Se è vero che ogni Paese ha il governo che si merita c’è poco da stare allegri. Anzi no. Per la verità il governo del nostro Paese, che vede come premier una persona non appartenente a un partito (cosa rara), non risulta poi così screditato sia a livello nazionale (stando ai sondaggi), sia a livello internazionale (stando al giudizio espresso dai leader e dalla stampa di vari Stati in merito all’emergenza pandemia). Per cui verrebbe da esprimere un giudizio favorevole anche nei confronti di noi italiani che proprio nelle circostanze peggiori siamo capaci di esprimere il meglio.
Ma se allarghiamo la riflessione alla classe politica in generale, beh il discorso cambia. E in peggio. Prendiamo scelte, indicazioni, suggerimenti sul voto del referendum confermativo di domenica 20 settembre sul taglio ai parlamentari. Fino a pochi mesi fa tutti, da sinistra a destra al centro, erano favorevoli. Conoscendo la costante disaffezione degli elettori (sempre in aumento ad ogni tornata elettorale) e la conseguente tendenza all’anti-politica, la demagogia dei vari onorevoli si esprimeva con dichiarazioni apertamente favorevoli a qualsivoglia riforma o tagli dell’inefficienza della macchina statale.Decenni di corruzione politica suggerivano ai suddetti, almeno a parole, di esprimere condanna e riprovazione verso, appunto, ogni forma di privilegio o inefficienza. Tutti abbiamo visto e sentito in TV (e non solo) i vari onorevoli e politici scagliarsi contro il malaffare e l’ingiustizia e la semplificazione. Fino al punto, finalmente, di approvare una legge specifica per tagliare quasi la metà dei quasi mille (caso unico nelle democrazie occidentali) parlamentari che ogni cittadino onesto mantiene con le proprie tasse. Allora erano tutti d’accordo (o quasi) in Parlamento.
Poi però eccoci al nodo che viene al pettine: il referendum. Man mano che la data del 20 settembre si avvicinava, leader e peones di tutti i gli schieramenti politici, compresi i più
favorevoli, cominciavano a prendere le distanze. Fino all’aperta contrarietà di alcuni o all’aperta ambiguità di altri. Chi per anni aveva tuonato per il “SI” improvvisamente si schierava per il “NO”, sia nei partiti di maggioranza che di opposizione. Addirittura qualcuno, come nella Lega e in Fratelli d’Italia, proprio in questi ultimi giorni invita a votare “SI”, ma per far cadere il governo meglio “NO”. Altri come Forza Italia pur essendo stati per il “SI” a suo tempo, ora lasciano libertà di voto. Altri ancora, come il PD, invitano al “SI”, ma con numerosi contrari al proprio interno. Come il caso Bergamo. Infatti, il sindaco Giorgio Gori e tutta la sua Giunta, nonostante l’iscrizione al Partito Democratico, si sono apertamente schierati per il “NO”. Vien proprio da lasciarsi cadere le braccia.