Per capire Gandhi occorre sospendere il senso comune, uscire dai soliti schemi. Bisogna assumere una forma di filosofia che non è solo arte di argomentare ma è un camminare in un’esistenza pensante. La filosofia di Gandhi è modo d’essere con il mondo, coinvolge la persona che agisce, che sente, che trasforma il mondo. Non solo concetti rigorosamente espressi secondo il principio di non contraddizione, perché la vita è contraddittoria, è piena di paradossi, palesata da svariate voci. Si cerca il senso ma non esclusivamente logico. Gandhi cerca il senso in Dio che è amore e verità.
L’amore è forza benigna che forma il mondo. Rifacendosi alla mitologia induista parla di un Dio che si sacrifica. Non è secondo il criterio dello scambio ma del dono: Dio si spezza per partorire il mondo.
La parola chiave è satyagraha o forza dell’amore, amore generativo e alternativo al senso di potere tanto stringente per il mondo occidentale. Per noi il potere c’è, è lì, è necessario, si tratta di prenderlo e usarlo. Per Gandhi è invece imposizione, schiavitù sia per chi lo esercita che per chi lo subisce. Plasma un mondo da cui è difficile distinguersi, che è parte di noi come la lingua in cui nasciamo e siamo immersi.
Nella logica del potere si svolge la nostra civiltà. Siamo alle prese con il mercato finanziario, fagocitati dalla tecnocrazia, schiavi dei media, ingrovigliati nella rete burocratica. Il potere si costituisce in geopolitica e tratta gli uomini come risorse da usare, ingranaggi del sistema. Volto al consenso passivo dei dominati cede facilmente alla violenza, propenso per una logica individualista non ha alcuna visione del bene comune.
Per contrastare il potere Gandhi propone un messaggio di vita (biofilìa) non di morte (necrofilìa), un’esperienza della verità che si basa sull’amore. Lo traduce in alcune parole programmatiche. Responsabilità o capacità di rispondere alla vita, come la terra accoglie il seme e lo sviluppa; “capacità di accogliere la propria perfezione” diceva San Tommaso. Servizio, da parte di chi si rende disponibile per la vita del mondo. Cura del bene comune in equilibrio con la natura. Autorevolezza della testimonianza che indica la strada. Governo della politica che si fa carico dei problemi delle persone e crede nell’autogoverno delle persone educate (swaraj).
La meraviglia per Gandhi è scoprire nella vita la presenza di Dio che non sta sopra le stelle ma in noi. Troppe volte la visione di un Dio trascendente ha significato la sua assenza. Dio è la forza dei deboli, al di sopra di ogni esclusivismo religioso. “Quanti dicono che la religione non ha niente a che fare con la politica non sanno cos’è la religione”.
Si tratta di mettere in discussione il modo spento e distante di esistere per essere vivi nella corrente dell’amore. Swadeshi significa servizio al bene comune. La comunità non è definita da un luogo ma è relazione universale, un modo d’essere che non esclude. Sono certi morti che tengono in vita, sempre vivi nella corrente dell’amore, esempi del passato che proiettano nel futuro. Servono perciò persone responsabili, educate a sperimentare forme di efficacia diverse dal potere, a spezzare il circuito della distruzione.
Gandhi, padre dell’indipendenza indiana, è stato uomo di azione e di riflessione. Ha saputo leggere le profonde trasformazioni della società. In Italia il suo pensiero è poco diffuso, solo qualche libro in forma antologica. Va riscoperto perché ha aperto nuove strade. Propone una filosofia di vita. Apostolo di non violenza è stato vittima dell’intolleranza. Gli fa eco Etty Illesum che poco prima di morire ad Auschwitz scriveva: “il male che mi fanno io lo assorbo, perché sento che sto partecipando ad una nascita futura”.
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