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Il risultato di tanto lavoro? Circa sessanta “balloni” di fieno in pochi giorni. Altri trenta attendono di essere prodotti prossimamente con lo sfalcio degli ultimi prati di monte. Poi, tra circa quattro decadi, vedremo cosa ci riserverà il secondo taglio…



Il tempo meteorologico, dopo un mese di piogge insistenti che hanno protratto in là la raccolta del maggengo, sembra ormai aver volto al meglio e il sole di piena estate riscalda la natura e stimola i lavori più generosi. Tutta la Valle Imagna è in fermento. Sono numeri tutto sommato esigui, soprattutto se paragonati all’attività foraggera della pianura, ma quassù, in montagna, contribuiscono sensibilmente a fare il bilancio di una piccola azienda zoo-casearia. Inoltre, se consideriamo che sono stati prodotti tra gli ottocento e i millecento metri di altitudine, dove ai falsopiani si susseguono pendii e ripidi versanti e l’uso del rastrello è ancora d’obbligo, poiché non sempre i moderni mezzi agricoli riescono a raggiungere le località più amene, allora questi numeri assumono un diverso valore e ogni rotoballa pesa in termini di fatica umana ed è un concentrato tanti sacrifici. Pesa già nel prato, quando va caricata sul trattore per il trasporto sino al pòrtech dol fé: abbassata la spondina posteriore, il grosso balù viene spinto, a forza di braccia, almeno da due persone, facendolo roteare sopra due pannelli gialli da cantiere, lunghi oltre due metri, che formano uno scivolo dal prato al pianale del mezzo agricolo.



Il muletto, anch’esso un accessorio da applicare alla piccola trattrice da montagna, non è sempre disponibile e, in tal caso, intervengono i muli in carne e ossa, quelli a due gambe, che lavorano sempre in coppia: i balù, caricati sul cassone del trattore, due alla volta vengono trasportati sino al fienile, dove dovranno essere nuovamente movimentati a mano. Durante la fase di carico e scarico è importante coordinare la forza fisica dei due “muletti”, in modo tale che entrambi concentrino la spinta nello stesso istante. Per non disperdere le forze, uno dei due dà la voce: Sö!… Sö!… Sö!… E’ una sorta di incitamento al lavoro. Ad oIl risultato di tanto lavoro? Circa sessanta “balloni” di fieno in pochi giorni. Altri trenta attendono di essere prodotti prossimamentegni spinta il grosso cilindro, con altezza e diametro pari a centoventi centimetri, avanza di qualche spanna, sino a raggiungere la meta in pochi istanti. Serve molta determinazione ed è indispensabile lavorare in sinergia.

Labirinti di fieno. In attesa della rotoimballatrice. Pradicù (Corna Imagna), 2020

I fienili delle piccole stalle tradizionali di monte sono stipati e i balù, dal peso medio di circa tre quintali ciascuno, faticano a passare dall’esigua apertura dol pòrtech dol fé, un tempo realizzata a misura dol fasì de fé. Diventa impossibile utilizzare quei fienili in posizione rialzata dal suolo, con accesso da alcuni gradini di pietra, oppure a mezzo di una scala mobile, realizzata con legno e a pioli. Non potendo disporre di altre soluzioni, negli anni scorsi diversi piccoli allevatori hanno apportato modifiche strutturali ai fabbricati rurali, realizzando scivoli in calcestruzzo e ampliando l’apertura di accesso al fienile, stravolgendo così il volto autentico di tali manufatti.

