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Dopo la 60ma edizione rivolta alla musica del novecento, il cartellone del 61° Festival Pianistico Internazionale Brescia-Bergamo 2024 ha puntato su “Vienna Skyline omaggio ad Anton Brukner“. Ovvero una immersione musicale tra i massimi compositori per pianoforte e di sinfonie, attraverso 17 concerti e 5 conferenze in entrambe le città. L’omaggio a Brukner, nel bicentenario della nascita, ha inaugurato il Festival con l’esecuzione della quarta sinfonia con l’orchestra Stuttgarter Philarmoniker diretta da Dan Ettinger

Nel pur ricco cartellone, due sono stati i concerti di altissimo profilo artistico e interpretativo, al netto dei recital pianistici di assoluto spessore dovuti al talento indiscutibile di musicisti che rispondono al nome di Arcadi Volodos e Grigory Sokolov.

Il primo quello di Jordi Savall in veste di direttore alla guida del “suoLe Concert des Nations che ha proposto una rivisitazione semplicemente vertiginosa dell’ottava e della nona sinfonia di Schubert. Esecuzione ineccepibile in cui l’accuratezza e il fascino filologico (che da sempre caratterizzano la ricerca di Jordi Savall) si sono naturalmente integrati con l’esaltazione del fraseggio espressivo e della purezza drammaturgica.

Il secondo (e su questo ci soffermeremo con maggiore interesse) quello interpretato da András Schiff nella duplice veste di direttore e pianista con una ineguagliabile Chamber Orchestra of Europe simbolo non solo della meglio gioventù musicale del nostro continente ma anche,  nell’imminenza delle elezioni in tutte le nazioni della UE, di esempio auspicabilmente imitabile di fusione e integrazione solidale ancorché condivisiva e, ca va san dire, pacifica .

Andras Schiff si è presentato subito con una concertazione mozzafiato delle Variazioni su tema di Haydn Op. 56 a di Brahms: sonorità primigenie dove silenzio e suono si compenetravano senza soluzione di continuità annullando delimitazioni di confini. Conferendo così risalto alla morbidezza e alla pienezza dei timbri strumentali, al rilievo delle sottigliezze dinamiche, all’emozione dei respiri e dei fraseggi espressivi. Una convincente oltre che coinvolgente lezione musicale  e di interpretazione orchestrale. Il tutto a memoria, gestualità essenziale senza ausilio di bacchetta e nemmeno di podio, per essere il più empaticamente fuso alla compagine strumentale.

La seconda parte (di un programma sapientemente studiato e interconnesso oltre che analiticamente preparato) vedeva protagonista esclusivamente l’orchestra con suoi 4 solisti di prima grandezza ancorché giovani: il primo violino (e spalla della C.O.E) Lorenza Borrani, il primo oboe Olivier Stankiewicz, il primo fagotto Rie Koyama e il primo violoncello Richard Lester. La loro Sinfonia concertante in si bemolle maggiore Hob 105 di Haydn ha raggiunto vertici d’intensità dialogica davvero affascinanti, dove ritmo, agogica ed equalizzazione sonora esaltavano l’inconscio e il conscio del pensiero haydniano. 

La conclusiva terza parte riservava il celebre quanto imperscrutabile Primo Concerto per pianoforte e orchestra in re minore op  15 di Brahms. Avrebbe dovuto essere l’apoteosi del pianista András Schiff. Invece il settantenne solista di Budapest è risultato un po’ sotto le aspettative. Pur occupandosi quasi esclusivamente della tastiera, lasciando libera l’Orchestra collaudata come un perfetto meccanismo ad orologeria  ha mostrato segni di stanchezza e qualche fragilità tecnica e formale nell’inafferrabilità strutturale del pianismo dell’op. 15 brahmsiana. In ogni caso quello che è mancato nel pianismo,  Schiff lo ha ampiamente profuso in una meticolosa quanto esaltante ricerca sonora. Ricerca che, nella sua percezione acustica-emotiva, faceva dimenticare gli strumenti ( orchestra) da cui proveniva.

Concerto di rara fruizione che ha visibilmente entusiasmato il pubblico festivaliero delle grandi occasioni

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