E’ stato Platone a introdurre il concetto della distinzione tra il mondo sensibile e il mondo delle idee, che è uno dei pilastri fondamentali della sua filosofia. Il mondo sensibile e il mondo delle idee sono due realtà distinte che rappresentano rispettivamente il regno delle apparenze e il regno delle verità eterne e immutabili.
Tu saprai certamente che coloro che si occupano di geometria, di aritmetica e di altre questioni del genere, suppongono il pari e il dispari, le figure, tre specie di angoli e altre cose simili, a seconda dell’oggetto della propria ricerca, e, ammesse per conosciute queste cose, le erigono a ipotesi e ritengono di non doverne dare più ragione né a sé ne agli altri, come se fossero principi assiomatici per tutti, e, partendo da questi, passano a trattare tutto il resto deducendo così di conseguenza in conseguenza quella conclusione in virtù della quale avevamo preso le mosse (…). Sai anche che si servono di figure visibili e che ragionano su queste figure, senza tuttavia pensare ad esse in quanto visibili, ma alle altre, a quelle di cui queste sono immagine: e cioè discorrono di quello che è il quadrato in sé, della diagonale in sé, e non della diagonale che essi tracciano; e lo stesso si ripeta di tutte le altre figure: di queste figure che modellano e disegnano (…) si servono come di immagini, per giungere invece a cogliere altre forme, ciò che è, e che non altrimenti si potrebbero vedere se non attraverso il pensiero discorsivo (Repubblica, 510c -511a)
Le idee pur non appartenendo al mondo sensibile sono accessibili tramite il pensiero e il ragionamento (un quadrato, preso nella sua più stretta concettualità non può materialmente esistere, ma si può presentare ai nostri occhi e al nostro intelletto come una piazza quadrata, ad esempio, oppure un tavolo della stessa forma, o ancora, e passiamo a quelle definite idee valori, potremmo apprezzare una cosa bella, una bella persona, un bel ritratto, ma non il bello come idea in sé).
Nella sostanza, per Platone, l’infinita varietà delle cose che esistono e che giungono ai nostri sensi possono sfuggire alla loro assoluta indeterminatezza perché trovano nelle idee la propria causa e fondatezza, la propria corrispondenza. Esse sono, quindi, causa e giudizio di tutte le cose. E’ infatti solo grazie alle idee (accessibili come abbiamo detto tramite il pensiero) che possiamo dare valutazioni, giudicare e orientarci nella realtà esistente e per noi il mondo è comprensibile e intelliggibile. Ad esempio, diciamo che due cose sono uguali sulla base dell’idea dell’Uguaglianza, oppure diciamo che un certo comportamento è giusto sulla base dell’idea di Giustizia, o, ancora, che una statua è bella perché conosciamo l’idea della Bellezza.
E quindi, prima che noi cominciassimo a vedere, a udire e a percepire con gli altri sensi, noi dovevamo avere, necessariamente, in qualche modo, già una conoscenza dell’Eguale in sé e della sua realtà, perché altrimenti noi non avremmo mai potuto paragonargli le eguaglianze sensibili, né pensare che, pur aspirando ad essergli simili, queste ultime gli restavano inferiori. (Fedone, XIX)
Platone esprime il senso di questa “presenza” del mondo ideale nel mondo sensibile, sostenendo che fra queste due differenti realtà c’è una relazione di imitazione (mimesi) perché le realtà materiali sono costruite sul modello delle idee e delle quali però sono soltanto imitazioni imperfette (ricordiamo che nell’orizzonte culturale dei greci non esiste alcuna creazione, i greci non sono creazionisti come lo sono le religione monoteiste), di partecipazione (metèssi) perché ad esempio i singoli uomini partecipano dell’idea di uomo, i singoli cavalli partecipano dell’idea unica di cavallo e, infine, di presenza (parousìa) le idee sono presenti nelle cose; il cavallo è cavallo e non cane perché in esso c’è l’idea del cavallo, la sedia è sedia e non letto perché in essa c’è l’idea di sedia, ecc.
Quello che vuole fare Platone, spezzando ogni legame con il passato, è di allontanare ogni rischio di disgregazione ad opera del relativismo e l’instabilità e l’anarchia del divenire. Per Platone i giudizi sulle cose non sono e non possono essere relativi. Se io dico che quella donna è bella, non intendo, alla maniera sofista, che quella donna mi piace, ma voglio dire che quella donna è oggettivamente bella. Questo perché l’idea di bellezza non è qualcosa che possa essere corrotto dalle opinioni e dalle prospettive soggettive, ma è un’entità assoluta e intoccabile. Se io dico che quella persona è saggia, non intendo dichiarare quello che è il mio punto vista circa la sua saggezza ma intendo dire che è oggettivamente saggia perché imita e partecipa dell’idea perfetta della saggezza, e così via.