Ma non è finita qui: introdotti nel fienile, i balù vanno ordinati per file, impilati,… sempre tutto a forza di braccia, poiché lo spazio ristretto impedisce anche ai trattori più leggeri l’accesso. Occorre l’intervento di due, meglio tre uomini in piena forma fisica, i quali, con l’ausilio di assi e ingegnosi traböchèi, collocano le rotoballe nei posti desiderati, per ottimizzare il poco spazio disponibile. I muscoli delle braccia sono a fior di pelle e i volti paiono persino tumefatti dallo sforzo fisico durante la spinta dei balù. Mè fà sö de pòrche söàde! Ugo, la cui forza incredibile è nascosta dentro un esile corpo, ha messo in campo tutta la sua ferrea volontà per farci stare, nella stalla dei Calf, anche l’ultima pesante rotoballa, appoggiandola nella stretta residua rientranza del fienile. L’ha persino puntellata, sotto la parte sporgente, per renderla stabile ed evitare il rischio di una possibile caduta. Doveva starci e ce l’ha fatta stare!

L’economia della Valle Imagna in novanta balloni di fienoIl risultato di tanto lavoro? Circa sessanta “balloni” di fieno in pochi giorni. Altri trenta attendono di essere prodotti prossimamente

In montagna tutto il lavoro agricolo è fatica e ingegno, per non sprecare energie necessarie. I suoi abitanti sanno che non è facile governare i fenomeni naturali, non solo perché imprevedibili, ma soprattutto per le continue salite e discese e dai piani diversamente inclinati che rendono ulteriormente difficoltosa la movimentazione di persone e materiali. Sempre Ugo, per alzare il pianale del trattore sino a raggiungere il livello del primo corso di rotoballe già ordinate sul fienile, con travetti e assito ha improvvisato una robusta pedana funzionale, sulla quale fare scorrere le ruote posteriori del mezzo agricolo, in retromarcia sino a lambire l’apertura dell’edificio rurale, recuperando così quei trenta centimetri in altezza utili per favorire la spinta in piano del grosso “ballone” dal cassone al fienile.

Ol pòrtech dol fé, ora traboccante di foraggio fresco, si presenta in un quadro di massimo splendore, e così pure il prato circostante, ben ripulito col rastrello anche dalla tràgna residua, lasciata sul terreno dal passaggio della grossa macchina imballatrice. Il montanaro vive una sorta di esaltazione del lavoro e di glorificazione della natura, per la quale sono valsi gli sforzi compiuti, anche in termini di appagamento dell’animo. È piacevole osservare tutto questo e all’intorno si respira, dentro la natura, un’aria di trasparenza, bellezza, pulizia. All’improvviso la fatica scompare e la nuova composizione armonica, della stalla piena di fieno che spicca nel prato ben rasato, sostituisce la precedente della stalla vuota e quasi seminascosta nel prato in erba. Paesaggi e scenari mutevoli, in linea con il passare del tempo e il succedersi dei lavori agricoli, nei quali l’uomo agisce da insostituibile protagonista.

Balète de fé nel prato antistante a Cà Berizzi

Il risultato di tanto lavoro? Circa sessanta “balloni” di fieno in pochi giorni. Altri trenta attendono di essere prodotti prossimamente

Tra qualche mese, da gennaio ad aprile dell’anno prossimo, tutti quei balù dovranno essere di nuovo movimentati, ossia tolti dal fienile di deposito, ricaricati sul trattore e trasportati sino alla stalla, dove, uno alla volta, verranno aperti e il foraggio, così liberato dalla rete plastica che li avvolge, somministrato a vacche e pecore durante l’inverno. Nel nuovo centro produttivo di Recüdì, Francesco non dispone di un fienile così grande per accogliere tutti i balù (poco più di un centinaio) derivanti dai due tagli della fienagione (fé e còrt) e, di conseguenza, si avvale ancora dei diversi fienili tradizionali, quali spazi preziosi per il deposito temporaneo, dove mettere al coperto il foraggio, ma ciò comporta il ripetersi di azioni di forza. Non tutti gli allevatori possiedono la grossa rotoimballatrice, anzi i più si avvalgono del servizio “contoterzista” reso dalle aziende agricole più grosse (per modo di dire) e meglio attrezzate. Alcuni piccoli allevatori resistono confezionando le balète, certamente più funzionali ai fienili tradizionali e meno ingombranti, ma decisamente più laboriose: il fieno viene raccolto dalla corona dentata in movimento nel prato, quindi compattato e tagliato nella forma di parallelepipedi rettangoli.

