E non tanto e non solo perché la droga è una diretta causa di morte, con le conseguenze permanenti dell’assunzione prolungata, o indiretta, perché induce comportamenti che portano a morte violenta, ma perché tutto quello che gira intorno alla droga puzza di morte. Sono morti di droga il vicebrigadiere Cerciello Rega, il giovane atleta Sacchi e da ultimo il giovane e sfortunato Monteiro (che tutti sui giornali chiamano Willy). Ne ho pescati tre tra tanti, la cronaca nera scoppia di casi simili. Li ho scelti perché sono i primi tre che mi sono venuti in mente, sono recenti, eclatanti e discussi dai media e dall’opinione pubblica.
Sono morti un giovane servitore dello stato, novello sposo, un ragazzo italianissimo appena ventenne, sportivo e in salute cui non mancava davvero nulla e un altro giovanissimo cuoco figlio di immigrati capoverdiani, vittima del suo altruismo. Li hanno uccisi due sbandati e strafatti turisti americani, una banda di spacciatori delle borgate romane e la stessa fidanzata ucraina della vittima e dei picchiatori di provincia al soldo degli spacciatori.
Si intrecciano professioni, età, provenienze e culture diverse con un unico, un solo tratto comune a tutti questi casi: la droga. È la droga la causa, il movente, il contesto in cui il fatto tragico avviene e si consuma. La droga fa male e uccide: finché non lo capiremo e la società non lo riconoscerà, senza più bisogno di alcun dibattito, come uno stigma, al pari dell’alcolismo, le droghe non potranno mai essere legalizzate, a differenza dell’alcool. Nessuno si sogna di discutere se l’alcolismo, cioè la dipendenza dall’alcol, sia un male. Allo stesso modo essere drogati, cioè dipendenti dalle droghe, non può essere tema di dibattito.
La droga uccide ma non lo abbiamo ancora capito, vogliamo fingere che ci siano dei distinguo. E senza rendercene conto ci comportiamo come gli alcolisti che non riescono ad accorgersi del loro problema!