“La mamma mi ha raccontato di quello che provò quando l’angelo le annunciò la mia venuta al mondo; ma vorrei sapere come l’hai vissuta tu padre” – esclamò Gesù interrompendo il lavoro di intaglio del legno che stava svolgendo.
“Sapevo che prima o poi sarebbe giunto questo momento figlio mio ed è giusto così: quindici anni sono infatti l’età in cui si inizia a diventare uomini e a porre le domande che si hanno nel cuore. È stato così anche per me con tuo nonno” – replicò Giuseppe.
“Immagino che già saprai del sogno che feci, giusto? Maria mi ha detto di avertelo raccontato” – continuò Giuseppe.
“Si padre, conosco anche quell’evento. Quello che mi piacerebbe sapere è se mi consideri pienamente anche tuo figlio” – replicò Gesù rattristandosi.
“Certo che sei mio figlio, non dubitarne mai! Quello che so è che, da qualche altra parte e in una dimensione che non comprendo, hai anche un altro Padre che ti ha dato il nome che porti e che ti ha mandato qui per un motivo ben preciso” – replicò Giuseppe abbracciando il giovane.
“Ricordo quando fuori dal tempio dissi a te e alla mamma che avrei dovuto occuparmi delle cose del Padre mio e entrambe rimaneste scossi; ma mentre vi dicevo quelle cose ho avuto anche paura di perdervi e io ho bisogno di voi” – disse Gesù sempre più triste.
“Sono io che ho avuto paura quel giorno perché ho capito che, se il mondo avesse capito chi realmente fossi, probabilmente ti avrebbe respinto e così ho voluto proteggerti ancora di più” – rispose Giuseppe.
Dopo un istante di silenzio l’uomo continuò: “Vedi Gesù io non so quando il mondo sarà pronto e forse, quando questo accadrà, io non sarò più al tuo fianco perché la vecchiaia inizia a farsi sentire. Tuttavia, so che ascoltando il Padre che è nei cieli, scoprirai l’uomo che sei chiamato ad essere e so per certo nel mio cuore che sei destinato a cambiare il mondo. Per questo sono orgoglioso di essere tuo papà” – esclamò Giuseppe con tono commosso.
“Grazie papà! E mamma? Non deve essere stato facile per te starle vicino dentro un mistero così grande” – chiese curioso Gesù.
“Posso raccontarti di un episodio che mi è accaduto subito dopo che tua mamma mi disse dell’annuncio e prima di sognare l’angelo?” – domandò Giuseppe.
“Certo papà!”
“Un giorno stavo lavorando tenendo nella mano sinistra un chiodo e nella destra un martello ma, perso tra i miei pensieri, accidentalmente mi colpì il dito con il martello. Immediatamente con la mano destra ho posato il martello e mi sono preso cura della sinistra. Vedi figlio mio, non è che la mano sinistra si sia arrabbiata con la destra perché sono una cosa sola. A volte, invece, noi esseri umani dimentichiamo l’origine che unisce tutti noi e cadiamo nelle reciproche accuse: come se una mano accusi l’altra di averla colpita. Insensato giusto? Ecco perché io non ho accusato tua mamma perché, dalla prima volta che l’ho vista, ho sempre saputo che siamo due mani che appartengono allo stesso corpo. Capisci? “– disse Giuseppe.
“Certo, comprendo papà. Ma allora cosa hai compreso con il sogno dell’angelo?” – domandò Gesù.
“Grazie a quel sogno ho capito che così come avevo intuito che tu madre ed io eravamo due mani dello stesso corpo; analogamente avviene nella Trinità: Dio come Padre è in Dio come Figlio e lo Spirito Santo è in entrambi! E così, al risveglio, mi è venuto in mente che anche noi potevamo essere in tre…e così sono corso dalla mia Maria”
“Grazie papà! Sei un uomo davvero speciale! Sono felice di essere tuo figlio!”
“Gesù: con l’annunciazione l’arcangelo Gabriele ha detto che darai agli abitanti della Terra un’ideale per cui vivere. Conosco i giudei e so che alcuni si affretteranno a seguirti, altri vacilleranno, altri cadranno, ma sono certo che col tempo tutti si uniranno a te nella luce. Col tempo, figlio mio, li aiuterai a compiere meraviglie: per questo sono grato al Padre dei cieli di aver dato anche a me l’annuncio della tua venuta nel mondo!” – concluse Giuseppe ricominciando a lavorare.