Quella che viene detta “Palude di Brivio” si distingue in Isola della Torre, sulla parte destra del fiume Adda, dove comandavano i signori di Milano, e Isolone del Serraglio, sulla parte bergamasca o veneziana a sinistra, sotto i corni di Monte Marenzo, tre blocchi in cui il monte si spaccò migliaia di anni fa per un tremendo sussulto della terra. Parlava di questi luoghi il naturalista Antonio Stoppani.
Ho partecipato alla visita organizzata da Bioblitz Regione Lombardia, un progetto mirato a far conoscere il parco del fiume Adda. L’agronoma Arianna Aceti ha guidato alla scoperta di piante e fiori con le loro proprietà terapeutiche e culinarie, una ventina tra uomini e donne, noi uomini, ormai lontani dal passato contadino ora interessati all’ambiente, le donne più attente alla salute e al mangiare salubre, a raccogliere erbe e fiori da seccare e riporre in sacchetti di carta. Si è parlato di tarassaco, verbena, luppolo, equiseto, rosa canina, gelso, biancospino, fragola, piantaggine, “paruch” o spinacio selvatico, da cercare però in alto.
Si arrivava nei pressi per mangiare pesce da Galdo. Era un luogo acquitrinoso e impenetrabile, come la jungla di Sandokan. Non lo è più; anche questo è profanato. Ci sono entrato. Ricordo l’acqua che con le piogge autunnali abbondanti lambiva la provinciale o restava avvolta nella nebbia nelle mattine gelide invernali, prima che costruissero capannoni e poi qualche condominio. Adesso nascosta nella vegetazione c’è pure una pista per aerei leggeri oggi in movimento. Prendono quota o sorvolano sopra di noi. Per conservare questo prezioso ecosistema di flora e fauna che ghiacciaio e fiume hanno creato bisogna farlo conoscere e farlo conoscere contamina.
Ho trovato vasche d’acqua: scavi di ricupero di arena o invasi a scopo di pesca? Ho scoperto il Casino del viceré, il Principe di Beauharnais, figlio del visconte Alessandro, ghigliottinato nel periodo del Terrore, e della celebre Joséphine andata poi sposa a Napoleone che lei aveva conosciuto nel suo salotto. Esecutore scrupoloso dei voleri dell’Imperatore si sentiva più generale che politico e perciò in lui la passione della caccia era innata. Eugenio Beauharnais da qui partiva per le sue battute. La grossa selvaggina acquatica transitava nella stagione autunnale. Dopo il faticoso attraversamento delle Alpi, seguendo le vie d’acqua, anatre e oche selvatiche, quaglie e beccacce trovavano una sosta obbligata. Né mancava la possibilità di sorprendere qualche cinghiale e capriolo, stanziale o fatto trovare per l’occasione. Della casa è rimasto un rudere sepolto dalla vegetazione.
Non si entra in un viottolo ma in una strada di campo. La vegetazione si ispessisce. S’innalzano alberi giganti, salici querce pioppi. Proliferano rampicanti che avvolgono tronchi rinsecchiti, si allungano e si intrecciano oltre gli arbusti. Non si sa a quale albero appartengono i rami, polloni di piante medicamentose e tossiche insieme. Si succedono strisce di millefiori, piani di equiseto trapuntati di iris gialli, canneti e arbusti da cui pendono campanule bianche e rose canine. Sostando ci si ritrova coi pantaloni invasi da formiche disturbate nel percorso. Tutto è cresciuto scompostamente. Il chiarore del sole si fa largo a fatica, sotto i pioppi persiste la peluria bianca dei pollini che sul terreno ha formato un tappeto morbido.
Si chiacchiera camminando: “ … un tempo qui allevavano pesci e anguille”; “ … qualcuno ne approfittava per scaricare mobili o piastrelle”; “ … i proprietari erano gelosi della loro riserva di caccia”. “Anche il fiume era conteso dai milanesi che si sentivano padroni – èl fiöm l’è nost – e scacciavano i bergamaschi: che restassero a pescare sulla loro riva!”.
L’Adda ha cambiato di sede col tempo, si è avvicinato alla sponda di destra. L’Adda fa un’ansa. Tra i canneti è intenso il pigolare dei piccoli. E’ tempo di nidiate. Il maschio folaga a testa bassa punta e allontana qualche germano invadente. In questa siccitosa primavera affiorano alghe, l’acqua è sporca di fogliame, rami, ciuffi d’erba. Sull’altra sponda, là dove c’era l’alzaia edove un tempo partendo da Milano risalivano i barconi trascinati dai cavalli di approdo in approdo fino all’Isola viscontea di Lecco, ora scorrono i festaioli ciclisti del sabato.
Stanno allestendo cartelli didascalici. Altri come me arriveranno per vedere e conoscere. Quel mondo non resterà lo stesso, come per me non è più il mondo che immaginavo, infestato da serpi e animali selvatici.
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