La Chiesa di Brembilla è una vera e propria cattedrale, progettata a fine Ottocento dall’architetto Elia Fornoni e realizzata sotto la direzione del capomastro locale, Francesco Gervasoni. E’ luminosa, le vetrate creano un gioco di luci che non ci si stanca di ammirare.
Con il sacrista scopriamo le sue meraviglie. Voluta dal parroco Don Pietro Rizzi, si fa per dire, perché una chiesa non nasce da una persona sola. Le misure indicate sulla pergamena esposta sono di 52 metri per la lunghezza e 20 metri d’altezza. C’è un quadro del Ceresa, la Madonna coi Santi Maddalena e Pantaleone, nome che significa “leone in tutto”. I devoti committenti sono in ginocchio a perorare per le anime del Purgatorio. Le Via Crucis sono di Achille Locatelli, pittore di Almenno.
Sotto la chiesa è lo scurolo o cripta dove si scende per uno scalone, dedicata alla Madonna di Lourdes, volentieri utilizzata d’inverno e sufficiente per contenere i fedeli domenicali. Una lapide rivendica orgogliosamente la fedeltà dei brembillesi per Milano e l’insofferenza per Venezia. Riporta al tempo delle lotte tra guelfi e ghibellini, Brembilla ghibellina contro Zogno o San Giovanni Bianco guelfe, come si opponevano a Bergamo le nobili famiglie Suardi e Colleoni. Alla ricerca di alleanze potenti i Brembillesi erano per i Visconti di Milano. Poi arrivò Venezia e fu per Brembilla un disastro.
Guardando la Chiesa da fuori risalta il bianco del marmo di Carrara dei portali, le cuspidi, le finestre, la statua di San Giovanni. E toccando il portone in legno, così grande e esposto al sole e alle piogge, tanto auspicate, viene da pensare che non sarà facile verniciarlo. “Lo facciamo con le dovute procedure e materiali”
Sul sagrato mi fa osservare nel disegno del porfido i limiti della chiesa antica, abbattuta dopo l’entrata in funzione della nuova, campanile compreso. La si vede in una vecchia foto e non doveva essere male.
Il paese ha conosciuto l’emigrazione; dopo la guerra è rinato e si è industrializzato. Lui, il sacrestano, è stato in Sud Africa dove la moglie aveva i parenti. “Bella nazione e di gran lunga il paese africano più avanzato. Si usavano bancomat e carte di credito quando qui non si sapeva cosa fossero. Né c’era burocrazia e con una firma si comprava la casa”. Poi è arrivato Mandela e il paese della colonizzazione dei bianchi, prima olandesi poi inglesi, è diventato multietnico. Ha esteso provvidamente a tutti la cittadinanza. Si sono evitate vendette. Ma il Sud Africa non ha mantenuto lo stesso passo e certi problemi si sono aggravati, disuguaglianze, corruzione, ondate di violenza e saccheggi. “I miei parenti stanno comunque bene e di venir via non se ne parla”.
Le fabbriche a Brembilla sono state una ricchezza per tutti. Lui vi ha lavorato una vita, in una delle tante, a poche centinaia di metri da casa. Allora con gli straordinari si pagava il mutuo della casa. Di crisi in crisi sono sopravvissute e si sono rinnovate. Qualcuna per ragioni di spazio è andata in pianura. “Ma per i giovani oggi è un’altra storia”. “Ma cosa c’è da vedere a Brembilla?” “Il ponte allo svincolo di Sedrina, per esempio” “E le calchere, le fornaci da cui si ricavava calce per le case, dove si trovano? “Bisogna andar fuori, salire nel bosco”. Per andare in Val Imagna mi consiglia di passare da Laxolo, strada più breve e agevole. Consiglio subito accettato perché non l’ho mai fatta.
Brembilla era composta da una miriade di contrade. Laxolo è posto su un ridente pianoro leggermente incavato. Nel Quattrocento la chiesa faceva da pieve per tutta la valle e fu bruciata dai veneziani con le case intorno. Fuori della chiesa attuale, dedicata al Santo nordico Gottardo, c’è un mortaio, cimelio d’Africa nell’ultima guerra. Ad El Alamein gli italiani si erano battuti bene. Il tempo ha reso scure le tele che sono appese in alto per difenderle dai ladri come si usa ormai, purtroppo a scapito del nostro godimento.
In Val Imagna si va a visitare il Santuario della Cornabusa. Vi è ripetutamente richiamata la figura di Papa Giovanni XXIII. Amava ricordare che le sue radici erano qua, in Val d’Imagna. Secondo lui, che gli archivi aveva frequentato, la famiglia veniva da Cepino, proprio sotto il Santuario. Annualmente si recavano a piedi, nei tempi in cui le montagne si scavalcavano e non si aggiravano, e avevano sempre qualche parente per appoggiarsi, come a Cà de Rizzi vicino a Pontida dove abitava la nonna paterna. D’estate si svolge un pellegrinaggio della Diocesi da Sotto il Monte al Santuario, 30 chilometri, calcolato in sei ore di percorrenza. Siamo saliti per il Sentiero delle Cappellette. Il fondo della grotta gocciolava. L’acqua fortunatamente scorre ancora e continua il suo lavoro di erosione.
Link utili:
Comune di Val Brembilla
Mangiare a Brembilla
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