Divertimento in Caissa n. 14
Nel 2017 Google organizzò un match di scacchi tra un suo software, AlphaZero, e il più forte motore scacchistico dell’epoca, Stockfish. Al momento sembrava poco più di una trovata commerciale – anche se poi Google non mise in vendita il prodotto che aveva stravinto quel match.
Adesso gli scacchisti, soprattutto quelli di alto livello agonistico, cominciano ad accorgersi che fu un evento epocale. Il campione del mondo, Magnus Carlsen, disse già nel 2019 che si ispirava alla nuova intelligenza artificiale. Altri stanno seguendo a ruota, nei fatti.
Una descrizione di cosa sia successo l’ha pubblicata Joshua Doknjas in un articolo pubblicato a puntate online dal sito ChessBase (a cominciare dallo scorso 7 gennaio, al link: https://en.chessbase.com/post/how-the-ai-revolution-impacted-chess-1-2).
In sintesi, AlphaZero (e la sua evoluzione open source Lc0, Leela Chess Zero) ha introdotto modi più efficaci per giocare almeno 3 aperture: la Grünfeld, la Catalana e la Siciliana Najdorf. Inoltre, nel mediogioco, ha dimostrato che si possono valorizzare le posizioni chiuse (migliorandole a piccolissimi passi, ma inesorabilmente) e gli sbilanciamenti di materiale, anche sacrificando pedoni.
E poi c’è la questione del pedone h, che può essere scagliato quasi impunemente contro l’arrocco corto avversario – cosa che pochi giocatori umani facevano perché, insomma, quel pedone h sembrava una guardia importante per il proprio arrocco!
Come dimostrazione Doknjas mostra partite di GM come Alexander Grischuk, Danil Dubov, Fabiano Caruana e, be’, Carlsen.
Il fatto è che prima del 2017 i motori scacchistici erano programmati secondo il metodo cosiddetto «alpha-beta», ovvero cercando di minimizzare gli effetti delle mosse forti avversarie e massimizzare invece le proprie. Girando su computer sempre più potenti, quei software erano diventati ingiocabili per gli esseri umani perché avevano un «orizzonte» molto più profondo. Potevano gestire varianti da oltre 30 semimosse, inoltrandosi sicuri dove il cervello umano si perde.
Ma quei motori non sembravano produrre innovazioni dal punto di vista della strategia del gioco. Usavano la forza bruta, guadagnavano materiale, vincevano.
Il software ispirato da Google invece non sembra avere un orizzonte profondissimo. Si ferma prima e comincia a giocare migliaia di partite rapidissime (della durata di millesimi di secondo) per creare un database di posizioni statisticamente vincenti.
Gli informatici dicono che così si genera una nn, ovvero una rete neurale – il che sembra accomunare quei software al tipo di intelligenza che caratterizza i cervelli umani. Sebbene l’intervento umano non ci sia, nel senso che Lc0 crea quelle nn da sé.
In pochi mesi i programmatori tradizionali hanno implementato nei loro motori alpha-beta delle nnue, ovvero reti neurali non create in autonomia dalla macchina bensì sfruttando database di partite storiche di valore, sia giocate da GM umani sia da computer.
Così siamo arrivati a questo punto.
Va detto che le idee dei software non sono nuove in senso assoluto. Le aperture che preferiscono giocare sono note da decenni o addirittura da secoli, e certe strategie di mediogioco fanno parte dell’armamentario di numerosi giocatori, soprattutto di alto livello.
Quello che fanno i software scacchistici è fare passettini per andare oltre, più profondi, più inaspettati, più imprevedibili. Ma di passettino in passettino stanno portando gli scacchi in luoghi praticamente mai visti.
E stanno portando noi umani con loro, a visitare nuovi orizzonti.
(Divertimento in Caissa è una column, come usa nei giornali internazionali, dedicata agli scacchi – di cui Caissa è la musa immaginaria e ispiratrice. Sarà aperiodica, legata agli eventi principali dell’evoluzione del gioco soprattutto di alto livello ed elettronico. Ma parlerà anche di altro… del senso dell’intelligenza, magari. Se mi verrà in mente)
[…] (Pubblicato anche su SocialBg al link: https://www.socialbg.it/lintelligenza-artificiale-cambia-le-strategie-negli-scacchi/?fbclid=IwAR3CKa…😉 […]