“A me me piace ‘o blues“ e l’album di appartenenza, “Nero a metà”, concentrano al meglio la cifra stilistica e primigenia della musica di Pino Daniele, nato nel dopoguerra nella Napoli del sindaco-padre-padrone Achille Lauro, ma soprattutto città crocevia di suggestioni per la presenza dei militari americani e delle portaerei stelleestrisce ancorate nel porto partenopeo, e successivamente della base Nato a Bagnoli. Da quei presìdi e quelle navi non uscirono solo militari e marinai, ma anche i loro usi e costumi, trasformando la città in una sorta di Saigon mediterranea ante litteram. Una vitalità a base di sigarette, amori, corruzione, nuovi stilemi e fonemi, ma anche musica, tanta e nuova musica: rock’n’roll, jazz e blues, pressoché sconosciuti agli italiani, riempirono i locali della città e consentirono la fioritura di un’incredibile schiera di musicisti napoletani che rivoluzionarono la musica napoletana e italiana, e prese il nome di Neaples Power.
A Pino Daniele piacque soprattutto il blues, la musica worksong che i neri del delta del Mississippi intonavano nelle piantagioni di cotone e di canna da zucchero, musica tra il sacro e il profano a base di ritmo e dolore, e lo portò dal Golfo del Messico, dove sfocia il grande fiume dalle sorgenti scoperte dal bergamasco Beltrami, nel golfo partenopeo. Innestò la musica di B. B. King sulla base e il lessico napoletani, motivando il nero a metà anche per ragioni musicali, e non solo per motivi di nascita come accadde a James Senese e Mario Musella. Nato in un basso, ha saputo volare alto senza dimenticare il profumo del buattone diffuso nei vicoli, e il richiamo del tarallaro; è stato artista colto e aperto alle diversità, che considerava ricchezza, collaborò con diversi artisti, napoletani e stranieri, fuse il napoletano con l’italiano e l’inglese, integrò le diverse tradizioni musicali portate dal mare con quella napoletana, dando vita ad una proposta unica e universale alla ricerca del riscatto della città, non più disponibile ad essere trattata come ‘na carta sporca e a farsi fregare da ‘na tazzulella ‘e cafè. Insieme a Troisi e Maradona, egregiamente e giustamente rappresentati insieme da Jorit al Centro Direzionale (grazie Ciro per la squisita disponibilità), ha formato una formidabile trimurti che ha regalato spicchi di estasi ad una città perennemente sospesa tra Paradiso e Inferno, e proprio per questo aggrappata al culto delle pezzentelle, anime del Purgatorio bisognose di aiuti per guadagnarsi il Regno dei Cieli.
Classe ’55 (“Perché a Napoli 55 è a’ musica”, ha cantato il burattino senza fili suo conterraneo), Pino Daniele se n’e andato il 4 gennaio del 2015, dieci anni fa: “I got the blues on me”, il blues è ancora in lui, entrambi ancora con noi. È stato uomo in blues e nero a metà, scarrafone e pazz’, anche mascalzone latino, in ogni caso chillo è nu buono guaglione.