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Per Lacan l’essenza dell’uomo sta nel desiderare. Il desiderio vero è depositario di creatività. Quando rimuoviamo il desiderio abdichiamo alla nostra identità (Freud). Siamo aperti al desiderio pur nell’impossibilità del suo totale appagamento.

L’Io è pure oggetto di desiderio e si adatta alle aspettative degli altri. Non deve appiattirsi sul riconoscimento degli altri. Quando il bambino vive in un contesto familiare rigido, sotto la minaccia di castighi, addirittura al ricatto degli affetti – “se non fai come ti dico mi fai morire” – si sente impotente, dubita di sé, incerto nel pensare e nell’agire. Cresce una persona che ha paura dei propri desideri. Per opportunismo cessa di ascoltare il proprio mondo interiore. Per non soffrire non vive. Dedito alle cose temporali, bravo marito, stimato in società, a furia di scimmiottare gli altri non trova più l’io dentro di sé (Kierkegaard).

Si tratta invece di costruire un equilibrio, di essere fedeli al desiderio senza perdere il contatto con gli altri, rinunciando alle pulsioni per una sicurezza comune.

Il neonato è soddisfatto nei suoi desideri e trova subito pronto il seno materno. Si sente onnipotente. Nella fase dello svezzamento viene educato al piacere procrastinato. Incomincia a rendersi conto dell’alterità, del non io. Deve essere aiutato e certe separazioni sono traumatiche. La scoperta del padre apre un’altra fase per ridimensionare i propri desideri. E’ una rinuncia dolorosa al rapporto esclusivo con la madre ma anche l’inizio della libertà. L’attenzione si sposta sul fuori, il desiderio si apre per altri desideri. Si potrebbe dire: è la nascita del pluralismo.

La legge del padre definisce la legge (Lacan). Per una convivenza è necessaria la rinuncia ai desideri senza limiti. Il super-Io è necessario (Freud). Cosa pensare dell’attuale evaporazione della figura paterna? Non si corre il rischio di pericolosi comportamenti antisociali? Educare senza i no, togliere qualsiasi barriera e impedimento non rende fragili i nostri figli? La giovane generazione che uscirà dalla pandemia sembra ben diversa da quella del primo dopoguerra; allora era preparata alle fatiche e ai sacrifici, quella attuale è troppo  abituata alla soddisfazione immediata e spinta ad uno sterile narcisismo.

Viviamo in un tipo di convivenza sociale psicopatica, nella vertigine del godimento e conseguente assenza di freni, senza sensi di colpa e con preoccupante mancanza di responsabilità. Come fu per la generazione del ’68, presa dall’utopia di cambiare il mondo, è rimasta travolta nell’immediatezza dei beni da godere. “Le nuove generazioni non sentono la mancanza della mancanza” (Lacan). Non c’è desiderio autentico senza una distanza da colmare. Se tutto si può il desiderio muore.

La cultura di oggi non promuove l’attesa, non sopporta lo scarto tra desiderio e soddisfazione. Lo diceva già Kafka: “I peccati del nostro tempo? Impazienza e inerzia; a causa dell’impazienza siamo cacciati dal paradiso, l’inerzia ci impedisce di tornare”. Siamo prigionieri di brevi e mutevoli progetti a corto raggio. Ci mascheriamo dietro il pretesto di una società che non dà prospettive. Dallo psicanalista si trovano anche quelli che hanno un lavoro sicuro. La cultura degli eccessi provoca ansia, dipendenze, depressioni.  Per superare i nostri limiti si rincorrono i miti del cibo, di bevande, di stupefacenti e gadget vari.

Si è parlato di società liquida, senza rigidità e leggi. Questa società abbraccia facilmente sicurezze illusorie, è pronta all’ascolto di ciarlatani che diventano leader dispotici. Anziché essere soggetti desideranti noi diventiamo oggetti desiderati, ovverossia manipolati.

La tecnica non ci aiuta ad essere imprenditori di noi stessi, tende a plasmarci. Siamo affamati di merci: “La  merce è il nostro pane quotidiano” (Anders). Comprare, usare, gettare, passando da un oggetto all’altro. Poi c’è la pubblicità che allarga i nostri desideri. Persuasori che si annidano dovunque ci svuotano del desiderio e del nostro sé intimo. Nemmeno i media ci aiutano a riflettere di questi tempi, sempre presi tra coronavirus e vaccini.

T. S. Eliot ci ammonisce: “Non c’è vita più misera di quella che abbiamo perduto vivendo”. Ma Holderlin ci incoraggia: “Dov’è il pericolo, cresce anche il desiderio che ti salva


A cura di Mauro Malighetti (sintesi di una lezione del professor Vittorio Luigi Castellazzi, Università Lumsa Roma, Liberare il desiderio: desideranti o desiderati del 26 gennaio 2021 nell’ambito della programmazione di Noesis).


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