Che posto è, per chi ci vive, l’Ucraina? Che posto è la Polonia? Che posto è la Cechia? Una risposta, datata 2019 – quindi prima della guerra, prima addirittura della pandemia da Covid 19 – ha provato a darla «Il principio del piacere», fiction poliziesca in 10 puntate prodotta in Polonia e ambientata anche negli altri 2 Paesi.
In sintesi è un posto dove le coscienze sono scosse, la corruzione e la grettezza dei potenti sono ancora la norma, la paura scorre come acqua nera nei canali di scolo, e qualche persona qua e là prova a vivere secondo un’etica più corretta. Soprattutto se di mestiere fa il poliziotto.
«Il principio del piacere» è scritto da Maciej Maciejewski e Dariusz Jablonski, è stato trasmesso su Rai 4 nel 2020 e in replica sullo stesso canale nelle notti di inizio maggio, ma si può vedere in streaming su Amazon.
Racconta di 3 ragazze che vengono ritrovate assassinate, sgozzate fino al dissanguamento e poi amputate del braccio destro. Corpi e braccia sparpagliate tra Odessa, Praga e Varsavia. Sulle loro morti indagano poliziotti delle 3 città, quella di Varsavia è una poliziotta. Il loro interesse, che con l’andare delle indagini diventa ossessione, è trovare il o i colpevoli.
Lavorano bene, così bene da pestare piedi di personaggi influenti. Ministri, avvocati, imprenditori dell’import export (che siano merci o anche persone) faccendieri dalla biografia quasi mai limpida. I loro capi tenteranno di fermarli, anche perché le indagini producono omicidi nel sottobosco di confine tra la legalità e il crimine.
C’è un omicidio o più per ogni puntata della fiction e proprio per questo i 3 poliziotti vanno avanti come rompighiaccio, senza curarsi del sottobosco medesimo. A loro interessa poco cambiare il mondo, e nemmeno pulirlo dall’immondizia umana. Anche perché sono nati e diventati adulti quando quel mondo era dietro una cortina di ferro e si difendeva con violenza quando veniva toccato.
Ma che almeno un assassino venga catturato, ecco, quello lo vogliono fare. I potenti di turno lo capiscono e forse addirittura lo approvano. Nonostante ciò provano a colpire i poliziotti, uno lo fanno rapire dai loro scagnozzi ma poi lo lasciano andare, tutti e tre avranno la carriera prevedibilmente danneggiata, dopo il finale (quando noi telespettatori non saremo più lì a sostenerli con il nostro, ehm, tifo).
I 3 inseguono l’assassino in Germania, quella nei paraggi di Berlino che vedeva e subiva fisicamente il muro. Lì c’era un orfanotrofio dove i figli dei dissidenti politici venivano rinchiusi e non crescevano bene.
I 3 proseguono l’inseguimento in Austria, dove adesso l’orfano più criminale di quei dissidenti si è rifatto una vita. La scena del finale è già vista mille volte: il cattivo cattura la poliziotta e le punta una pistola alla tempia, gli altri due hanno la pistola in mano ma forse non vogliono rischiare la vita della loro collega.
Senonché sono poliziotti ex sovietici, mica mollaccioni come i loro colleghi americani – che nei telefilm mettono giù la pistola sempre. Loro sparano e uccidono, salvando la collega.
La scena finale giustifica il titolo dell’opera. Il principio di piacere, in psicoanalisi, è una forza motrice che pretende una soddisfazione immediata. Tutto e subito (come spiega la Wikipedia al link: https://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_piacere).
L’etica dei poliziotti prevede non l’esecuzione immediata dei cattivi bensì il loro arresto, il successivo processo, la giustizia realizzata a norma di legge. A meno che il criminale non sia, come dire, troppo.
Troppo cattivo. Troppo protetto. Troppo evidentemente nocivo per la convivenza civile.
La gente lo capirà, no? La gente smetterà di avere paura, se troverà persone corrette di cui fidarsi. E sarà poi la medesima gente, tanta, a cambiare il mondo. No?