La struttura del Lazzaretto di Bergamo, un quadrilatero di 130×129 metri, nasce nel 1504 per volontà della Repubblica di Venezia, sotto la quale Bergamo si trovava dalla Pace di Ferrara del 1428, allo scopo di isolare e rinchiudere gli ammalati di peste. I rettori della Serenissima scelgono un luogo periferico, non solo rispetto alla città sul colle, ma anche ai borghi.
La zona è infatti al di fuori della cerchia delle Muraine, immersa in aperta campagna, attraversata dalla Roggia Serio e con due soli edificati: il Lazzaretto e il complesso conventuale dei Celestini, poi Canonici lateranensi. In un primo tempo solo una parte del Lazzaretto ospita le celle per gli appestati; il lato nord/ovest presenta locali adibiti a scuderie, rimesse per carri e depositi di foraggi. Solo con la peste del 1576 vengono costruite altre venti celle per ospitare i contagiati. Al centro del quadrilatero viene costruita una chiesa dedicata ai Santi Rocco e Sebastiano, oggi non più esistente. Tutte le celle si affacciano sul portico mediante una finestra e una porticina. La struttura tipica della cella presenta, al centro della parete, un camino, alla sua sinistra, in una nicchia, il gabinetto arieggiato mediante una piccola feritoia, e l’acquaio in pietra arenaria, accanto al quale si trova un armadio a muro.
Col finire della Seconda Guerra mondiale, il Lazzaretto, o Caserma Seriate cambia destinazione. L’aumento sproporzionato della popolazione carceraria fa sì che anche questo ambiente, una volta di cura, poi militare, diventi di detenzione.
Alcuni documenti insoliti per quel periodo, rintracciati dal Centro Studi Francesco Cleri di Sedrina, raccontano come nelle celle del Lazzaretto saranno ospitati gli ex repubblichini arrestati, si arriva a sfiorare le 800 presenze, e che grazie ai consensi del direttore ed agenti compiacenti troveranno condizioni impossibili di vita, torture quali la legatura al palo e percosse furono causa di gravi lesioni permanenti per alcuni reclusi e per altri la morte.
Ecco come il Centro Investigativo Caserma Seriate viene descritto dal Direttore Ravasio Enea Marzio.
Oggetto: rapporto informativo circa l’andamento del Centro Investigativo Caserma Seriate
Con il giorno primo maggio u.s. [1945] ho assunto la direzione del Centro Investigativo Caserma Seriate. Le condizioni del Centro, a quella data, non erano invero buone tanto che su un totale di 35 celle esistenti, soltanto 13 si sono potute usare quasi subito e cioè dopo una sommaria, ma necessarissima pulizia e lavori di adattamento (tali celle mancavano di serrature, di sbarre, di impianto elettrico, ed in alcuni casi di porte). Molte altre celle dovettero essere riattivate con impiego di opere murarie di varia natura e relativa imbiancatura a calce, con sistemazione delle porte, dell’impianto elettrico, di apertura di finestre per quelle celle che presentavano troppo scarsa aereazione, e chiusura delle finestre situate verso l’esterno. Inoltre molti altri locali sono stati riattivati, organizzando gli Uffici relativi alla Direzione, alla cassa, alla matricola detenuti, al Giudice Istruttore e, per quanto strettamente possibile, una sala per la visita medica. Per molti altri indispensabili servizi vari sono state adibite delle celle, diminuendo così, forzatamente, il numero delle stesse disponibili per detenuti. Tali servizi sono: INFERMERIA – composta di tre stanze di cui una adibita ad isolamento, magazzino viveri per guardie, magazzino viveri per detenuti, magazzino armi, magazzino oggetti di casermaggio, barbiere, calzolaio, sarto, falegname, elettricista, meccanico, muratore, armiere. Sono state impiantate due cucine da campo, con complessivi otto forni rudimentali. Relativamente agli impianti igienici sono state riattivate, con speciali condutture, tre vasche a numerosi zampilli; i gabinetti di decenza sono stati ripuliti e sistemati con adattamento di speciali, ma non ancora sufficienti, condutture d’acqua; un gabinetto è stato fatto completamente nuovo adibendo a tale uso una cella. Inoltre sono stati impiantati, in diversi punti del campo, tre zampilli a rubinetto. Per la sicurezza del Centro e per dare modo ai fermati di far loro prendere aria, durante le ore stabilite, sono stati destinati due grandi appositi spiazzi che sono stati fatti recintare da reticolato. Per organizzare il ricevimento dei pacchi destinati ai fermati, attualmente presso questo Centro, dato che la strada di acesso si pesentava scomoda, è stato impiantato un doppio apposito passatoio a ringhiera raggiungendo così il dupplice scopo di sgombero della strada e dell’ordine nelle consegne e ritiro dei pacchi stessi. Nel piazzale della caserma esistevano altresì vari cumuli di legna tagliata e destinata ad uso a gassogeno, nonché molto altro materiale vario quale bidoni per carburante, carbone in sacchi e sciolto, legname, totoli di fili spinato, ferramenta, utensili ed altro materiale vario il tutto alla rinfusa. Tutto questo materiale è stato raccolto, riordinato, accantonato ed inventariato avvalendosi dell’opera spontanea di trattenuti. Attualmente i trattenuti adibiti in permanenza agli uffici sono 17 e quelli adibiti ai servizi vari sono 49. Giornalmente vengono impiegati per altri servizi di sgombro, sistemazione materiale e lavori vari circa 100/130 trattenuti suddivisi ed organizzati in squadre di 15 elementi. Si è potuto far fronte alle spese relative ai lavori accennati avvalendosi di una parte del fondo speciale di lire 300.000.00, assegnato a questa Caserma del Comando Piazza di Bergamo e su tale fondo sono altrsì pagati stipendi ed assegni varii alle guardie. Questa Direzione nell’intento di dare una più completa razionale sistemazione ai diversi servizi del Centro ha predisposto un particolare piano organizzativo. Fra le attuazioni più orgenti da realizzare vi è la sistemazione e l’adattamento di un gran capannone esistente nel piazzale del Centro, composto da un