Da più di una settimana ho messo le mie cose dentro due zaini e me ne sono andato da casa. Ho fatto un viaggio, sempre in auto, fino alla mia destinazione. Ho superato ponti e svoltato numerosi tornanti, attraversato strette gole e dato tutto il gas in corsia di sorpasso.
Dalla terrazza di fronte al portoncino di ingresso della casa, ricavato in larghe mura di un metro di pietra, vedo i paesi, i pascoli e i boschi dell’altro lato della valle. Se con lo sguardo seguo il fondovalle trovo varie quinte di monti che mi nascondono la pianura che sarà da qualche parte oltre. So che è là, ma non la vedo e non la sento. Alle spalle solo boschi, pinete, faggete e castagneti. Salendo si arriva fino al regno delle pietre e da lì a 360 gradi si vedono tutte le vette e tutte le valli.
I boschi sono attraversati da sentieri che un signore mio vicino — e badate bene vicino ad oltre mezzo chilometro di distanza — volontariamente pulisce e manutiene da anni. Ce ne sono abbastanza per perdersi: quello che va alla cascata, quello che sale al primo belvedere, quello che va alla chiesetta quattrocentesca, quelli che vanno a minuscoli borghi adagiati sulle falde della stessa montagna. Sentieri larghi, segnati e puliti a prova di cittadino imbranato, sono fortunato.
In mezzo al bosco, poco oltre la casa del benefattore dei villeggianti c’è un’azienda agricola con camere e ristorante. L’unica cosa che renda un po’ movimentato questo Mondo Piccolo. Nell’altra direzione alla stessa distanza c’è uno dei due bar del paese. La colazione è salva e spesso anche il pranzo, grazie alla cuoca. Nel paese che si sviluppa oltre il bar ci sono due drogherie e una pizzeria. L’essenziale e basta.
La chiesetta del Quattrocentro che raggiungo in mezz’ora dopo aver attraversato qualche pascolo e disceso per scalinate tra le case di roccia è anch’essa di roccia. Piccola, si entra da un lato, due file di banchi e, meraviglia delle meraviglie, interamente affrescata su ogni lato. Qui il barocco non è passato, grazie a Dio.
Se proseguo oltre, appena quaranta minuti, arrivo in una minuscola frazione dedicata all’eroe locale. Un frate sceso in pianura che ha fatto tanto e bene per i poveri. Nella metropoli tutti conoscono le sue opere, nessuno ricorda il suo nome. Qui attraversano le vestigia di un’antica via commerciale medievale, da cui passavano sete spezie e beni preziosi. Ultima propaggine a Occidente di una via della Seta che partiva oltre le mille e una notte. Seguendola si attraversano una serie di minuscoli borghi, autogrill per viandanti e muli di altri tempi. A un certo punto riprendo il bosco per buscare il levante da ponente e tornare a casa.
Sono solo, di notte si sentono le pecore. In alcuni pascoli ho visto poche mucche, mica mandrie. In un roccolo a 5 minuti di buona gamba ho incontrato degli asinelli. Ho anche fatto amicizia con tutti i cani proprietari di casa lungo i percorsi. E tra i ruderi di vecchie stalle abbandonate dietro casa ho scoperto una colonia felina, con i piccoli che si affacciano al primo piano dagli squarci dei muri franati. Sono diffidenti ma non schizzinosi e mangiano volentieri.
È l’alba, metto gli scarponcini e approfittando di una fresca e tersa mattinata salgo al Suchello, da lì vedo tutta la Val Serina, la Val Seriana, la maestosa Presolana, i dirimpettai Alben e Arera e cerco di spingere lo sguardo fino al culo del Resegone e al Pizzo dei Tre Signori. L’antico confine delle rotte medievali.
Ho appena iniziato a scoprire Costa Serina e la sua valle.