Dopo gli eclatanti fatti di alla Casa Bianca riguardo alla guerra in Ucraina si sono manifestati evidenti mal di pancia nella politica di casa nostra. L’imbarazzo del PD è chiaro. C’è chi da sempre ha posizioni nette fra aggredito e aggressore e chi invece preferisce sventolare la bandiera peace&love in cambio di una sottomissione completa da parte del popolo ucraino che, per chissà quale motivo, ha meno diritti di noi di difendere libertà e la scheda elettorale.
Ma si sa, spesso nelle convention e nei congressi ci si sbilancia con espressioni di unità, fratellanza, vogliamoci tutti bene, ma poi finita la kermesse, andiamocene tutti a casa ognuno a difendere il proprio diritto acquisito privato. Perché mentre in Ucraina si muore per i diritti fondamentali dell’uomo, l’agenda della Schlein si concentra sul referendum del Job Act. Che allo stato attuale della delicata situazione di politica estera in aggiunta alla recessione che da un anno attanaglia il settore automotive è come se un contadino alle prese con un raccolto scarso si preoccupasse di scegliere gli stencil del suo trattore.
E così mentre nel mondo si stanno delineando scenari inediti e preoccupanti, chi fino a ieri ha sempre parlato di resistenza e antifascismo, si nasconde nel disonore, pensando di evitare lo scontro con la strategia dell’appesamemt. Se si vuole porre fine alla guerra è ora che i leader europei mettano sul tavolo delle trattative la loro forza bellica. Invece, ognuno gioca per sé e in Italia la destra aspetta di vedere come si evolve la situazione per saltare sul carro giusto (come da tradizione) mentre a sinistra si cerca una via che esiste solo nelle fiabe, ma non quelle della Disney. Pare che per il politicamente corretto siano da modificare anche loro.