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Lo sport è entrato (ehm, entrerà…) nel testo della Costituzione italiana. L’iter del provvedimento (tecnicamente è il Decreto Legge 447, destinato a cambiare il testo dell’articolo 33 della Costituzione) è cominciato il 22 marzo scorso con il voto favorevole del Senato. Sembra una cosa da niente, ma avrà un forte impatto a vari livelli.

Lo sport, in Italia, mobilita secondo l’Istat 41 miliardi di euro l’anno (secondo dati riportati da Franco Arturi per la Gazzetta dello Sport cartacea dello scorso 17 giugno) e dà lavoro, pagato, a circa 600˙000 persone. Per fare un confronto, un settore come l’agricoltura produce 38,8 miliardi e dà lavoro a meno persone.

Tuttavia a livello politico non è quasi riconosciuto. Per prendere atto che ci sono persone che vivono di sport, il nostro Parlamento si incarta in tecnicismi e distinguo. Come se «vivere di sport» fosse una cosa da bambinoni che non vogliono crescere, invece che un percorso professionale in grado di produrre ricchezza oltre che cultura. Per non parlare dell’impatto sulla salute e la qualità della vita di chi lo pratica.

Peraltro questo provvedimento (spiegato meglio da Francesco Cavallini sul sito web 888sport, al link: https://www.888sport.it/blog/sport-nella-costituzione) è soltanto un inizio. Presumibilmente ci vorranno ancora anni affinché venga perfezionato.

Tuttavia è destinato a portare l’Italia in pari con nazioni a noi vicine nella Unità Europea ,anche come popolazione intorno ai 60 milioni di abitanti – per esempio la Francia (dove lo sport produce 62,3 miliardi l’anno) e la Gran Bretagna (75 miliardi). In Germania, dove gli abitanti sono circa 90 milioni, gli sportivi producono 200 miliardi di euro l’anno.

Inoltre, se le cose andranno come devono, il riconoscimento contribuirà anche a riequilibrare la questione di genere. Lo sport è tutt’altro che una roba da maschi.

Secondo i dati del Coni, le tesserate nella pallavolo sono il 77% del totale, e quelle del nuoto sono il 45% del totale. Ok, in sport come il calcio le giocatrici tesserate sono il 2%, disincentivate dal fatto che per loro è più difficile diventare professioniste. Ma non è più impossibile, perché anche in quel settore i politici hanno cominciato a muoversi (ne ha parlato Marcello Frisone sul Sole24ore online, al link: https://www.ilsole24ore.com/art/sport-femminili-fondo-11-milioni-professionismo-e-tutele-lavoro-ADjpvVRB?refresh_ce=1).

Nonostante tutto la civiltà è in movimento, anche in Italia.

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Guido Tedoldi

Nato nel 1965 nel milieu operaio della bassa Bergamasca. Ci sono stato fino ai 30 anni d’età, poi ho scelto di scrivere. Nel 2002 sono diventato giornalista iscritto all’Albo dei professionisti. Nel 2006 ho cominciato con i blog, che erano tra gli avamposti del futuro. Ci sono ancora. Venite.

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