corpo centrale di m 25,60 x 10,20 e di due corpi laterali, ad esso uniti di m 29,40×5,10 ciascuno. In tale capannone dovrebbero trovar posto i vari servizi attualmente alloggiati nelle diverse celle, e ciò al fine di rendere liberi tali locali e di riadibirli al loro uso originario. Particolarmente nel capannone troverebbero posto: la cucina per le guardie e quella per i detenuti, la mensa ufficiali, la mensa per le guardie, il magazzino viveri, l’ufficio magazzino, l’autorimessa, il deposito carburante, i locali per i falegnami, i calzolai, il sarto, il parucchiere, i dormitori per le guardie, i dormitori dei detenuti addetti agli uffici ed i servizi vari. Per iniziare i lavori di sistemazione di tale capannone occorrerebbe, però, che l’Autorità competente provedesse allo sblocco ed alla assegnazione del materiale occorrente (legname, cemento, ferramenta, ecc.) nella qualità e quantità indicate nell’allegato preventivo della ditta Marino Marinoni di Bergamo. Relativamente ai servizi igienici e sanitari, questa Direzione ha già da tempo inoltrato regolare richiesta alla Direzione degli Acquedotti Civici di Bergamo per l’assegnazione di una fornitura di litri 15.000 giornalieri di acqua. La Direzione degli Acquedotti Civici, ha fatto conoscere che per tale impianto necessitano di metri 120 di tubo speciale “mannesmann” jutato. Tale tubo potrebbe essere fornito dalla Società An. Dalmine, sempre dietro autorizzazione dell’Autorità competente. Per la sistemazione degli uffici, è stata inoltrata all’ex ministero della produzione industriale, una richiesta di mobili, macchine da scrivere, ciclostyle e cancelleria varia. Tale richiesta è stata avallata e autorizzata dall’ex Comando Piazza del C.L.N. nonché dall’Autorità Alleata (tale richiesta si trova attualmente in possesso del Capitano Nyman, della Polizia Inglese). L’odierna situazione degli uffici è quanto mai incompleta, insufficiente ed anche indecorosa. Per gli automezzi a disposizione occorre un’assegnazione di carburante (superiore all’attuale che è di litri 300) come pure occorrerebbe anche una bicicletta per i porta-ordini. Le cucine dovranno trasformarsi in cucine da campo in cucine stabili con attrezzatura sufficiente per 1200 persone. Anche i servizi vari (falegname, sarto, barbiere, calzolaio, ecc.) che ora hanno un’attrezzatura di fortuna e precaria, dovrebbero essere invece sistemati definitivamente con attrezzatura stabile e sufficiente. Per i dormitori per le guardie si dovrebbe provvedere con apposita decente sistemazione fissa. Questa Direzione, desidererebbe conoscere quale speciale trattamento alimentare potrebbe essere fatto agli addetti ai vari servizi, nonché la possibilità di fornire le guardie di una apposita divisa. Il personale addetto alla guardia, attualmente in servizio, è di 53 persone. Tale numero potrebbe essere elevato a 60 unità nella eventualità che i CC.RR. attualmente in servizio vengano trasferiti altrove. I dirigenti del Campo, confidano, inoltre, di poter ottenere l’iscrizione per loro, ed eventualmente anche per tutto il personale di guardia, ed una qualsiasi organizzazione alleata o comunque militare in quanto il trattamento economico riservato ai dipendenti civile dello Stato, è quanto mai insufficiente anche per i più elementari bisogni famigliari.
A distanza di un mese, l’11 giugno 1945 dal complesso del Centro Investigativo Seriate evadeva un detenuto, tale Algeri. Nel Rapporto informativo del Direttore Ravasio Enea Marzio sulla evasione del detenuto Algeri Paolo, leggiamo:
Ieri 10 corrente mese, alle ore 7,15 mentre si celebrava la Messa il fermato Algeri Paolo evadeva dal campo attraverso un sottotetto di un magazzino nel quale si era introdotto col pretesto abusivo di dovervi eseguire un lavoro particolare per ordine del Direttore. Riconosciuto e immediatamente ritradotto al Centro dalla Guardia Madaschi Pietro, che ebbe la fortuita occasione di incontrarlo subito nei pressi della chiesa di Valtesse (Bergamo), fu da me punito con gli stessi provvedimenti richiesti dai suoi compagni di detenzione e precisamente con legatura al palo, per circa 20 minuti. In coscienza e per onor del vero, dichiaro di averlo percosso. Assumendomi la piena responsabilità del caso, dichiaro che tutto ciò corrisponde al vero. Rendo, inoltre, noto che il mio agire, oltre a che non provocare tumulti fra gli altri detenuti, ha anzi incontrato la piena approvazione, in più ho dovuto isolarlo perché essi stessi lo avrebbero punito inquantoché il trattamento morale e materiale dei fermati è del più ottimo. Aggiungo anche, assumendomene la piena responsabilità, di avere agito come sopra esclusivamente per dare un esempio salutare. Resto, pertanto, in attesa delle disposizioni di cotesto Comando intenderà impartirmi in merito.
Lo stesso Direttore s’impegnerà ad allegate al proprio scritto la dichiarazione “spontanea” di alcuni internati: ” I sottoscritti fermati attualmente presenti al Centro Investigativo Caserma Seriate spontaneamente dichiarano che quanto è avvenuto in merito alla punizione impartita al fermato Algeri Paolo, per ciò che riguarda il comportamento dei detenuti, in merito alla evasione del suddetto corrisponde al vero. Firmano: Maculan Giorgio, Santoro Domenico, Ferrari Ugo, Maida Giovanni, Morali Enrico, Scarpellini Gino (capo cella).“
Il Prefetto Avv. Ezio Zambianchi in una lettera “Riservata” del 28 giugno 1945 sulla evasione del detenuto Algeri Paolo così risponde al Direttore del Centro Investigativo della caserma Seriate Bergamo:
Nel prendere atto di quanto riferito con rapporto N°191 C in data 11 corrente debbo deplorare vivamente il fatto che il fermato Paolo Algeri sia stato percosso. Nel ribadire il principio che i detenuti non devono per nessun motivo essere percossi ma solo assoggettati alle sanzioni disciplinari previste dal regolamento carcerario, la prego di voler evitare per l’avvenire incidenti del genere, assisurando.
