La storia è semplice. Il primo Conte (Movimento 5 Stelle e Lega, ndr.) ha toccato il sancta sanctorum del CONI di Malagò per sbloccare decine di milioni verso la promozione sportiva e gli sport minori; lo stesso Giovanni Malagò è corso al Comitato Olimpico Internazionale a perorare la causa dell’esclusione di bandiera e inno italiani dai giochi olimpici a Tokyo, per punizione. Invece che lapidarlo sulla pubblica via, il secondo Conte, ma non ancora terzo, ha calato le brache e approvato un decreto che riconsegna a Malagò tutto il bottino, con tante scuse.
Ma quale sovranità, ma quale Europa, ma quale troika: l’Italia non ha l’autorità per decidere nulla, neanche come usare i soldi del pallone. In questo paese ogni consorteria senza dignità fa quel che vuole e se non ci riesce si trova un alleato internazionale pronto a prendersi in cambio un pezzettino della ricca torta di un’Italia in svendita e allo sbando. È l’anno dantesco no?
E allora citiamo il sommo vate: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”.
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