggiose come per chi vuol farsi carico degli svantaggiati.
Loverini amava raccontare secondo il gusto dell’Ottocento per la storia, come vediamo nella musica lirica. La committenza religiosa gli dava l’opportunità di attingere dalla Storia Sacra e dalle storie dei martiri e dei santi di cui si informava raccogliendo libri. Li metteva in scena e dava loro espressività.
Sono andato a vedere un altro quadro, la presa dei voti di Santa Giovanna di Chantal. Si trova nella Chiesa di S. Alessandro in Croce, a lato dell’altare maggiore. Un’istantanea che mette in risalto la sua bravura di ritrattista e la maestria nella sapiente composizione dei colori e dei vari personaggi. Lei in ginocchio commossa, il Vescovo con il prezioso piviale mentre le mette al collo la croce di consacrazione, l’elegante paggio in giubba e pantaloni verdemare che porge il cuscino bianco delle corone, il chierichetto piegato a prendere la bacinella dell’acqua santa, il servente in dalmatica rossa e dietro il gruppo bianco delle giovani coreute, a destra la composizione floreale di rose.
Loverini era nato in una famiglia di condizioni modeste, il padre sarto e la madre maestra del paese a Gandino. Lo zio sacerdote sostenne la sua passione per il disegno e lo indirizzò all’Accademia Carrara. Fece presto a distinguersi. Gli affidarono la direzione della stessa Accademia. Sotto la sua guida si formarono ottimi pittori. Voleva che i suoi allievi ricevessero la competenza di “pittore universale”, una pittura di storia e di storie, con temi ambienti e vedute diverse. Lavorò in molte chiese di Bergamo, della bergamasca e del Bresciano, in Valcamonica in particolare. Ottenne riconoscimenti da tutta Italia tanto che una sua opera è nella Pinacoteca Vaticana. Fu valido ritrattista, capace di cogliere i sentimenti semplici e intimi.
Ho scoperto Ponziano Loverini alla Mostra Presepi di Ponte S. Pietro. Hanno esposto una tela appena restaurata che rappresenta San Giuseppe che contempla teneramente il bambino. Rivoluzionario il soggetto se pensiamo al tempo. Ha più del nonno per noi, ma lo sguardo, la mano che solleva il velo, l’altra che afferra la gambetta, le manine del bimbo che si protendono verso lui e la bocca dove par fuoriescano lallazioni, trasmettono serenità, affabilità, un senso di calore umano che desideriamo e auguriamo ad ogni celebrazione del Natale.
Con il dipinto di Ponziano Loverini ho goduto della bella rassegna, che ha superato i cinquant’anni, allestita dagli Amici del presepio di Ponte San Pietro e tornata a brillare nella lunga notte del covid.
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