Dopo aver spiegato cosa sono le idee, come si classificano e che rapporto hanno con le cose sensibili possiamo meglio comprendere alcuni passi delle opere platoniche nelle quali tale argomento trova trattazione:
Nell’Eutifrone Platone fa dire a Socrate:
Non è il santo, come tale, identico sempre a se stesso in tutte le azioni? E non è, a sua volta il non santo il contrario di tutto ciò che è santo, ma identico sempre anche questo, come tale, a se stesso; cosicché viene ad avere (…) una sua forma (idea) unica relativamente alla sua non santità? (Eutifrone, 5c-d).
E ancora nell’Eutifrone:
Ti ricordi che non di questo io ti pregavo, di indicarmi una o due delle molte cose che diciamo sante; bensì di farmi capire che cosa è da sola quella tale forma del santo per cui tutte le azioni sante sono sante. Dicevi, mi pare, che per una forma (idea) unica le azioni non sante non sono sante e le sante sono sante; o non ti ricordi? (…). E allora insegnami bene questa forma (idea) a sola qual è, affinché io, avendola sempre davanti agli occhi e servendomene come modello, quell’azione che le assomigli, di quante tu o altri possiate compiere, questa io dico che è santa, quella che non le assomigli dica che non lo è. (Eutifrone, 6d-e)
E poi nel Fedone:
Torniamo ora, egli disse, a ciò di cui ragionavamo precedentemente. La realtà dell’essere, che è ciò di cui interrogando e rispondendo siamo soliti dare la definizione, permane invariabilmente costante o è variabile. L’eguale in sé, il bello in sé, e insomma ogni data cosa che è in sé, l’ente c’è mai caso che patisca mutazione veruna, sia pure in qualunque modo? Oppure, ciascuna di queste cose che è in sé, che è uniforme in quanto si consideri esclusivamente in sé, permane invariabilmente costante, e non si dà mai caso che per nessuna via e per nessun modo patisca alterazione veruna? -Necessariamente, o Socrate, disse Cebète, permane invariabilmente costante. -E dimmi: che pensi tu delle infinite cose, come uomini, cavalli, vesti e così via di tutte le altre quali esse siano o eguali o belle, e insomma di tutte quante alle quali diamo lo stesso nome che alle cose in sé? Permangono esse costanti, oppure tutto il contrario che a quelle, non si dà mai che conservino lo stesso rapporto, né esse rispetto a se stesse né le une rispetto alle altre, e insomma non siano mai per nessun modo costanti? -Vero anche questo, disse Cebète, non sono mai allo stesso modo. -Bene: e tu codeste cose puoi toccarle, puoi vederle, puoi comunque percepirle con gli altri sensi, ma quelle che permangono costanti non c’è altro mezzo col quale tu le possa apprendere se non col pensiero o con la meditazione: perché quelle di questa specie sono invisibili e non si possono percepire con la vista. Non è vero? -Perfettamente vero, egli disse, è questo che dici.- (Fedone, 78d).
STORIA DELLA FILOSOFIA. TUTTE LE LEZIONI PUBBLICATE
Lezione 1: Le origini della filosofia in Grecia. La scuola ionica
Lezione 2: Eraclito, filosofo del Panta rei
Lezione 3: Pitagora, non solo filosofo ma taumaturgo e astronomo
Lezione 4: Parmenide e le vittime dell’illusione dei sensi
Lezioni 5: I paradossi di Zenone. Vi dicono qualcosa Achille e la tartaruga?
Lezione 6: Anassagora e i semi originari della materia
Lezione 7: Empedocle e le quattro radici: fuoco, aria, terra e acqua
Lezione 8: Democrito, padre della fisica
Lezione 9: La sofistica. Come si monetizzava nell’antichità con la filosofia
Lezione 10: Protagora. L’uomo è misura di tutte le cose
Lezioni 11: La filosofia di Gorgia su essere, conoscenza e comunicabilità
Lezione 12: La tragedia greca con i quasi filosofi Eschilo, Sofocle ed Euripide
Lezioni 13: Eschilo, padre della tragedia greca
Lezione 14: Sofocle e l’innovazione della tragedia greca
Lezione 15: Nella tragedia greca di Euripide stranieri e servi entrano in scena
Lezione 16: La filosofia di Socrate così spaventosa per politici e potenti
Lezione 17: Socrate e il rifiuto di filosofare per iscritto
Lezione 18: Socrate. Le affinità con i Sofisti e con Platone
Lezione 19: Antropocentrismo filosofico di Socrate
Lezione 20: Socrate e la consapevolezza della propria ignoranza
Lezione 21: Ironia come metodo
Lezione 22: La maieutica di Socrate per un genuino punto di vista sulle cose
Lezione 23: Il tì èsti di Socrate (che cos’è?) e la nascita della parola concetto
Lezione 24: Il significato della virtù per Socrate, non dono ma conquista
Lezione 25: La scienza del bene e del male e l’arte del saper vivere
Lezione 26: La religione in Socrate
Lezione 27: Le scuole socratiche: megarica, cinica e cirenaica
Lezione 28: Introduzione alla filosofia di Platone
Lezione 29: La vita di Platone, filosofo e lottatore
Lezione 30: I primi dialoghi di Platone e l’influenza di Socrate
Lezione 31: L’Iperuranio e il concetto di idea in Platone
Fonte immagine di copertina: Depositphotos