Gorgia ci aveva ben avvertito sul potere persuasivo della parola quel “gran signore, che con piccolissimo corpo e del tutto invisibile, divinissime cose sa compiere”.
Se calma la paura, elimina il dolore e suscita la gioia può anche, purtroppo, dispensare frottole paludate di verità. Ne abbiamo avuto la prova in queste settimane controllando le cronache giornalistiche su quanto sta accadendo in Terra Santa. Chi è poco avvezzo a slalomeggiare tra le insidie dei media blasonati potrebbe costruirsi un castello interpretativo arroccato su posizioni decisamente anti palestinesi. Si leggeva a dicembre: “L’Intifada cancella le feste”, “Guerriglia urbana a Betlemme”, “La minoranza cristiana minacciata”, “Le gang di ragazzetti islamici riempiono la comunità cristiana di angherie e minacce”.
Cosa potrebbe pensare un cittadino normale che, sperso tra gli zamponi natalizi, abbia smarrito le fila della narrazione mediorientale? Quale sintesi frettolosa potrebbe imbastire? Indubbiamente avvertirebbe montare un’istintiva acredine per “questi arabi che neanche rispettano le feste comandate”, “sempre a litigare per le strade di Gesù”, “a far confusione anche a Betlemme nella culla del bambinello”, “e poi ti credo che il muro di sicurezza israeliano li soffoca. Se la sono cercata. Non sanno vivere tranquilli”.
Ma il culmine della distorsione cronachistica arriva da un resoconto di Piero Marrazzo al telegiornale: “E in questi tre mesi sono stati uccisi 20 israeliani… e 127 palestinesi sono morti”. Due verbi diversi per le diverse vittime: “uccisi” gli israeliani, “morti” i palestinesi. Si tratta di un preciso condizionamento di massa che dalla Tv di Stato si clona sulla carta stampata (in questo caso Repubblica): “Da metà settembre 20 israeliani sono stati uccisi e almeno 128 palestinesi sono morti nello stesso periodo”.
Al cittadino comune ancora alle prese con i postumi del Capodanno (e la pancia piena non aiuta il pensiero critico) sembra che tutto “laggiù” sia colpa dei terroristi, degli arabi integralisti, degli antisemiti. Dei palestinesi insomma. “Nessuno gli parla della Palestina occupata – scrive Barbara sul sito www.amiciziaitalo-palestinese.org – Dell’apartheid di un intero popolo. Dei checkpoint e della disperazione dei giovani cresciuti tra la violenza dei coloni e quella dell’esercito occupante. Non gli hanno raccontato della rabbia che scaturisce dalla vita soffocata nei campi profughi. Del muro e delle colonie illegali, del centro medico per indigenti Al-Sadaqa di Betlemme assaltato dai soldati israeliani nella notte fra l’11 e il 12 dicembre distruggendo strutture, apparecchiature sanitarie, portando via soldi e cartelle cliniche”.
“Oppure – si racconta su bocchescucite.org – Voci dalla Palestina – dell’incursione di 1200 soldati nel campo profughi di Shu’fat facendo esplodere una casa palestinese e causando incalcolabili danni strutturali alle case vicine e provocando scontri con decine di giovani locali e mettendo sottosopra l’ospedale UNRWA”. Meditiamo gente: la verità non è una pillola zuccherina. (Bruno Silini)