Passeggiare a San Pellegrino Terme è piacevole usanza? Assolutamente. Si lascia l’auto alla prima stazione della vecchia ferrovia dove passa la ciclabile – frequentata, la domenica poi! – sul tracciato del treno e si costeggia il Brembo.
Al mattino la Chiesa parrocchiale è illuminata dal sole. E’ dedicata al Santo Pellegrino, tra i seguaci della nuova fede quando gli imperatori cominciarono a preoccuparsi dei loro altari deserti. Pellegrino dovette essere quando fu inviato vescovo in Gallia.
“Con la siccità che non demorde ne risentono le terme e l’acqua imbottigliata?” chiedo a due anziani seduti sulla panchina fuori della Chiesa. “Nessun problema, l’acqua c’è e in abbondanza. Basta andare a Vetta per rendersi conto della gettata d’acqua che esce”. A Vetta arriva la funicolare che stanno provando per l’apertura anticipata dopo il successo della scorsa stagione. Uno striscione fuori riproduce istantanee di inizio Novecento allora in un affollato Hotel Vetta. Stanno creando poco sopra un parco tecnologico dedicato all’acqua dov’è l’acquedotto alimentato dalla fonte del Boione. Verrebbero collegate quelle che si chiamavano “grotte delle meraviglie”. I lavori vanno a rilento. Succede, come per le chiese di un tempo che cominciavano in un secolo e finite nel successivo, secondo le offerte dei fedeli o la magnanimità di qualche ricco mercante in cerca di redenzione.
Risalta la sagoma del Grand Hotel, luogo che ha segnato il passaggio di personaggi famosi, principi e magnati, poeti e artisti. Era stato proprio dopo un convegno di scrittori a San Pellegrino davanti ad uno sparuto pubblico di villeggianti che Tommasi di Lampedusa aveva deciso di scrivere Il Gattopardo. La spinta gli venne – come rivela Giorgio Bassani nella prima edizione economica della Feltrinelli (1963) e che ho gelosamente conservato – quando nel Convegno il principe di Lampedusa sentì Montale fare l’elogio del cugino Lucio Piccolo, salutato come nuovo poeta con il quale lui, Il Lampedusa, era giunto da Palermo. “Ci pensava continuamente ma non si decideva mai a cominciare”. Tornato nella sua Sicilia, nel giro di pochi mesi compose il capolavoro, appena in tempo perché poco dopo sarebbe morto.
La Chiesa di San Pellegrino è stata completamente ruotata rispetto all’originaria costruzione medievale con l’abside verso Oriente. Rifatta alla soglia della modernità fu ampliata nel Settecento su disegni dei Caniana, una famiglia di architetti. Ospita una Deposizione dei Santacroce e una Annunciazione del pittore clusonese Cifrondi che raffigura Maria giovane in dolce attesa, tela che prima di Natale avevo visto sull’altare in un creativo allestimento conforme al calendario liturgico.
Su un lato del sagrato c’è l’Asilo intitolato a Bruno Granelli, tra i primi azionisti della Società Termale.
Il nucleo storico del paese si raccoglieva intorno alla chiesa. Dall’altra parte del fiume c’era Piazzo – la Stazione ferroviaria si chiamava San Pellegrino Piazzo – e attraverso l’unico ponte si arrivava alla Chiesa dedicata a San Nicola da Tolentino. La devozione a questo Santo marchigiano può essere collegata alle lotte tra Guelfi e Ghibellini – il paese era guelfo – essendosi prodigato il frate nella pacificazione delle fazioni. La Chiesa faceva parte di un convento degli Eremiti Agostiniani, estintosi nel Settecento. Nulla di più facile vedere sotto il ponticello medievale i canoisti che si allenano, prima guadagnando la risalita da un anfratto all’altro, poi lasciandosi trascinare dalla corrente in un gioco di equilibrio tra i massi disseminati fino allo slargo di acqua tranquilla.
Perché due stazioni? “A parte le Terme c’era una cartiera che dava lavoro ad altrettanti operai come a San Giovanni Bianco che è stata sostituita dalla SMI, ditta leader che produce macchinari per imballaggio”.
Al ritorno val la pena fermarsi al Tempio della Vittoria, ora dei Caduti. Su progetto di Luigi Angelini la Chiesa mausoleo s’inseriva nel contesto della San Pellegrino Liberty. La Prima Guerra era stata il suggello dell’Unità d’Italia. C’è pure una targa che ricorda la vicinanza del vescovo e poi patriarca di Venezia Angelo Roncalli che negli ardori giovanili aveva salutato con entusiasmo la guerra patriottica che oggi vediamo con altri occhi. Le opere in ferro battuto sono state realizzate dal fabbro Tironi di Sedrina, perché senza una maestranza locale certe opere non sarebbero sorte.
Link utili:
Comune di Mandello Lario
Mangiare a Mandello Lario
Leggi anche: Il museo della Moto Guzzi a Mandello Lario. Ma non solo