Ma nessun provvedimento venne preso a carico del Direttore. L’11 luglio 1945 giunge sulla scrivania del Prefetto di Bergamo dal Comitato Liberazione Nazionale di Bergamo questa relazione:
Da molte parti e con insistenza sempre crescente, ci giungono segnalazioni circa l’edificante stato di connivenza fra agenti di custodia e fascisti internati nella Caserma di Seriate. E’ di dominio pubblico che gli agenti di custodia si prestano, dietro compenso, a recapitare ai carcerati lettere, documenti, viveri proibiti, e qualunque altra cosa possa interessare gli elementi internati, compresi colloqui vietati dalle norme d’uso, consentendo qualunque infrazione al regolamento riguardante individui in attesa di giudizio. A parte ogni considerazione circa la profonda diversità di trattamento usato in ogni tempo fascista verso gli antifascisti carcerati, che erano immuni di colpe, lo stato di cose lamentato irrita enormemente la popolazione intera, e determina nelle masse lavoratrici uno stato d’animo che non è difficile prevedere possa sfociare un giorno in gesti collettivi di repressione. Riteniamo doveroso invocare dal Signor Prefetto una rapida inchiesta, con le opportune cautele, onde appurare i gravi inconvenienti lamentati. Qualunque gesto che non rientri strettamente nel campo legale è da noi sinceramente ripudiato; ma appunto per amore dell’ordine legale, ci facciamo interpreti dello stato d’animo effettivamente esistente e che è penetrato profondamente nella grande maggioranza della popolazione; un provvidimento radicale preso a tempo opportuno può scongiurare incidenti deprecabili, ma ai quali è lecito accordare l’attenuante della provocazione grave. Questa Camera del Lavoro, a nome dei lavoratori rappresentati in Bergamo e Provincia, rimane in fiduciosa attesa dell’esito dell’inchiesta. Gradisca, Signor Prefetto, i sensi del nostro massimo rispetto.
Il 4 agosto 1945 giunge all’Ecc. Prefetto, e per conoscenza al Col. Flechter e al Procuratore del Re il seguente rapporto sulla inverosimile situazione funzionamento della direzione del centro investigativo – Caserma Seriate.
I sottoscritti che prestano tutt’ora servizio o lo prestavano in questo periodo presso il Centro Investigativo Caserma Seriate di Bergamo, ove sono associati per la maggior parte i prevenuti politici, si sentono in dovere, anche a scanso per discriminazioni della rispettiva responsabilità, di segnalare per gli interventi e gli accertamenti di competenza, l’inverosimile situazione che si è venuta creando e le gravi deficienze che si sono venute rilevando in questo periodo in seno alla Direzione del Centro Investigativo in oggetto, situazione e funzionamento che formano oggetto del presente rapporto, sul quale gli scriventi si permettono di richiamare la viva attenzione dei competenti Organi, mentre dichiarano fin d’ora di assumere la responsabilità conseguenti alle precisazioni e rilievi che nel presente sono contenuti. Va subito rilevato che, malgrado potesse apparire in contrario, al fondo ed alla base di ogni attività e provvedimento o nella pratica attuazione di essi da parte dell’attuale Direttore del Centro Ravasio Enea Marzio e i suoi più immediati collaboratori, stanno soprattutto una chiara incapacità , non poche volte l’arbitrio e l’incoscienza, una carenza di serietà e di giustizia, talché vien fatto a chiunque di domandarsi se sia opportuno e conveniente a tutti i fini, ed in particolare a quelli specifici che l’istituzione e il funzionamento del Centro Investigativo si propongono, di conservare all’incarico importante e delicato Persone che, per la loro stessa troppo giovane età, per la denunciata e assoluta inesperienza, per la concreta mancanza di preparazione tecnica e professionale in ordine ai servizi cui sono preposti, oltre che carenza di elementare buon senso, si sono rilevati in questi primi tre mesi di funzionamento del campo assolutamente inadatti ai compiti, certo più grandi e più complessi di certe persone, tanto da giustificare la classica domanda cui prodest? Ciò premesso, in linea generale, ed anche allo scopo di ridurre il presente rapporto alla linea schematica che ragioni di brevità impongono, gli scriventi espongono quanto segue:
*** Premesso che il 25 aprile la caserma Seriate veniva occupata da Rossi Angelo con una squadra della Brigata Vittorio Veneto e che il 27 aprile stesso veniva colà ricevuto il primo gruppo di prevenuti politici e che lo stesso Rossi Angelo sottoscritto, tenne il Comando del Campo fino all’arrivo del Ravasio Enea Marzio (classe 1922) promosso poi subito al grado dal partito d’Azione di Comandante del campo e; quindi, direttore del Centro Investigativo nonché del signor Pino Aldrighi (classe 1924) Mantovano, nominato tenente e vice direttore essendo lo stesso Aldrighi il fidanzato della sorella di Marzio; all’epoca dell’inizio delle attività dei due predetti la linea di condotta da essi adottata sia nel riguardo dei subalterni e dipendenti, sia nei riguardi dei fermati o detenuti del Campo si è mantenuta pressoché costantemente in aperta antitesi con tutte le norme del regolamento carcerario. A tale proposito, in concreto, si fa presente che più volte i patrioti Rossi Angelo e Rossi Giacomo ebbero a far presente tale stridente contrasto (che nacque e si sviluppò precisamente quando fu iniziata l’attuazione dell’organico carcerario della Caserma Seriate con la conseguente corsa al cadreghino dei tre Marzio, Aldrighi, Della Vite ed il risultato fu che Marzio e i suoi accoliti, iniziarono una violenta e sorda azione contro i sottoscrittori allo scopo di obbligarli ad andarsene, tanto più che, se, specie nei confronti del Rossi Giacomo, la cosa si è trascinata in lungo, ciò è dovuto esclusivamente al fatto dichiarato dal Marzio che egli intendeva conservare il posto di Economo al proprio padre di ritorno dalla prigionia nel Sua Africa (Kenya).
*** A cominciare dai sistemi adottati dal Marzio di rimproverare in presenza di inferiori, non solo, ma degli stessi fermati (e molte volte a torto) i propri subalterni, come nel caso specifico capitato al Rossi Giacomo ecc. onde disminuire ed infirmare il prestigio; il che si è ripetuto più volte e che è stata la causa prima della questione già sorta fra il Direttore Marzio e il patriota Rossi Giacomo, vanno rilevati i maltrattamenti e le sevizie che sempre si prestavano alle crudeli azioni, Gargantini, Madaschi, autista Colombo e Bogoli appoggiati sempre dal Direttore e dal Vice direttore Aldrighi. Basterà citare i seguenti sopravvenuti ai primi di maggio ad oggi, dei brutali maltrattamenti fatti nel porticato prima esistente sul fondo del campo e già adibito a legnaia, contro i fermati Polini, Ravasio, D’Amico e Lussana, ridotti in pietose condizioni tantoché alcuni in particolare il D’Amico e Poloni dovettero essere trasportati all’ospedale; il primo con una mascella fratturata ed il secondo in pietosissime condizioni; il ferimento con arma da fuoco fatto direttamente dal Direttore Marzio nei confronti del fermato Zanetti Santo il giorno 31 maggio Corpus Domini che sparò alcuni colpi di rivoltella contro un gruppo di fermati che si trovavano alla fontana per lavarsi dopo il lavoro e che pure dovette essere trasferito all’ospedale per la ferita riportata; la brutale fustigazione a sangue e quindi l’esposizione al palo a dorso nudo sotto il sole ardente, avvenuta il primo di giugno nei confronti dei due fermati Perola e Algeri, l’ultimo dei quali, per le lesioni interne riportate (malgrado il tentativo di farlo trasferire al campo di concentramento della Grumellina) doveva essere ricoverato in ospedale ove soccombeva fra sofferenze atroci; sevizie e conseguenze letali queste che non possono trovare giustificazione nel fatto che i due predetti avevano tentato l’evasione dalla Caserma Seriate.
