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1 SETTEMBRE 2004. E’ il primo giorno di scuola, nella scuola Numero 1 di Beslan (Ossezia del Nord, Russia), un commando inguscio-ceceno di 32 militanti armati prende in ostaggio quasi 1.200 persone tra bambini, genitori, parenti: la trama è sempre la stessa, il commando minaccia di uccidere gli ostaggi se le forze russe non si ritirano immediatamente e senza condizioni dalla Cecenia, ponendo fine alla guerra in corso.

3 SETTEMBRE 2004. Le forze speciali russe, quelle che fanno le operazione militari speciali ma non la guerra, non pensano minimamente alla vita degli ostaggi (e già questo è un crimine), ed assaltano la scuola con lanciarazzi, lanciamissili, tanks, liberano gli ostaggi, ma con un bilancio pesantissimo, 335 morti, tra cui 31 sequestratori e 186 bambini, più oltre 700 feriti. 186 bambini e 118 adulti civili vengono massacrati dal fuoco “amico”, è una strage di innocenti. Ma per il Cremlino “è un successo”.

E non è la prima volta, e non sarà nemmeno l’ultima, basta ricordare la strage del 23-26 ottobre 2002 al teatro Dubrovka di Mosca, stessa trama e stesso epilogo: circa 850 civili vengono sequestrati e tenuti in ostaggio da un commando ceceno, dopo un assedio di due giorni, le forze speciali russe fanno irruzione pompando gas mortali all’interno della sala. Vengono uccisi 39 dei 40 terroristi e 130 ostaggi, civili innocenti. Ma per il Cremlino ‘è un successo”.

Nella vicenda del Dubrovka c’è anche Anna Politkovskaja, scrittrice del dissenso nella Russia del silenzio, partecipa alle trattative, e a “liberazione” effettuata descrive lo scempio perpetrato dalle forze speciali. Non potrà partecipare alle trattative a Beslan, sul volo che la sta portando sul posto un tè avvelenato la mette in fin di vita: si salva, e scriverà ancora, ed anche di Beslan, ma soprattutto del “post-sequestro”, in entrambi i casi le vittime e i loro famigliari sono stati abbandonati a se stessi e al loro dolore, lo stato non solo non è intervenuto come avrebbe dovuto, ma ha fatto di tutto per inquinare la verità dei fatti.

Il 9 dicembre 2004, tre mesi dopo i fatti del Beslan, Anna Politkovskaja scriverà: “Ne risulta un quadro sconsolante: l’inchiesta, “infilando” la propria versione dei fatti, mette in giro voci inammissibili, aizza le vittime una contro l’altra e le spinge a deviare la ricerca sempre più lontana dalla verità. Ovvio, da noi il potere è meschino. Cosa dovevamo aspettarci, quando si ha come forza motrice la guerra e il terrorismo, e non la pace e la tranquillità?…E così lo squallore si è trasformato in vigliaccheria: colpiscono chi ha sofferto usando quanti hanno provato lo stesso tormento. E, aizzando gli uni contro gli altri, fanno uscire dal gioco la vera identità dei colpevoli…Cosa devono fare quelli a cui è stata risparmiata la vita? Come devono continuare a vivere?

Due anni dopo Anna Politkovskaja verrà ammazzata nell’androne di casa sua dalla vigliaccheria delle forze speciali che fanno operazioni militari speciali: non era la prima vittima, e non sarà nemmeno l’ultima. Per il Cremlino “è un successo”.

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