Impariamo dalla Scuola di Mileto. Non è la grande filosofia di Socrate, Platone, Aristotele, ma la prepara. Mileto era città sulla costa turca, allora Asia Minore, città colonica, crocevia di commerci e di scambi culturali, lontana dalle potenti Sparta o Atene, perciò più libera. Tre filosofi vi operano: Talete, Anassimene, Anassimandro. Sono accomunati dalla curiosità, dalla fertilità delle loro proposte, dalla meraviglia con cui si pongono davanti alla natura e dall’arditezza speculativa. Di questo spirito abbiamo bisogno oggi per scuoterci dal nichilismo che ci avvolge e che il consumismo tenta inutilmente di colmare.
Riscopriamo la meraviglia di Talete che incantato dal cielo stellato cade in un pozzo. Cerca l’arké delle cose, l’essenza, che aiutato dal mito vede nell’acqua. L’acqua è dovunque, indispensabile ai viventi, fonte di vita. Le cose sono acqua nonostante la loro mutazione. Spettatrice della disavventura di Talete è una ragazza tracia che lo deride e rimprovera: “guarda dove metti i piedi!”. Eppure Talete non soffoca la sua curiosità, continua a interrogarsi e a guardare in alto. Con successo: si racconta che seppe predire un’eclisse di sole e che intuendo dalla stagione una raccolta abbondante di olive comperò i frantoi della città, con un notevole tornaconto economico. Di filosofia si può vivere.
La Scuola di Mileto si fonda sul dibattito – non quella di Pitagora – come lo sarà l’Accademia di Platone e il Liceo di Aristotile. A Mileto si discute, c’è scontro di idee, polemos diceva Eraclito. L’uniformità appiattisce il pensare. La sintesi non è dietro l’angolo. Non è forse stato così nella storia della filosofia? Socrate inaugura un nuovo pensiero che Platone sviluppa e supera. Aristotele esce dalla scuola del maestro per fondarne una propria. La filosofia cristiana presenta un variegato panorama di opinioni. Per Galileo la natura è un libro aperto ma bisogna conoscerne la lingua, e la si studia entrandoci. La scuola deve permettere allo studente di dibattere, verificare il proprio punto di vista, affrontare le contestazioni, trovare una sintesi.
Nella scuola di Mileto non c’è il sacerdote che parla come nella scuola di Pitagora dove si ascolta il maestro, luce di Apollo, e il sapere scende dall’alto. Al discepolo si addice il silenzio, sul modello del sovrano persiano che va riverito. Invece Talete misura, fa calcoli, usa il metro che gli altri possono vedere. La sua scienza è aperta. Non si fonda su apparizioni, dove l’eletto è uno e gli altri sono chiamati a credere. A Mileto regna l’orizzontalità del sapere. Con i calcoli si smaschera l’errore, tutti sullo stesso livello, tutti liberi di dibattere.
In questa scuola c’è spregiudicatezza nel pensare ma richiede coraggio. E’ scuola dell’apeiron, l’indeterminato di Anassimandro: la realtà è materia indeterminata, le cose armoniosamente unite in origine poi si separano per far nascere il kosmos, mondo di opposti, luce tenebra, giorno notte, vita morte. Si pongono interrogativi sulla natura, il mondo, la vita, l’uomo, l’origine, e le risposte di Anassimandro, di Talete, di Anassimene, vanno oltre la mitologia.
La filosofia nella sua storia ha continuato a riflettere. Per Leibniz il mondo fatto di bene e di male, di gioie e di terremoti, è il migliore dei mondi possibili. Per Schopenhauer siamo a confronto con una volontà inarrestabile. Per Darwin la legge che domina la natura – ma la moglie lo contestava – è l’evoluzione.
Stupiamoci! ecco in succo il discorso filosofico della Scuola di Mileto. Non scandalizziamoci. Non chiudiamoci alla ricerca, perché finiremmo con buttar giù dalla rupe chi – così successe, secondo la leggenda, a Crotone – proclamasse qualcosa di inaudito come l’irrazionalità delle misure tra cateto e ipotenusa nel quadrato, pronti magari a proclamarla il giorno dopo come oracolo divino.
Sintesi di Mauro Malighetti della lezione di Matteo Saudino all’auditorium del Liceo Mascheroni di Bergamo (1 febbraio 2022) nell’ambito della programmazione di Noesis