In Argentina, patria per eccellenza del realismo magico, può accadere di tutto, laggiù non sai mai cosa è vero e cosa non lo è. All’inizio dei mondiali avevo scritto un post sulla competizione del 1942, svoltisi nella Patagonia argentina. Vinsero sorprendentemente gli indios Mapuche patagonici contro i favoritissimi tedeschi del fuhrer. Domenica sera invece hanno vinto i figli dei conquistadores dei Mapuche, gli argentini, in una serata da giocolieri e trapezisti durante la quale si sono fatti rubare il cielo per tre volte.
L’Argentina è terra di miracoli, o almeno ha gente che li sa fare, anche se spesso non hanno biografia, oppure ne hanno più d’una, come Maradona, che il miracolo lo fece nell’86, capace di fare nel giro di pochi minuti della stessa partita il gol della vergogna e quello dell’estasi, sintesi perfetta del sacro e del profano, il diez e il dios. Domenica il miracolo l’ha fatto la pulce Messi, un campione dalle carriera straordinaria. Ha aspettato l’ultimo respiro per prendersi e regalare l’unica cosa che gli mancava.
Maradona era nato a Buenos Aires, Messi 300 km più a nord, a Rosario, due città poste lungo il Camino Real che nel 600 i Conquistadores costruirono tra il Perù e l’Atlantico per portare l’oro degli amerindi alla regina: Maradona e Messi hanno portato in dono il loro oro, ma senza rubare nulla. Certo, per uno come Messi, nascere sul Camino Real e diventare il numero uno al mondo in blaugrana suona come uno scherzo del destino, ma siamo in Argentina, tutto può accadere, terra dai caratteri illogici, sospesa tra magia e dannazione, spesso surreale, crocevia culturale ed etnico, mix di musiche veloci e melodie malinconiche tramandate da immigrati e gitani in perenne transumananza.
Un po’ come i Balcani da noi in Europa: il docufilm di Emir Kusturica su Maradona ne è l’esempio. Kusturica è serbo, come lo era Sinisa, un altro che ha coniugato gli estremi dell’incredulità. Onore a Sinisa. Sono sicuro che il Gordo Soriano, che se ne sta “bello soddisfatto sul cerchio della luna“, l’ha fatto sedere accanto a sé. Hanno di che parlare. Sicuramente saranno felici per Messi Lionel, final ma non triste y solitario.
“Una donna, la più grassa e colorata a festa, andò incontro al pallone che cadeva da molto in alto, da chissà dove, e con un tocco lieve di testa lo lasciò adagiare davanti ai pali affinchè un ballerino scalzo che rideva a crepapelle lo mettesse in gol di destro”. E’ il gol-vittoria dei Mapuche nel 42. E’ la descrizione più bella di un gol che abbia mai letto. Come è bella la scritta nella foto che allego, scattata alla Boca di Baires, se non puoi prendere il treno, comprati un libro, sarà comunque un viaggio bellissimo.
Post Scriptum
Nel post d’inizio campionato avevo scritto che l’Italia non era presente con la sua squadra, però aveva mandato 560 soldati per la sicurezza. Mi devo correggere, la nostra presenza è stata molto più importante, come sta emergendo col Qatargate. Niente onore e niente magia, ma soldi, valigie piene zeppe di soldi come nella nostra migliore tradizione. Italian Connection, figura di emme, ma tranquilli, come al solito tireremo a campare difendendoci ed attaccandoci tra di noi in cagnesco, nei soliti duelli destra-sinistra e nord-sud.