La balèta è decisamente più invasiva sul fieno, poiché lo taglia in più parti, provocando la perdita delle diverse fluorescenze essiccate, ridotte in pula, col rischio molte volte di imballare solo della paglia. Diversamente, invece, il balù non taglia, bensì avvolge di continuo la massa di foraggio attorno al suo cuore. In quanto al peso, un balù equivale a dieci/dodici balète e ciò determina anche la variazione di costo dovuto all’imballatore: un euro la balèta e dieci il balù. Il peso di ciascuna balèta ammonta a circa venticinque chilogrammi e il prato, dopo il passaggio dell’imballatrice, si trasforma in un grande teatro, dentro la natura, dove le “ballette” costituiscono i posti a sedere per ammirare all’intorno forme e colori straordinari, ascoltare in silenzio i grilli nel prato che continuano il loro cicaleggio, osservare il movimento delle chiome degli alberi nel boschetto poco distante che invia continue folate di un venticello ristoratore, contemplare la stalla dove vivono vacche e pecore, infine abbandonarsi al Cielo, che riunisce sotto un unico coperchio di zaffiro la scena della vita dentro il bacino dell’Imagna. Gli impegni incalzano e il ristoro dei lavoratori del prato si esaurisce presto.

Sul trattore a fa fo ol fé

La tendenza attuale, anche in montagna, è quella di superare definitivamente l’imballaggio della balèta, limitandone l’uso nei piccoli appezzamenti, dove risulterebbe sconveniente l’intervento della grossa rotoimballatrice. La nostra imballatrice di balète, acquistata dai genitori circa venti anni or sono, riposa nel deposito agricolo e anche quest’anno non è stata utilizzata. L’alternativa alla balèta è offerta al giorno d’oggi dalla più moderna piccola rotoballa: trainata dal trattore, la modesta rotoimballatrice “sforna” confezioni cilindriche di fieno pressato e legato di piccoleL’economia della Valle Imagna in novanta balloni di fieno dimensioni, dal peso pressoché equivalente a quello degli ormai tradizionali parallelepipedi rettangolari. Il balù è lo stereotipo della produzione foraggera della pianura, dove le ampie distese a prato consentono l’ingresso di potenti macchinari, che in poche ore realizzano una quantità incredibile di lavoro, sollevando gli agricoltori da fatiche assai gravose.

La sua introduzione anche in montagna, nonostante l’impiego parziale nelle aree meno scoscese, ha modificato il lavoro e i tempi della fienagione, aumentando i ritmi produttivi. Mentre un tempo durava tutta l’estate, ripartita in due, a volte anche tre tagli, la tendenza attuale concentra la fienagione in poche settimane. Il prato non si taglia più in due o tre volte, ma tutto insieme, in una volta sola, così da ottimizzare l’intervento della rotoimballatrice. I rumori meccanici e dei motori, decisamente dominanti, si sovrappongono e annullano in molti casi la conversazione tra i contadini, che devono sottostare ai ritmi imposti dalle “braccia meccaniche”. I prati si trasformano in grandi labirinti di fieno ‘ncolmàt, in attesa dell’arrivo del grosso compattatore. Il lavoro diventa frenetico, concentrato e intenso, ma quelle pòrche sbogiàde sono sostenute da un levato livello di appagamento finale.

Mini rotoballe impilate sul fienile…
Ora… bando alle ciance! L’è ura de ‘ndà! Mèt dó la pèna e ciàpa ‘n mà ol rastèl! Gh’è ol fé da guarnà fò ‘n Pradicù!…

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Antonio Carminati

Direttore del Centro Studi Valle Imagna

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