*** Ne devonsi dimenticare i sistemi dell’interrogatorio che venivano effettuati sia nell’Ufficio del Direttore Marzio sia in alcune celle segnatamente alla nove, dove gli stessi metodi brutali sono stati eretti a sistema specie durante le ore di notte, nei confronti di molti fermati, ai quali si voleva con la violenza più brutale imporre confessioni o precisazioni (incarico che fu poi dato in modo permanente al giovanissimo Bagoli, elemento considerato da tutti pressoché incosciente) oppure imporre un castigo per i più futili motivi come nel caso del prevenuto Silvani Domenico, Facetti Angelo; Appiani ecc. Un segno particolare della mentalità predominante del direttore Marzio e sui suoi accoliti è dato anche dal contegno tenuto da lui nei confronti di alcuni fermati, che per le loro condizioni e funzioni erano perlomeno degni di qualche riguardo: il professore Ettore Colombo fu punito due volte con cella di rigore con i seguenti motivi: una volta per aver osato scrivere sulla distinta dei generi di conforto transitanti con autorizzazione attraverso la porta, gli auguri alla propria vecchia mamma per il giorno del suo compleanno, e l’altra volta per aver baciato il proprio bambino allo sportello del ritiro pacchi, approfittando di momentanea distrazione della guardia; il Capitano Medico Dottor Benvenuto, incaricato di collaborare per il servizio d’infermeria, fu punito con cella di rigore perché il 27 luglio gli ammalati chiedenti visita che si trovavano nel corridoio antistante la sala visita medica (che sono condotti e sorvegliati sempre da una guardia del servizio guardia) non erano perfettamente allineati in attesa del turno di visita, mentre il dottor Benvenuto trovavasi nell’interno della sala visita medica intento al servizio medicazione e con la porta d’ accesso chiusa e quindi non poteva vedere fuori. Il Marzio, ritenne troppo numeroso i chiedenti visita (vi sono quelli di cura, per medicazioni e ferite, punture endovenose e intramuscolari ogni mattina) e rimandò nelle celle la seconda fila di essi (circa la metà). A ciò aggiungasi che gli ammalati riconosciuti dallo stesso dirigente il Servizio Sanitario del Centro Investigazione (dottor Civetta prima e dottor Pigolini poi) abbisognevoli di aria, perché in condizioni sanitarie molto precarie per postumi di gravi malattie e dei quali lo stesso sanitario aveva fatto rilasciare autorizzazione scritta di rimanere nell’apposito recinto due ore al mattino e due ore al pomeriggio, furono dallo stesso direttore Marzio revocati tutti i permessi sia temporanei che permanenti, obbligando gli interessati a rimanere nelle celle, con l’unica ora del mattino (dalle 7 alle 8) sulle ventiquattro che vige per tutti i fermati al Centro e che, dato il gran numero è palesemente insufficiente per consentire a tutti i fermati di lavarsi e recarsi al gabinetto di decenza.
*** Merita pure particolare attenzione la questione degli spari notturni, che in questi ultimi tempi, ha assunto carattere di particolare gravità tanto che la notte fra il 18 e il 19 luglio, essi hanno non solo messo in subbuglio la cittadinanza per un larghissimo raggio, ma hanno perfino dato corpo ad una sequela di lamentele, rimaste per altro sinora inascoltate. Contrariamente a quanto è apparso sul numero del 19 luglio del giornale locale L’Eco di Bergamo che riferiva ad un ammutinamento fra i fermati mai avvenuto e dell’evasione avvenuta di una ventina di detenuti, che invece non è mai avvenuta, si fa presente che la sparatoria riscontrata fra il 18 e il 19 corr. È stata né più né meno come anche in precedenza, una vera farsa inscenata dal Signor Direttore Marzio e dai suoi accoliti; non si riesce a capire con quale scopo perché pericoli e minacce contro il campo, pro e contro i detenuti, mai e poi mai si ebbero a verificare, il che pertanto non giustifica in modo alcuno, i sistemi cosiddetti intimidatori adottati. Tale questione ha originato la mattina del 19 corrente un sopraluogo delle stesse Autorità, Prefetto e avv. Zambianchi, Questore e vice Questore al Campo, che hanno potuto rendersi conto (sarebbe stato opportuno che le indagini venissero estese un po’ di più perché fosse conosciuta la verità) come assolutamente nulla era accaduto che potesse giustificare tanto spreco di armi e di munizioni e tanti lanci di bombe a mano contro ombre immaginarie, il tutto più frutto di paura che ogni altra cosa. E poiché alla caserma Seriate è invalso l’uso di continui spari e raffiche di mitra, fucili mitragliatori, e mitragliatrice, prove di tiro di pistole e di moschetto, a volte a terra, ma spesso in alto, va fatto presente che non è la prima volta che elementi abitanti nella zona alta di Valtesse, immediatamente a nord del Campo si lamentano di pallottole sconfinanti capitanti nei pressi delle case, nei cortili e nei campi, finora per vera fortuna senza gravi conseguenze. Basti accennare che anche il giorno 20 luglio la guardia Locatelli Guido si precipitò a fare alzare i tiri perché le pallottole andavano a cadere fra l’abitato di Valtesse collinare. Non deve tacersi ciò, secondo la mentalità dominante presso la Direzione del Centro Investigativo, è stata la conseguenza delle sparatorie notturne e serali; infatti dal 20 luglio non solo sono stati sospesi i colloqui con i famigliari dei prevenuti, non solo sono stati sospesi i ricevimenti e le consegne dei pacchi biancheria e alimentari per gli stessi, con l’evidente scopo di dar peso e corpo a questa sparatoria inscenate con discutibile gusto, si son dati altresì altri giri di vite al regime disciplinare del Campo a cominciare dalla revoca di tutte le autorizzazioni permessi e temporanee rilasciate dallo stesso direttore su consiglio e previa visita sanitaria, per le due ore di aria libera mattino e pomeriggio agli ammalati e convalescenti di cui già si è fatto cenno al N°3 della presente (foglio 3); per finire al rinvio del rancio alle ore 14 per eseguire l’appello o conta nominativa e numerica fatta in più riprese e sotto il sole cocente (pratica che richiede quasi due ore) all’invio alle celle di rigore per stupide inezie, al divieto fatto alle celle di attuare perfino il minimo indispensabile di lotta contro le mosche.
