Intelligenza artificiale. Dialogo tra il filosofo Giuseppe Girgenti e l’ingegnere Mario Verdicchio
In auge la tematica sull’Intelligenza Artificiale (IA), in discredito chi ci lavora. Negli anni ’50 c’erano i calcolatori. Servivano a fare calcoli con i numeri e operazioni matematiche. Si ragionava per quantità, per misure chiare, precise, universali. Il computer permetteva di essere veloci e precisi. Si procedeva con ragionamento rigoroso. Ragionare sulle qualità è altra cosa. Non tutto è traducibile in numeri: il contesto, la circostanza, l’esperienza, l’intuito, il sentimento?
Poi ci fu l’esplosione di Internet. Si parlava di mettere in rete. Nei computer cominciarono ad apparire immagini, testi, suoni, video. I computer divennero sempre più potenti e in rete accumularono magazzini giganteschi di dati. Con i progressi della biologia venne facile accostare il cervello al computer. Alle connessioni dei neuroni si faceva corrispondere il reticolo dei dati dei computer.
Si parla di riconoscimento facciale. Da una foto scattata anche per strada è possibile risalire all’identità della persona. Come? Si tratta di un sistema che attinge ad un database. Procede per pattern: seleziona particolarità facciali, di bocca, naso, sopraciglia, rughe, capelli, prescindendo dallo sfondo o altri particolari. In un istante la persona ha un’identità. Fino a qualche anno fa l’uomo – o il detective – lo poteva fare con fatica, tanto tempo e particolari doti di osservazione. I radiologi dovevano passare ore ad esaminare una radiografia. Si lamentavano perché restava poco spazio da dedicare ai malati. Ora ci pensa il computer e riconosce neoplasie, problemi polmonari, bersagli circoscritti di cellule malate da aggredire ed eliminare. I medici hanno tempo per i pazienti.
Cosa c’è di male nell’IA?
Non si può però negare che l’IA pone delle questioni. Si parla di rispecchiamento, macchina-cervello, e gli algoritmi delle macchine aiuterebbero a capire l’uomo. Con la differenza che le macchine non hanno coscienza di sé, quel “conosci te stesso” che Socrate predicava. Nel dialogo platonico Alcibiade maggiore si parla di rispecchiamento di due anime, un io che si rapporta ad un altro io dove la conoscenza dell’altro è la vera cura di sé. Nei processi di calcolo non c’è anima; l’autocoscienza non appartiene alle macchine. Alle macchine manca la vita che è sensibilità, fragilità, morte. Le macchine non hanno passioni, desideri, paure, dubbi, piaceri. Se pur si parla di virus non hanno la paura del virus che noi abbiamo conosciuto.
Il riconoscimento facciale mette a rischio la privacy cui la persona ha diritto. In Cina per non essere riconosciuti alcuni vanno in giro ancora con le mascherine. Se in medicina si sono raggiunti risultati eccellenti grazie all’IA, in campi come la psicoterapia, la psicanalisi, la psicologia, gli addetti del settore esprimono forti perplessità. Si è parlato di un robot che fa da infermiere salvo che dove l’hanno introdotto hanno fatto marcia indietro. La relazione medico-paziente era alterata. Cos’è successo nell’uso di web da parte di tanti studenti? Uno scriteriato copia e incolla diseducativo, persa la capacità di scrivere testi, per non parlare dell’abbandono a scuola di abilità mnemoniche o di cura della scrittura manuale fin dalle elementari. Non si tratta di contrapporre scienze umane a quelle tecniche ma di recuperare un più globale senso di cultura.
Anche l’antichità ha conosciuto grandi cambiamenti come il passaggio dall’oralità alla scrittura. Di fatto le due forme convissero e comunicarono: Platone scriveva i Dialoghi in cui Socrate cercava il confronto vivo con l’interlocutore, gli autori tragici componevano opere per essere rappresentate, Fedro parlava della scrittura come di farmaco per la memoria.
L’IA è entrata in tutti i campi. Il giornalista si avvale di agenzie, un lavoro tutto a tavolino. Chi va ormai sul campo? Gli avvocati hanno a disposizione modelli processuali che indirizzano sull’esito vincente e così i giudici emettono sentenze secondo le casistiche precostituite. La democrazia è a rischio perché i Parlamenti sono esautorati nella loro funzione alla mercé di leggi previste e fatte dalle macchine.
In Internet è disponibile la traduzione automatica, con un click i testi diventano trasparenti. Ma basta la corrispondenza delle parole o dei pensieri? Nel caso della poesia fior di traduttori si sono bloccati su un termine: come rendere “garzoncello scherzoso” di leopardiana memoria? summer indian che corrisponde alla nostra estate di San Martino la riduciamo a “estate indiana”? Con l’IA si imitano le voci, si risuscitano i morti facendoli parlare in chat, si truccano fotografie, si diffondono fake news. Trump è fotografato circondato da gente di colore. Lo scopo è fare propaganda o influenzare l’opinione pubblica. Dello scopo ci si dovrebbe preoccupare, non più del vero?
Bergamo Liceo Mascheroni, 12 marzo 2024