Niente da dire sull’iniziativa. Portare musica in piazza e per tutta la città non può che far bene alla musica. Teatri e sale da concerto sono i luoghi vocati per la fruizione di un certo tipo, qualitativamente parlando, di musica. Focalizzare l’interesse e l’attenzione dei cittadini per un’intera giornata (pomeriggio e sera) sulla musica “riservata” (classica) è sicuramente positivo e da incoraggiare. Soprattutto se il tutto è orientato sulla figura di Donizetti, nella sua città.
Ma quello che non va e che non solo lascia perplessi, ma suscita un certo disgusto è la direzione artistica votata e guidata da un unico parametro: il gradimento acritico, il divertimento purchessia, la meraviglia, non quella del “Poeta è il fin“, ma a qualsiasi prezzo. Fino a sfociare nel fenomeno da baraccone o nella pagliacciata. O, ancora, nell’operetta invece che nell’opera, com’è appunto il caso di un certo Gaetano Donizetti.
Quel ch’è peggio: tirare in ballo ad ogni costo Donizetti per giustificare qualsiasi operazione spettacolare, edonistica o similmusicale. Va tutto bene, figuriamoci. Oggi poi in un contesto dominato dell’effimero mediatico e dalla realtà virtuale, condita in salsa videocratica dell’immagine imperante. E delle fake news. Cultura poca o niente. Al massimo divulgazione e luoghi comuni.
E il voler far passare per Donizetti night o per l’ancora più improbabile e antistorica Donizetti revolution un minestrone infarcito di tutto e di più, con ingredienti a chilometro zero accanto a stravaganze senza etichetta, prodotti biologici insieme ad alimenti integrali non può che lasciare l’amaro in bocca. Ai più esigenti, d’accordo. O, ad andar bene, a tutti per carità.
Ma alla fin fine ammettiamolo: cosa resta di Donizetti? Della musica? Un maxi divertimentificio sonoro? Una serata diversa passata in mezzo a tanta gente che va e che viene all’insaputa di un Gaetano entrato nel Pantheon dei compositori di opera lirica? L’ennesima soddisfazione per il sold out di gelaterie, bar, ristoranti ecc…? L’ennesima autoreferenziale celebrazione di un regista, per i più maliziosi troppo inesperto di storia della musica che arriva persino a sostenere che Donizetti fu profeta dei femminicidi (solo per stare à la page con il pettegolezzo invece che rispettare un doveroso silenzio sulla cronaca più atroce)? O che Verdi non avrebbe mai composto Traviata se prima Donizetti non avesse composto Favorite?
Questo voler sempre inseguire le mode, il mito di attirare i giovani, di svecchiare la tradizione, di costruire con la cartapesta una “realtà” già bella pronta e perfetta sotto gli occhi che senso ha? A che prezzo? Questo è il bello. Perché non dicono mai, non ci dicono mai, quante centinaia di migliaia, o milioni, di euro costa a tutti noi cittadini questa annuale fiera delle vanità? E questo continuo abbassare la cultura a fenomeno o epifenomeno da street food? Certo non contribuirà ad elevare il blasone di una città chiamata ad essere Capitale della Cultura (una volta solo nella storia. Purtroppo).