*** Ciò senza contare i particolari favori largiti del Marzio al prevenuto Brandolini Aristide, l’eterno ricoverato in infermeria che fu persino incaricato dal Direttore Marzio di fare azione di propaganda presso le celle al fine di raccogliere firme di adesione contro i Rossi; dando alla moglie Brandolini la sua parola d’onore che il marito sarebbe stato scarcerato entro otto giorni. È risaputo che tutti i detenuti si rifiutarono a firmare un tentativo quanto mai lercio.
*** A questo punto è necessario invece che siano attuati i necessari accertamenti e le più accurate indagini per stabilire la natura, l’entità e la portata, con le conseguenze che ne saranno per derivare, non solo del comportamento di particolare favore da parte del Direttore Marzio nei confronti dei suoi fidi Madaschi, Gargantini, autista Colombo e Della Vite e prossimo futuro cognato Pino Aldrighi, quest’ultimo assunto come addetto all’ufficio matricole (che è stato impiantato e tenuto esclusivamente con elementi fermati) e finito poi attualmente alla carica di Vice Direttore, violento e prepotente quanto mai, altresì ai fini dell’accertamento delle metodiche cessioni e sparizioni di materiale della Caserma Seriate, mentre stando a quanto qua e là è dato rilevare o trapela non meno lievi deficienze sembra risultino anche al servizio amministrativo e gestione fondi, argomento questo sul quale solo un’accurata indagine potrà far luce, sempre che però – e questo è l’essenziale – l’inchiesta sia condotta in modo tale da consentire ai veri interessati, (fermati e personale di servizio) di poter parlare senza tema di rappresaglia da parte del direttore o chi per esso. Naturalmente poiché il terrore instaurato predomina e la tema delle rappresaglie è giustificata, nessuno parla, ma tosto che sia possibile eliminare tale pericolo moltissimo interessante materiale potrà essere raccolto in sede d’inchiesta.
*** Sarà interessante, ad esempio, sapere oltre al fatto che i due Gargantini e Madaschi non hanno mai svolto regolarmente una sola volta il loro servizio in qualità di guardie, come pure il Colombo in qualità di autista, ed in special modo in questi ultimi giorni, (a meno che i primi due siano le guardie del corpo di Marzio ed il terzo addetto all’acquisto e agli scambi, per procurare benzina onde dar modo ai componenti della direzione di fare le loro scorribande con la macchina) come mai essi Gargantini e Madaschi ebbero ad asportare dalla Caserma Seriate , in diverse riprese tre casse di chiodi per ferrare cavalli, diversi finimenti per quadrupedi, una balla – di seta – bozzoli pressati dal peso di più di un quintale, un barroccio completo, con la detta balla di seta e come mai il signor Marzio, reso edotto sin dalla prima asportazione dei chiodi e della seconda dei finimenti, credette opportuno dichiarare che i chiodi furono asportati per ordine suo mentre per tutto il resto il Direttore Marzio non se ne dà per inteso. Così come sarà interessante sapere il perché in compenso dell’interessamento spiegato dal Madaschi per procurare 5 o 6 balle di paglia per far fronte alle esigenze del carcere, lo stesso Madaschi riuscì ad accordarsi con Marzio di prelevare in cambio una balla di canapa del peso di circa due quintali e, quindi, di notevolissimo valore, cambio che poté essere sventato solo per il tempestivo intervento del Rossi Giacomo, che non mancò di far rilevare l’enorme sproporzione; mentre il Madaschi a seguito dell’assai lucroso affare così andato a monte non mancò di dimostrare apertamente in unione all’amico Gargantini la sua ostilità al patriota Rossi dichiarando che non si lasciavano vivere. Così ancora dicasi per il carro con diciotto rotoli di filo spinato che venne fatto uscire dal campo il 12 luglio, carro che proveniva dalla fonderia Rumi di Bergamo; come dichiarò il conducente a richiesta del Rossi e per il quale, dal buon lasciato in portineria, risultava che in cambio sarebbe stato dato del vino per gli uomini delle guardie, vino che però non si è mai visto. Infine, sarà interessante conoscere la storia dei notevoli quantitativi di legna pezzatura a gassogeno, (al campo ce n’erano 20 mila quintali) che sono usciti dal campo con un pretesto o l’altro, in aggiunta ai quantitativi autorizzati comprese le assegnazioni effettuate a favore del personale di servizio guardie che erano di quintali 5 a testa, come nel caso del camino a legna a favore della guardia Previtali Davide (di circa quintali 22-23), od all’abitazione dell’Aldrighi Pino Direttore Marzio e Della Vite ed altre guardie, mentre per esempio ai Rossi venne assegnato un solo carro in due. Come pure sarà interessante sapere la storia del camion partito alle tre della notte del 19-19 luglio (subito dopo la famosa sparatoria, con a bordo Aldrighi e Della Vite, carico di quintali 30 di calce idrata donata dalla Italcementi; quintali 11 circa di legna, gazzogeno; 4 sacchetti di carta contenenti carbone dolce diretti nel mantovano con lo scopo di effettuare cambio merci in viveri per il personale della guardia, mentre detto rientrò domenica sera 22 corr. completamente vuoto.
*** Dovrebbero essere altresì effettuate indagini sul perché furono vendute 6 scatole di kg 10 cadauna di conserva su quantitativo di assegnazione del mese di luglio; sul perché, ancora, i fermati che hanno fatto il sarto o il calzolaio in tutto questo periodo sono stati seriamente ed attivamente occupati per la maggior parte specie il sarto a confezioni nuove civili, poche essendo le riparazioni, mentre gli abiti sportivi, giacche estive, confezioni tutte per la cricca Marzio e famiglie con esclusione di qualsiasi riparazione o confezione per il personale di guardia e subalterno, con l’elargizione di particolari favori agli esecutori fermati, come il caso del calzolaio D’Urso che, impegnato alla confezione di un paio di scarpe al Vice Direttore, Aldrighi, malgrado l’ordine superiore di trasferimento alle Carceri di Sant’Agata, venne trattenuto al Campo fino al termine del lavoro dell’Aldrighi; e si potrebbe continuare, ma ripetesi, basterà che agli interessati sia dato modo di parlare senza tema di rappresaglie.
