Chi vive di eventi e serate cerca di fare quello che ogni imprenditore fa durante la settimana lavorativa. Ossia profitto e business. Anche un locale aperto al pubblico che ospita concerti e discoteca deve avere il saldo in attivo. Funziona così in tutto il mondo. Se non guadagni fallisci. È il mercato. Magari sei già con l’acqua alla gola: fornitori, affitto, tasse, qualche stipendio da pagare. Ma grazie ad un evento particolare si riesce a risalire la china. E che si fa? Si rinuncia a vendere biglietti? Ci si sta ad ossessionare sui paletti che la legge impone in materia di sicurezza? E’ una serata di quelle che non capitano più da mesi! E allora dentro tutti. Cosi magari dal lunedì si ritorna ottimisti con la calcolatrice in mano. Dall’altro lato abbiano, invece, una marea di adolescenti (minorenni e molti dai 14 ai 16 anni). Chi vi scrive (classe 82 e non 42) si domanda come sia possibile un tale libero arbitrio sulle uscite serali da parte dei genitori. Quando la cronaca ci sbatte davanti un dramma di tale evento (6 morti in una discoteca di Ancona) si è subito pronti a dare la caccia al colpevole.
Chiaramente il proprietario del locale sarà messo alla gogna, sia mediatica che dei bar di periferia. Mi permetto di pormi però un dubbio. Sono l’unica persona al mondo che crede non sia un diritto acquisito andare in discoteca e fare certi orari da 20-25enni da parte di ragazzini che hanno appena finito le medie? Ieri sera sul canale 133 di Sky andava in onda Capitan Harlock, che nella scala dei diritti di un ragazzino tra gli 11 e i 16 poteva essere “una scelta ragionevole”. Invece no. Dire un “no ” ad un adolescente è ritenuto un concetto antiquato. Quando il business economico si mischia all’ipertrofia dei diritti familiari il rischio diventa alto. E come la legge 81/08 (Codice della salute e della sicurezza sul lavoro) insegna se aumentano i fattori di rischio l’infortunio è dietro l’angolo. Mi permetto di dare un consiglio ai legislatori. Discoteche out agli under 18. Lo so è brutto, impopolare, bisogna dire “no” . Ma almeno la responsabilità personale sarebbe un qualcosa di cui si tornerebbe a parlare.
Se l’imprenditore fa due conti, prima, e risulta che pe andare a pari deve vendere 1000 biglietti e la sua sala e ha 800, non fa il concerto. Altrimenti la sua condotta è criminale.