Seguo poco la tv e i media in genere, tuttavia in questi giorni non ho sentito fare menzione di Elio Petri nato Eraclio, che moriva quarant’anni fa, il 10 novembre 1982, a soli 53 anni. È stato uno dei più grandi registi che l’Italia abbia mai avuto, vincitore, tra gli altri, di un Premio Oscar, una Palma d’Oro, un David di Donatello e un Orso d’Argento, eppure è morto e dimenticato, scomparso dalla bocca e dalla memoria del nostro Paese.
Umano, troppo umano, e pertanto troppo fastidioso, fuori asse rispetto all’ideologia dominante dell’epoca e avverso ad ogni baciamano e assoluzione, anche alla sinistra cui pure apparteneva. Ha avuto la colpa di rappresentare in maniera stupendamente feroce le compulsioni di ognuno di noi, partecipi di una società capitalista mangiata e stravolta dall’ossessione del potere, del lavoro per arrivare al potere, e della brama di denaro. Per farlo ha stravolto anche attori famosi in parti inedite, sotto la sua regia Mastroianni non è l’eterno bel Marcello ma il “prete cattivo” che demolisce la DC e Aldo Moro pronosticandone la morte, e Ciccio Ingrassia da triste macchietta si trasforma in personaggio tragico: non ha potuto nulla su Gian Maria Volonté e Salvo Randone, eclettici e superbi di loro.
Non li danno mai i film di Petri, ma se anche fosse continueremo a non guardarli. Fanno male, ogni film è un pugno allo stomaco, ci provoca un grandissimo fastidio, quasi un conato, ci sbatte in faccia in modo feroce le nostre nevrosi, deformate nel grottesco crudele. Petri non fa cinema d’inchiesta come Rosi, fermandosi su un pur rispettabilissimo piano storico, no. Petri entra dritto nel personale, nell’anima di ognuno di noi, mostra il nostro lato peggiore, ci fa a pezzi e ce li sbatte in faccia, col loro carico di ipocrisia e cattiveria.
È uno sciamano, indaga e rovista l’inconscio (o l’anima, come preferite). La diagnosi è impietosa e perfetta, la cura è amara. L’Aldo Moro di Todo Modo è destinato a morire: glielo dice il “prete cattivo” Mastroianni, e così accadrà, nel film come nella realtà, due anni dopo soltanto. Il Lulù Massa operaio inviso ai colleghi perchè crumiro e fanatico del cottimo, si ravvede e si pone a capo degli operai nella lotta per i loro diritti, ma darà enorme fastidio ai sindacati, che si trovano espropriati della loro egemonia e lo combatteranno: insomma, un coraggioso impietoso di fronte al potere e alle sue ingiustizie, di qualsiasi colore, pienamente calato nel suo tempo, e fermamente ignorato dal suo tempo e dal tempi a venire.
Se non vogliamo pensare, riflettere, provare disagio, andare oltre la chimera del potere e del denaro per tenerceli e gustarceli come nevrosi, non guardiamoli i film di Elio Petri. Corriamo il serio rischio di ritrovarci molto meno belli di quelli che pensiamo (o fingiamo) di essere. Del resto, se ha rotto i coglioni alla politica, alla Chiesa, alla magistratura, al cittadino medio, senza poter essere tacciato di qualunquismo (o populismo, al giorno d’oggi), un motivo ci sarà.
Non li danno mai i film di Petri, ma se anche fosse non guardiamoli, mettono a nudo Potere e Denaro, le uniche cose che ci inebriano, fino a credere di essere cittadini al di sopra di ogni sospetto, e di pensare che anche la classe operaia possa andare in paradiso. Ci sono tanti bei programmi di svago in TV, perché rovinarci la serata? Del resto, ne era perfettamente consapevole, “La gente ne sa abbastanza della sua infelicità e non vuole sentire parlare. Vuole divertirsi”.
Tantissimi i dialoghi/monologhi da segnare, ne riporto un paio, laceranti: le sole parole non rendono quanto le superbe interpretazioni dei protagonisti, ma ci accontentiamo:
In Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, uno straordinario Volontè (che interpreta un commissario di polizia reazionario e colpevole di aver assassinato una donna) indica ad un centinaio di rappresentanti delle forze dell’ordine la strada da seguire per la giustizia, che deve tendere a reprimere e non a rieducare: «Sotto ogni criminale può nascondersi un sovversivo e sotto ogni sovversivo può nascondersi un criminale. […] L’uso della libertà minaccia da tutte le parti i poteri tradizionali, le autorità costituite, l’uso della libertà che tende a fare di qualsiasi cittadino un giudice, che ci impedisce di espletare liberamente le nostre sacrosante funzioni. Noi siamo a guardia della legge, che vogliamo immutabile, scolpita nel tempo. Il popolo è minorenne, la città è malata: ad altri spetta il compito di curare e di educare, a noi il dovere di reprimere! LA REPRESSIONE È IL NOSTRO VACCINO! REPRESSIONE È CIVILTÀ!».
In Todo Modo un inedito e strepitoso Marcello Mastroianni, nella parte di sacerdote, si rivolge ad un gruppo di parlamentari verosimilmente democristiani, capeggiati dal Moro-Volonté, riunitisi in una struttura segreta per degli esercizi spirituali: «Le vostre mani, guardatele… Il potere che esse stringono le sta bruciando. Sì le sta bruciando! Il peccato non esiste se non c’è il potere ad esercitarlo. Voi avete il potere e non ponete limite al vostro potere ed al peccato! Ma quanto tempo credete che vi rimanga? Il potere uccide! Ha già ucciso! […]», per finire con le accuse dirette personalmente al Moro-Volontè: «Sei come i tuoi elettori: cinico e feroce. Segui il tuo mandato fino in fondo… Tanto cadremo insieme! Tu, con i tuoi ricchi impostori che ti tengono al governo solo per proteggerli dai poveri… Io con il mio stupido gregge innocente peccatore che aspetta solo il viatico per l’altro mondo…». Fine, The end. Dimenticato da tutti ma non dalla Storia, che continua a dargli ragione.