La polemica del Ferragosto degli italiani non poteva essere più calda. Le dimissioni lampo del ct della nazionale Roberto Mancini e le successive vicende sulle sua successione hanno scatenato un terremoto mediatico.
Punto primo: il modus operandi, alquanto frettoloso, con la quale Mancini ha dichiarato la sua volontà di recedere dall’impegno in Nazionale a pochi giorni dalle partite di qualificazione.
Punto secondo: sulla nomina del successivo ct caduta sull’ex tecnico del Napoli, Luciano Spalletti, sottolineo due questioni.
In prima istanza se Spalletti accettasse l’incarico sarebbe in contraddizione con ciò che aveva dichiarato a margine dell’evento “Inside the Sport 2023, il calciomercato tra business e passione: “A De Laurentiis ho detto subito per rispetto alla società che ho bisogno di stare fermo per un anno, sono un po’ stanco e voglio stare con mia figlia Matilde. … Ma non c’è nulla che mi farà cambiare idea, da piccolo mi hanno insegnato che si diventa grandi quando si è responsabili delle proprie decisioni. … Ora poi devo allenare Matilde. Ho una figlia piccola con la quale non sono mai stato assieme e ora voglio starci, e inoltre ho bisogno di riposarmi perché effettivamente mi sento stanco e devo stare un po’ in disparte”. (fonte ANSA)
In secondo luogo sia lui che De Laurentiis hanno controfirmato una clausola che obbliga un indennizzo in caso di approdo in un’altra squadra entro l’anno. Ci si chiede se la clausola possa essere rescissa per ragioni di stato dove la nazionale risulti esente dagli accordi o da contratti fra privati. Un tutto questo marasma dove pure la Gazzetta ha fatto fatica a schierarsi con un editoriale molto democristiano (“La Nazionale non può finire in tribunale“), l’unico a fare la figura del
“padrone” cattivo e arrogante è De Laurentiis, reo di voler manifestare il diritto al rispetto dei contratti e magari anche della parola data. Quest’ultima merce rara nell’Italia degli ultimi anni.
È un ennesimo episodio che ha connotazioni politico-sociali e anche culturali sulla decadenza che sta attraversando il nostro Paese.
Ci sono delle regole, ma per soggetti che hanno valanghe di soldi e pure dei ruoli istituzionali o quasi, che dovrebbero fungere da esempio, spesso, invece, pur di ottenere quello che vogliono non lesinano ad avvalersi di un esercito di avvocati pronti a ridiscutere pure le basi del diritto privato per rovesciare il tutto. E la beffa finale è il povero De Laurentiis, martoriato dall’opinione pubblica come “attaccato al vil denaro“. Come se gli altri attori in campo fossero da meno. Ma la differenza sostanziale che lui è l’unico che accetta il rispetto delle regole senza frignare.