Decidono tutto loro: “Un diluvio di spettacoli sta per invadere la città per il Donizetti Opera Festival 2023″ dal 16 novembre al 2 dicembre. Se la suonano e se la cantano, sempre come vogliono. E danno i numeri che vogliono, loro. Perché nessuno può controllarli. E si autoapplaudono.
Loro, i soliti noti, sempre lì in prima fila a farsi ritrarre per comparire esaltati sui media mainstream: responsabili del Teatro Donizetti, della Fondazione Donizetti, dell’Amministrazione Comunale senza dimenticare Francesco Micheli, il direttore artistico, acriticamente ascoltato dai precedenti soliti noti. Manco fossimo la Città di Bengodi, sempre pronta a scucire soldi dei bergamaschi per finanziare idee e trovate che spesso sconfinano nel burlesque e nelle parate.
Specchietti per le allodole, per distogliere gli occhi dalla sostanza di eventi musicali, lirici, culturali qualificati e qualificanti, di vero richiamo internazionale, che invece non sanno o non vogliono fare. Prendiamo il mega circo messo in piedi per qualificare Bergamo Capitale della Cultura con un’opera lirica innovativa e strabiliante come Raffa in the Sky che nulla c’entrava con Bergamo, Donizetti e la musica un po’ seria. Ma fortemente imposta dal Micheli per omaggiare chissà chi. Un fiasco totale. Nessuno (fuori dalle serenissime mura) ne ha parlato con cognizione di causa se non riportando preconfezionati comunicati stampa ovviamente celebrativi. Al netto però del milione e duecentomila euro versati per questa follia artistica.
Ma torniamo al diluvio universale: una attestazione delle loro menti capaci di produrre il non plus ultra. Una pioggia torrenziale di eventi in poche settimane, disposta da meteorologi sicuri e certi del verificarsi delle previsioni da loro stessi elaborate. Cari bergamaschi preparatevi: sarete inondati (senza preavviso della protezione utenti) da tali e tante proposte galanti e galattiche che non saprete quale ondata spettacolare seguire. Non è difficile prevedere che, passato il diluvio, nessuno si sarà accorto di niente. Tuttalpiù: tanto rumore per nulla.
Dunque un diluvio di 55 spettacoli in 18 giorni! Una vera indigestione (pardon alluvione, come dicono loro, parafrasando pedissequamente l’omonimo titolo donizettiano in cartellone) di eventi lirico-donizettiani. Uno si aspetta opere, concerti, grandi musicisti, cantanti, direttori, registi. Invece 3 opere, una farsa, una rave-opera (totale 5) a fronte di 50 intrattenimenti, convegni, film, laboratori, cacce al tesoro. Peraltro non specificati, buttati lì sul piatto dorato del DOF, ahimé. Per far numero (fumo negli occhi, diciamo noi).
L’appassionato di musica, il musicofilo, il patito per la lirica si chiede: che razza di festival donizettiano sarà mai? Poca roba per Gaetano che invece avrebbe dovuto essere l’emblema di Bergamo capitale. Domanda dal sen fuggita: quel milione e 200 mila euro non potevano essere devoluti, Micheli placet, in un grande Festival Donizetti? E i bergamaschi si chiedono: dopo un anno di proclami culturali che avrebbero dovuto lasciare il segno, cosa è cambiato?
Più eventi rispondono “loro”. Più o meno, in quanto si sono rivisti i soliti programmi e cartelloni di sempre (a parte l’originale Raffa in the sky venduta per opera lirica ma indegna persino di un musical come si deve). Più turisti? Neanche. Perché l’aumento registrato (sempre mordi e fuggi comunque) è identico (a volte persino inferiore) alle altre città lombarde e finanche di tutta Italia (vedi statistiche Ministero del turismo): il 2023, dati alla mano, ha registrato un forte aumento turistico sull’intero territorio nazionale. Capitale o non capitale. Lecco, per citare la più limitrofa, ha incassato quasi il doppio di presenze.
Bergamo conta di più. Magari. Si viene a Bergamo perché c’è l’Oriocenter e l’Atalanta. Non certo per il Teatro Donizetti che con lo spettacolo sulla Carrà ha toccato il fondo di prestigio. Dulcis in fundo, oltre il danno la beffa: giunge da Madrid notizia del grande musical sulla Raffa che nel 2024 verrà esportato in tutto il mondo e in tutta Italia. Un corto circuito che dovrebbe deflagrare all’interno delle “stanze” del Comune e della Fondazione. E far riflettere. Finalmente. Perché Bergamo non sia più capitale di turisti per caso.