*** Altra questione degna di rilievo sulla quale è bene che l’inchiesta sia svolta, è l’avvenuta cessione a privati di 5 muli di pertinenza della Caserma Seriate, pare dietro compenso giornaliero di lire 100 – cadauno – a pro di chi non si sa; ma quello che ancora preme di mettere in rilievo ai fini delle indagini che verranno effettuate è la questione del ritiro fondi dei detenuti delle celle; ammesso anche che essi abbiano contravvenuto ad una forma disciplinare tenendo presso di sé denaro, non si comprende perché questo denaro, (non poche volte le somme trovate sono state di discrete entità) debba essere stato confiscato dal direttore, sarebbe anche interessante conoscere a vantaggio di chi fu effettuata tale confisca, mentre poteva essere ordinato il deposito sui fogli di conto personale di ogni fermato. Così dicasi per le mance elargite ai parrucchieri che prestavano servizio gravoso. Questo fatto in unione al sistema di addebito delle cartoline settimanalmente distribuite dai Centri Investigazione per il servizio corrispondenza, da quando questo fu organizzato, sono state addebitate sul conto personale anche a tutti i fermati che tali cartoline non hanno mai usato, lascia adito ai più seri dubbi circa la regolarità dell’amministrazione e della cassa, ma come ancora si ripete tali questioni di natura delicata potranno trovare chiara dimostrazione solo quando l’indagine venga estesa tra il personale ei fermati stessi incaricati dei servizi, solo quando sia loro evitato il pericolo di rappresaglia; altre parole messi cioè in condizioni di poter liberamente parlare.
*** A tutto quanto sopra aggiungesi che fra gli scriventi anche Rossi Giacomo ed Angelo per la seconda volta, in conseguenza dell’impossibile linea di condotta tenuta dal Direttore Marzio nei loro confronti, si sono visti nella necessità assoluta di abbandonare il servizio e l’incarico, ciò, principalmente perché la loro permanenza non potesse sembrare una tacita approvazione e soprattutto perché il Direttore Marzio era venuto meno a quella promessa di lealtà di condotta, sulla quale i Rossi avevano unicamente basato il loro ritorno al servizio dopo il primo urto e allontanamento.
*** Ai fini del presente rapporto non sarà fuor di proposito accennare altresì alla falsa posizione del pomposo Vice Direttore del Centro Investigazione signor Pino Aldrighi (della classe 1924) che, da informazioni attendibili (il fermato Bendotti Arrigo di Schilpario può essere sempre interpellato a riguardo) risulta essere stato nel marzo ed aprile 1944 Cap. Maggiore all. Ufficiale della Milizia Confinaria di Tirano, Legione Sondrio, venendo poi espulso, ragione per cui solamente lo stesso passò coi partigiani prima in provincia di Sondrio e trasferitosi poi nel Bergamasco. In tale posizione risulta altresì che l’Aldrighi come appartenente alla Milizia confinaria partecipò anche a scontri con patrioti e risulta altresì che il suo comportamento in montagna non fu certo dei più esemplari. Il Partigiano Pino era imputato di furto a danno della Brigata G. Camozzi di due mucche, il tribunale regolare costituito da ufficiali e partigiani condannò alla fucilazione al petto l’imputato. Venne poi graziato per intercessione dei suoi stessi compagni presso i componenti il tribunale; di ciò non possono sempre far fede i patrioti Percassi Luigi, Savoldelli Pietro, Pilisetti Alberto. Dopo quindici giorni di tale fatto l’Aldrighi disertava e di lui non si ebbero più notizie, fino a quando risultò che si era presentato alla S.S. Germanica per essere ingaggiato al lavoro e vene imposta la sua assunzione presso il signor Spalla Luigi di Bergamo che ha un’industria per la costruzione di apparecchi termici e che sul comportamento dell’Adrighi medesimo può farne testimonianza. L’Aldrighi licenziato dal signor Spalla per malfatte coglieva l’occasione quale patriota in servizio alla Caserma Seriate per denunciare il signor Spalla con false accuse. Quest’ultimo venne fermato e trattenuto per una ventina di giorni. Il Direttore Marzio che di tutto ciò era edotto poiché si trattava di tener alto il prestigio e difendere il presuntuoso, che vedi caso, si trovava ad essere fidanzato con la sorella di Marzio stesso, lo difese a spada tratta fino ad ottenere la sua nomina al posto di Vice Direttore, con le conseguenze che tutti al Campo Seriate possono dimostrare. Che dire poi dell’acquisto armi, degli ordini impartiti a suo tempo al sergente Crippa Giuseppe, di sparare contro i Rossi che transitavano in macchina, nelle adiacenze del campo dopo il loro primo volontario allontanamento (l’ordine non fu eseguito perché fortunatamente il Crippa, era sprovvisto di numizioni) del camion prestato ai pompieri con carico di legna che andò a finire dall’Aldrighi nel Mantovano? ecc. Prima di chiudere il presente rapporto facendo riferimento anche al signor Mario Invernicci scriveva agli interessati in data 7 luglio corrente, i Rossi tendono a dichiarare che nessun motivo personale e nessuna ragione di animosità ha potuto ispirare e decidere la stesura e presentazione del rapporto medesimo, poiché con tutta la più grande buona volontà, nelle attuali contingenze è nell’interesse superiore della causa per la quale i sottoscritti hanno onestamente sempre combattuto, tali ragioni personali e motivi di animosità sono state superate e lasciate in disparte, mentre il senso della serietà e della giustizia, oltreché il sentimento del dovere e la discriminazione leale delle singole responsabilità ha presieduto alla stesura medesima, mantenendo la questione sul terreno della più stretta obbiettività ad evitare errate illazioni ed interpretazioni. E non sarà fuori proposito il ripetere a questo riguardo e da questo punto che i sottoscritti si tengono a piena disposizione, per fornire delucidazioni e ragguagli che fossero ritenuti opportuni, mentre ancora una volta dichiarano di assumersi responsabilità piena nell’azione che sono stati costretti a muovere per lo stesso senso del dovere. Di che gli scriventi, fiduciosi che quanto forma oggetto del presente rapporto sarà ragione di viva attenzione ed accurata indagine di chi di ragione e degli organi competenti e che, di conseguenza, nell’interesse superiore della giustizia e della causa, cessino gli abusi, gli arbitri a danno di tutti fin qui, perpetrati alla Caserma o Centro Investigativo Caserma Seriate, si tengono a disposizione e porgono ringraziamenti ed ossequi.
