Vi è mai capitato di aprire gli occhi, distesi sul letto la sera, dopo esservi coricati, e vedere brillare sul soffitto una piccola luce in continuo movimento all’interno dello spazio circoscritto della camera, come un lontano corpo celeste che vaga nello spazio indefinito senza colore? E sfregarvi subito gli occhi, per accertare che non sia una illusoria stellina delle traveggole, causata da uno sbalzo pressorio o dalla stanchezza?
La mia casa è l’ultima situata a Nord-est della contrada Calcinone, oltre la quale ci sono solo prati e pascoli, boschi e stalle lungo il pendio che risale la montagna sino a raggiungere la soprastante contrada Cà Gavaggio. All’intorno, in questa stagione, solo tanta erba, che presto diventerà fieno, quando il tempo si deciderà ad essere un po’ clemente. Nel giardino, nel prato, nell’orto, il verde è il colore che padroneggia nelle sue infinite e invidiabili tonalità. Ci piace dormire con la finestra aperta: è anche questo un modo per non rimanere isolati e partecipare alla vita della natura circostante e delle varie attività dell’uomo. Addormentarsi la sera ascoltando il concerto dei grilli, intercalato dal suono dei campanacci delle vacche al pascolo, e svegliarsi la mattina al canto giulivo degli uccellini in continuo e vivace movimento sugli alberi, mentre il cuculo annuncia la nascita del nuovo giorno.
È emozionante lasciarsi coinvolgere dal sibilo del vento che soffia con decisione contro la chioma del grande faggio rosso e lo scuote, e così pure dal battito incessante della pioggia che si riversa sulle diverse superfici, mentre il rombo del tuono giunge improvviso e incute timore, anticipato solo da un fulmineo lampo che squarcia il cielo dietro la dorsale del Cornèl, sulla quale spicca e viene illuminato a giorno il campaniletto del villaggio. È come sentirsi un tutt’uno con quello che ci circonda. Intensi profumi si alternano col passare delle stagioni: dall’erba appena recisa nel prato al fieno essiccato, del temporale e della pioggia, del prato appena concimato e della prima silenziosa neve. Non rumori di automobili, nessun sottofondo di conversazioni cittadine o di altre lontane attività: è il silenzio assoluto che ci coinvolge e avvolge nel suo mistero, rotto solo dal linguaggio della natura, che si manifesta di giorno e di notte, col sole e la pioggia, il vento e il temporale, il muggito delle vacche al pascolo, l’abbaiare del cane alla luna, il frivolo canto solitario di un fringuello. Così la notte è portatrice del nero assoluto a Nord, in direzione delle montagne, mentre a mezzogiorno, verso il Linzone, s’intravvede in lontananza un leggero vago bagliore, che porta sin lassù le luci della città e della piana lombarda. Buio e silenzio scuotono anche le coscienze più resistenti alle suggestioni, quando prendono il sopravvento le voci e i colori interiori.
Una sera di alcuni giorni fa, dalla finestra della camera da letto è entrata una panegaröla: è venuta a trovarci ed è rimasta con noi alcuni minuti, circumnavigando le pareti alte della stanza, disegnando sul soffitto incomprensibili geometrie, che avrei tanto voluto rappresentare con un grafico, nel tentativo di cogliere il significato di quei movimenti così delicati. L’abbiamo osservata attentamente nel suo dolce navigare nell’universo di quella stanza. Quel minuscolo luccichio non bastava per illuminare l’ambiente così buio, ma consentiva al piccolo coleottero di esibire la sua preziosa danza nell’aria, come un pensiero leggero in cerca della propria espressione.
In questa stagione, nel periodo della fienagione, che quassù di norma avviene tra la fine di maggio e le prime settimane di giugno, quello delle lucciole nel prato la sera è uno spettacolo abbastanza frequente: quante volte, seduti nel prato, abbiamo ammirato il ballo festoso e profumato di erba e fieno di questi piccoli insetti danzanti, stimolato dal concerto polifonico dei grilli, godendo dei loro incredibili giochi di luce, capaci di fare sognare ad occhi aperti! Quest’anno, dopo un’iniziale comparsa verso la fine di maggio, le stiamo ancora aspettando, assieme al sole, per completare il primo taglio del fieno ormai giunto a maturazione. Luci di speranza e di mistero si accendono nel buio della notte, come le stelle del cielo, così lontane e così vicine, nella contemplazione della bellezza della Creazione. Luci di care memorie che mi riportano al mondo dell’infanzia, quando, söl prat de l’Era, nella contrada Canito dove viveva la grande famiglia del nonno paterno, rincorrevo le lucciole nel prato appena falciato, canticchiando la filastrocca: Panegaröla ì a bas, che te dó pà e làcc, pà e làcc en de la scödèla, panegaröla ì a tèra. Le catturavo per rinchiuderle qualche istante dentro un vasetto di vetro, senza coperchio in modo che potessero respirare: pensavo di costruire un piccolo lanternino naturale, ma dopo pochi minuti le lucciole si spegnevano gradualmente; allora le restituivo al loro ambiente e, dopo i primi battiti d’ali, tornavano a riprendere la loro straordinaria collocazione nella costellazione del prato.
La visita di quell’insetto luminoso e solitario è giunta inaspettata: fuori il cielo è ricoperto di nuvole, la pioggia è cessata da poco e anche la temperatura è scesa di qualche grado. Mi affaccio alla finestra e non vedo altri puntini luminosi nei dintorni. Forse quella lucciola è entrata nella stanza attratta dal calore dell’ambiente, per ripararsi dall’aria fresca portata dal temporale, oppure, come mi pace pensare, si è persa durante il suo girovagare. O, forse, è venuta di proposito. La paragono a Trilly, la piccola fata alata, compagna di Peter Pan, nella popolarissima opera di James Matthew Barrie, un personaggio immaginario dotato di abilità magiche, in grado di stimolare emozioni e far nascere nuovi sentimenti, trascinando in superficie anche le parti più remote e profonde della nostra coscienza. La piccola Trilly giunta nella nostra stanza forse è anch’essa in cerca dell’isola che non c’è, o che c’era e abbiamo dimenticato troppo in fretta. Il minuto insetto con la lanternina in coda, l’ennesimo miracolo evidente della natura, forse vuole indicarci la via da seguire per salvaguardare il nostro ecosistema, potenziare l’agricoltura biologica, porre sotto tutela le specie a forte rischio di estinzione (come le lucciole e le api), contenere l’uso indiscriminato dei pesticidi nei campi e mettere un freno ai fenomeni evidenti d’inquinamento luminoso, che confondono la notte con il giorno.
Durante la sua breve permanenza della stanza, la piccola lucciola ha messo in movimento liberi e spontanei pensieri, ma anche preoccupazioni circa i delicati equilibri da cui dipende la conservazione della natura e della bellezza. Poi, all’improvviso, ha preso la strada del ritorno: così com’è entrata, allo stesso modo è uscita silenziosamente dalla finestra, senza disturbare. Il gruppo delle lucciole la sta cercando e non può farsi attendere. Ha preso la via del prato, risalendo il ripido versante di Calsinù, destreggiandosi abilmente tra gli steli di erba bagnata, appesantiti e piegati su loro stessi, tenendo sempre acceso il suo lanternino… Addio, piccolo faro, stella polare e anima dei miei pensieri girovaghi…