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Il vero nome di San Bonaventura era Giovanni Fidanza e fu uno dei principali rappresentanti dell’ordine francescano. Fu insegnante dell’Università di Parigi e amico di San Tommaso.

San Bonaventura fu un critico di Aristotele, contro di lui affermò che non è vero che ogni conoscenza derivi dai sensi, difatti l’anima conosce Dio e se stessa senza l’aiuto dei sensi. Dai sensi derivano le specie che sono immagini delle cose. Sulla scia di Sant’Agostino, Bonaventura afferma che l’anima può fare uso delle specie solo grazie al lume direttivo di Dio, che la guida organizzando le conoscenze. Dio è il modello delle cose e l’idea è identica con l’essenza divina e se si moltiplica in rapporto con le cose create in Dio resta unica.

In merito all’esistenza di Dio, San Bonaventura sposa le teorie di Sant’Anselmo: “La verità dell’essere divino è tale che non si può credere effettivamente che egli non sia, se non per ignoranza di ciò che il suo stesso nome significa”. Il mondo non è eterno, ma creato dal nulla.

Per San Bonaventura l’anima è il motore del corpo. Essa non è soltanto pura forma (come per gli aristotelici) ma è anche materia, ossia sostanza, una sostanza scindibile dal corpo, incorruttibile e immortale. San Bonaventura riconosce nell’ambito della conoscenza la capacità di iniziativa, mentre nel campo dell’azione la libertà di scelta. Sia la conoscenza che l’azione umana sono guidati dalla luce divina. Questa luce è la scintilla della coscienza, e consiste nella capacità naturale di giudizio in grado di guidare l’uomo verso il bene, così come la stessa luce divina conduce l’uomo verso la verità.

Interessante è anche il misticismo di San Bonaventura. Nell’itinerario della mente verso Dio egli distingue tre occhi o facoltà della mente umana: quello rivolto alle cose esterne, ossia la sensibilità, quello che guarda dentro se stesso, la spiritualità, e quello rivolto sopra di se, la mente. Ognuna di queste facoltà può vedere Dio per speculam cioè attraverso le immagini che le cose hanno in sé di Dio o in speculo cioè nell’orma che le cose hanno di Dio.

Le tre facoltà generano le sei potenze dell’anima:

  • il senso, l’immaginazione,
  • l’intelletto,
  • la ragione,
  • l’intelligenza,
  • la sinderesi, ossia l’apice della mente.

Queste sei potenze corrispondono ai diversi gradi di ascesa verso Dio:

  • la valutazione dell’ordine e della bellezza delle cose;
  • le considerazioni delle cose che nascono grazie all’anima umana che astrae dalle cose sensibili;
  • la contemplazione dell’immagine di Dio nei poteri naturali dell’anima;
  • la contemplazione di Dio nell’anima illuminata dalla fede;
  • la contemplazione di Dio direttamente dal suo attributo, ossia dall’Essere;
  • la contemplazione di Dio nella sua massima potenza, che è il Bene, per il quale Dio si articola nella trinità.

Compiuti questi sei passi, l’anima, per innalzarsi ulteriormente, deve affidarsi alla grazia di Dio. Con essa l’anima raggiunge l’estasi, uno stato nel quale l’oscurità dei poteri umani diventa luce naturale.

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Enrico Valente

Enrico Valente è nato a Torino nel 1978 dove si laurea in giurisprudenza nel 2004. Da oltre vent'anni si dedica allo studio e alla ricerca filosofica e da alcuni anni affianca la passione per la scrittura alla traduzione di saggi e romanzi. Con ”L'arte di cambiare, da bisogno a desiderio dell'altro” la sua opera di esordio, vince nel 2021 il primo premio al Concorso nazionale di filosofia ”Le figure del pensiero”, nello stesso anno riceve per la medesima opera la menzione d'onore al Premio di arti letterarie metropoli di Torino e arriva finalista al concorso di Città di Castello. Attualmente è impegnato alla preparazione di una collana intitolata ”Incontri filosofici” dedicata ai grandi protagonisti della filosofia che sta ricevendo un notevole riscontro da parte del pubblico ed è in corso di traduzione all'estero. Il suo primo numero “Il mio primo Platone” è arrivato finalista al concorso nazionale di filosofia di Certaldo (FI) 2022.

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