Bergamo il 26 luglio 1945
Giacomo Rossi di Bergamo via Astino 22
Angelo Rossi di Bergamo via Astino 22
Bresciani Giovanni di Redona
Crippa Giuseppe di Redona
Il Tenente Colonnello Comandante Pietro Cottafari scrive:
Questo Comando ha praticato riservati accertamenti in ordine al contenuto dell’esposto sottoscritto da Rossi Giacomo, Rossi Angelo, Bresciani Giovanni e Crippa Giuseppe. I firmatari dell’esposto, interrogati, lo hanno concordemente confermato in ogni parte. Il Bresciani Giovanni aggiunge che il 26 luglio u.s. si vide capitare in casa, senza chiedere neppure il permesso, il Ravasio Enea il quale gli domandava il tesserino di Patriota. Il Bresciani glielo mostrava ed il Ravasio glielo toglieva di mano strappandoglielo. È stato sentito Zanetti Santo, fu Guido, di anni 17, già ristretto alla Caserma Seriate, il quale ha confermato ogni dichiarazione scritta di essere stato ferito ad un gomito da un colpo di rivoltella sparatogli dal Ravasio, nelle circostanze indicate nell’esposto stesso. L’ingegnere Santarelli Antonio già detenuto alla Seriate ed ora ricoverato all’ospedale maggiore di Bergamo, dichiara che il dottor Pigorini, per volontà del Ravasio, non lo fece ricoverare all’ospedale benché ammalato grave sino a quando giunse addirittura in fin di vita. Afferma pure di essere stato presente alla fustigazione del detenuto Algeri fatta dalle guardie Gargantini e Madaschi in presenza e dietro ordine del Ravasio e dell’Aldrighi Pino. Dopo pochi giorni, in conseguenza delle sevizie subite l’Algeri decedeva. Il Santarelli aggiunge che in occasione dell’interrogatorio di un certo Moioli, questo venne, dai summenzionati, seviziato con l’applicazione di una fune attorno alla testa che gli veniva stretta sino alla perdita dei sensi e successivamente veniva colpito con un pugno al mento che gli provocava una larga ferita lacero contusa. Infine ammette d’aver visto un certo Remuzzi a battere il detenuto poloni col manico di una baionetta. L’ingegnere precisa di riferire per ora solo i fatti che possono essere a conoscenza anche di terze persone, astenendosi dal deporre su fatti e circostanze che possono esporlo a rappresaglie di cui teme sempre la ossibilità, per cui si astiene dal sottoscrivere. Il detenuto Alvino Ermanno attualmente pure ricoverato all’ospedale, ha rilasciato una dichiarazione, non sottoscritta, nella quale accenna a fatti inumani verificatisi alla Seriate e che trovano pieno riscontro nel contenuto dell’esposto in argomento. Conferma il fatto delle sevizie fatte al detenuto Algeri e quello secondo il quale il Poloni ed un altro detenuto di cui non ricorda il nome sarebbero stati messi in due distinte casse da morto e ivi rinchiusi e poi intimoriti con raffiche di mitra sparategli vicino. I fatti del ferimento dello Zanetti, delle torture del Poloni e dell’altro detenuto e dell’atteggiamento tutt’altro che serio del personale dirigente di tale caserma, viene pure confermato dal dottor Nava Franco, di anni 31, già detenuto alla Seriate, abitante in via Del CROIX, N°3. Non si è ritenuto opportuno raccogliere altri particolari che reticentemente vengono riferiti ritenendo che i succitati siano sufficientiper proporre che i dirigenti di tale Caserma siano immediatamente arrestati e denunciati pei gravissimi reati commessi e pei quali non esiste alcun dubbio. Solo tale condizione le parti lese asseconderanno le richieste di deposizioni formali atte a circostanziare e definire l’attività delittuosa dei responsabili. Questo comando pertanto conclude che, come avvertito previo immediato arresto dei nominati Ravasio Enea Marzio attuale direttore, Aldrighi P[…]della Vite Ettore, vice direttore, e delle guardie Gargantini, e Madasci principali responsabili di attività atrocemente criminali, arresto da effettuarsi provocando subito il mandato di cattura , venga iniziata una successiva inchiesta ufficiale che consentirà l’acquisizione di nuove prove formali atte a stabilire ulteriori gravissime responsabilità. Si sommette che solo queste condizioni si potrà ridare possibilità a gente torturata di deporre per iscritto quanto sofferto e nel conte[mpo] si riporterà fiducia nella popolazione che unanimamente chiede giustizia e soprattutto è indignata che ad ora di sedicenti patrioti si rip[…] le atrocità compiute dai fascisti. Si avverte che non si esita ad abbuire alle autorità la colpa di una mancata giustizia sia repressiva … preventiva, specie nei fatti accennati che sono di dominio pubblico.
Il Ministero di Grazia e Giustizia: Direzione Generale per gli Istituti di Prevenzione e di Pena di Roma, il 3 febbraio 1947 scrive al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo e p.c. alla Direzione delle carceri giudiziarie sussidiarie “Caserma Seriate” rif. F.2770 del 16 dicembre 1946 di Bergamo. L’oggetto della missiva riguarda la Chiusura del carcere sussidiario “Caserma Seriate”.
