Con il Covid e l’arrivo, fortunatamente, del vaccino la questione calda nei luoghi di lavoro verte sulle azioni che un’impresa può mettere in campo qualora un dipendente non accetti la vaccinazione. C’è l’esigenza, dunque, di un pacchetto normativo disponga l’obbligatorietà del vaccino per i lavoratori come misura preventiva del contagio in azienda, così come sono obbligatori mascherine e gel disinfettanti. Ad oggi, questa legge non c’è.
Quindi un lavoratore contrario al vaccino non potrà essere “allontanato” dal datore di lavoro. Se legge deve essere non può essere imposta a colpi di Dpcm bensì attraverso una discussione e un’approvazione parlamentare. Una questione evidenziata anche dal presidente provinciale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Marcello Razzino. In una recente intervista sulla stampa ha dichiarato: “Allo stato attuale – ha spiegato – non c’è obbligo di vaccinazione. La questione si sta ponendo a livello generale, anche se per ora riguarda le professioni sanitarie che sono le prime a ricevere il vaccino. Anche tra queste categorie, però, qualcuno non ha dato la propria adesione. Quindi se questo trend si mantiene, la problematica, con le vaccinazioni a più ampio raggio, si sposterà su tutti settori produttivi. I datori di lavoro, per cercare di garantire la sicurezza all’interno delle aziende, si pongono già il problema se potranno accettare al lavoro chi ha scelto di non fare il vaccino mettendo a rischio l’incolumità degli altri”.
Un esperto in materia, puntuale nelle sue osservazioni, è Carmelo G. Catanoso membro del team “L’Esperto Risponde” del “Il Sole 24 Ore” per la sezione Sicurezza sul Lavoro. Augurandosi il maggior numero di vaccinazioni tra la popolazione (lavorativa e non), Catanoso sottolinea due punti. Il primo fa riferimento all’art. 271 c.4 del d.lgs. 81/08 che differenzia gli obblighi del datore di lavoro tra attività con uso deliberato di un agente biologico di gruppi 2* e 3** (vedi note) e attività che possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori a quegli stessi agenti biologici. Il secondo punto si concentra sull’evidenza che il datore di lavoro non ha obbligo di vaccinazione dei suoi dipendenti. Scrive Catanoso: “L’agente biologico è originato da una pandemia che in quanto tale permea sia gli ambienti di vita che quelli di lavoro e non solo quelli di lavoro. In altre parole, non è presente solo in ufficio o in fabbrica ma ovunque c’è una qualunque presenza umana: sia durante il lavoro che durante la visita in farmacia per acquistare un pacchetto di Aspirina nonché a casa con la propria famiglia. Non a caso Pandemia deriva dal greco “Pan” e cioè Tutti e “Demos” e cioè “Popolazione“.
“Alcuni lavoratori – continua Catanoso – sono più esposti rispetto ad altri al rischio biologico per l’attività che svolgono. Per questi sia la fonte primaria (direttiva UE agenti biologici) che il legislatore, nel recepimento della direttiva europea, hanno ben precisato il perimetro: lavoratori che svolgono attività con uso deliberato di agenti biologici e attività in allegato XLIV. Su questi il discorso della vaccinazione obbligatoria contro il COVID-19, come avviene per Epatite B e TBC, ci sta ma solo per espressa previsione legislativa”. Attualmente siamo in vacatio legis. Per tutte le altre attività, il rischio da contagio da COVID-19, non è un rischio professionale tale da poterlo trattare, ad esempio, alla stregua del rischio per il personale sanitario ed imporre una vaccinazione obbligatoria pena il licenziamento, paventando al datore di lavoro lo spauracchio del 2087 cc. per il risarcimento del danno. Perché, se è vero che io datore di lavoro devo applicare la migliore tecnica preventiva oggi disponibile, trattandosi di una vaccinazione che è un trattamento sanitario, devo tenere conto della legge (che manca) ma, soprattutto, dell’art. 32 della Costituzione che testualmente recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Un articolo interessante sull’argomento è tratto dal portale Punto Sicuro dal titolo “Cosa fare se i lavoratori non vogliono vaccinarsi”. Racchiude la parte del rischio biologico di Guariniello, l’accenno al protocollo del 24 aprile (5 maggio quello territoriale ATS-ISL e sindacati della prov. Di BG) e il tema della vaccinazione già presente nell’81/08 (antitetanica ad esempio). In attesa della legge il datore di lavoro, per dormire sonni tranquilli, può solo mettere in atto tutte le procedure per eludere il contagio.