Tenuto conto di quanto è stato comunicato col foglio sopra indicato, si dispone la chiusura del locale carcere sussidiario “Caserma Seriate” e si prega la S.V. di voler impartire le opportune disposizioni, perché, non oltre il 28 febbraio prossimo, il carcere predetto sia completamente sgombrato da tutti i detenuti ivi ristretti i quali dovranno essere, previo assenso delle competenti autorità giudiziarie per i non definitivi, tradotti alle seguenti sedi: Assolari Luigi, Albani Mario, Bulzinetti Francesco, Bellotti Ferdinando, Baldacini Alberto, Cazzamali Zeffiro, Cattadori Emilio, Caldara Giovanni, Da Rous Guido, De Angelis Carlo, Ghisleni Alessandro, Garbagnati Giacinto, Gemma Giovacchino, Giacomelli Loris, Lanzani Paolo, Morandi Mario, Mariani Enrico, Magri Domenico, Portesi Battista, Perola Gaetano, Pierleoni Gaetano, Pozzi Pietro, Presciutti Renato, Riva Virginio, Ruiu Ottavio, Schiavi Giuseppe, Trungardi Carmelo, Trentino Mario, Vignis Alessandro, Vescovi Agostino, Valota Giovanni, Valota Angelo e Ballabio Giuseppe alla casa penale di Parma; Andreoli Battista, Angelo e Ballabio Giuseppe alla casa penale di Parma; Andreoli Battista, Annati Antonio, Algeri Antonio, Abbadati Battista, Amorino Mansueto, Anelli Luigi, Appiani Ercole, Aprile Massimo, Bonacina Vito, Belloli Giuseppe, Bonacina Antonio, Belli Mario, Blasi Arturo, Baldini Aldo, Bosisio Mario, Bucci Giuseppe, Belloli Andrea, Bosio Giovanni, Bergamini Giorgio, Breda Aenaldo, Beretta Paolo, Baldiraghi Angelo, Brivio Libero, Cedega Alessio, Caglioni Rinaldo, Clauser Gianfranco, Colombelli Luigi, Chiari Antonio, Cavati Mario, Castellanelli Giovanni, Conti Giuseppe, Colosio Luigi, Casanova Almo, Castelli Felice, Colombo Felice, Chiodi Giuseppe, Capella Luigi, Carusi Ugo, Cravedi Renato, Cattaneo Giovanni, De Benedetti G. Ermanno, Erba Carlo, Faleschini Aldo, Falconi Elzeario, Facelli Mario, Fulgosi Angelo, Fronti Giuseppe, Felici Giuseppe, Ghitti Giacomo, Guerini Eliseo, Gatti Ennio, Grippa Giuseppe, Gennero Primo, Gerli Emilio, Gigli Giovanni, Gregorio Mario, Lorenzi Alessandro, Lavagna Angelo, Locatelli Mario, Lorenzini Antonio, Lombardi Pasquale, Maver Luigi, Milani Francesco, Montosi Carlo, Morabini Aldo, Maurizio Cesare, Maurizio Pietro, Morlotti Carlo,uschio Giacomo, Migliorati Antonio, Mazzucchelli Giuseppe, Milazzo Giuseppe, Magni Pietro, Maccagni Federico, Manzoni Antonio, Martinelli Emanuele, Neidi Lorenzo, Norbis Leone, Nembrini Angelo, Niccoli Vittorio, Olivieri Giuseppe, Piantoni Giovanni, Prada Carlo, Piccinisi Michele, Plebani Giovanni, Petrarolo Antonio, Puerati Amedeo, Pierleoni Gaetano, Polenghi Giuseppe, Pezzotta Arturo, Pinazzi Francesco, Parisi Giuseppe, Rota Luigi, Rovelli Lorenzo, Rigamonti Alfredo, Roncoroni Fortunato, Ricciardi Carmelo, Rurale Alfredo, Sacchi Eros, Corti Alfredo, Stacchetti Leone, Saffirio Pietro, Scuri Enea, Sterbizzi Gino, Spano Giuseppe, Stilli Benito, Somodi Ianos, Tavecchi Pietro, Tavecchi Mario, Tiraboschi Stefano, Trapletti Giacomo, Zogati Secondo, Tironi Camillo, Tobanelli Giuseppe, Tiraboschi Alessandro, Tinelli Giovanni, Vergani Angelo, Villasanta Giovanni, Valasecchi Carlo, Vavassori Giovanni, Zilli Renato, Arioli Felice, Benasio Giuseppe, Zanga Benedetto e Algeri Rinaldo alle carceri giudiziarie di Bergamo; Bovera Telesforo, Carobio Basilio, Caccia Camillo, Cattaneo Luigi, Chigioni Luigi, Cortellini Francesco, Carissimi Giovanni, Caccia Luigi, Denari Giuliano, Della Mussia Giovanni, Dell’Oro Cesare, Finazzi Luigi, Fattuti Alcide, Galuberti Primo, Gaggiani Alfredo, Lombardi Attilio, Lipardi Cesare e Mastrosanti Giandomenico alle carceri giudiziarie di Chiavari; Meloni Angelo, Monti Bengasino, Merli Giovanni, Nalesso Giuseppe, Neari Silvio, Nicolini Italo, Nicolini Ettore, Peroni Giovanni, Peruta Luigi, Rocchi Enrico, Vitali Rosino, Vitali Francesco, Vitali Virgilio, Terzi Pietro, Vailati Carlo e Colleoni Giuseppe alle carceri giudiziarie di Pisa; Alborghetti Lorenzo, Astori Pietro, Bardini Pietro, Barcelloni Giuseppe e Brevi Federico alle carceri mandamentali di Lovere; Bellon Livio, Bartoli Luigi, Bulgarelli Ferdinando, Bardelloni Davide, Beretta Luigi, Brembati Luigi, Bracchi Marco e Cavenati Dante alle carceri mandamentali di Clusone; Goglioni Mario, Cornolti Giacinto, Corci Luigi, Cassera Giuseppe, Dolci Mario, Darioti Carlo, Fontana Martino, Gobbi Antonio, Gustinelli Giovanni e Gatti Alberto alle carceri mandamentali di Almenno San Salvatore; Gilardi Luigi, Locatelli Serafino, Lazzaroni Silvestro, Lanfranchi Renato, Moretti Lorenzo, Maglia Rosolino, Messi Ferdinando, Musitelli Matteo, Magistrale Vito, Merla Raffaele, Nozza Giuseppe e Pettini Giuseppe alle carceri mandamentali di Grumello al Monte; Morandini Vitalino, Pizzi Paolo, Piombo Bruno, Pesenti Attilio, Pagliarini Vittorio, Rossi Giovanni, Rizzi Renato, Rastello Vinicio, Schinelli Pietro, Santagostino Gianfranco, Sisti Carmine, Turotti Colombo, Tarchini Angelo, Valota Giuseppe, Vitali Vito, Vitale Pietro, Venturini Fiorenzo, Zani Mario, Agnone Michele, Pedrazzini Raimondo, Osio Antonio, alle carceri mandamentali di Treviglio.
Si prega di far provvedere, con la maggiore sollecitudine, alle relative traduzioni, assicurando e facendo trasmettere dalla Direzione delle carceri sussidiarie in parola gli estratti delle cartelle biografiche dei detenuti destinati alla casa penale di Parma.
Bergamo l’ 8 febbraio 1947