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“Quel libro cambio’ i miei desideri”. Agostino lettore dei filosofi nelle Confessioni. Lezione di Giovanni Catapano

Agostino nel momento di trarre il bilancio della sua vita e delle sue opere (Ritractationes) si soffermava sulle Confessioni, “tredici libri che intendono lodare Dio giusto e buono per le azioni buone e cattive da me compiute e a Dio volgono la mente e il cuore, così per me quando li scrivevo e tuttora quando li leggo”, la prima parte autobiografica, gli ultimi tre libri che riguardano i giorni della creazione secondo le Sacre Scritture.

Le Confessioni ripercorrevano il suo lungo processo di conversione – in realtà la madre Monica lo tenne sempre a contatto con la fede cristiana – un travaglio che lo vide praticare letture ed esperienze diverse. La lettura dell’Hortensius di Cicerone lo colpì particolarmente, fu la scintilla che in lui accese il fuoco della filosofia. Era un’opera retorica, a noi non pervenuta, un testo immancabile per chi come lui era avviato alla carriera di rètore.  Si svolgeva in forma di dialogo e si dilungava sull’arte del parlare terminando con un’esortazione (protreptikòs) per la filosofia. Da quel momento la retorica gli sarebbe servita non per vincere né per avere consenso ma per trovare la verità: “Quel libro mutò il mio modo di sentire, le preghiere stesse che volgevo a Te. Suscitò nuove aspirazioni e desideri. Svanite le vane speranze mi fece bramare la sapienza immortale. Iniziavo ad alzarmi per tornare da Te”.

Cicerone gli diede l’amore della sapienza che significò ricerca del fondamento. Non trovò quel fondamento nella sapienza a cui Cicerone spronava perché mancava di qualcosa di importante. Ci sarebbero voluti 14 anni per capirlo. Glielo spiegò la lettura del Prologo del Vangelo di Giovanni che parlava del “Verbo che era presso Dio”, o meditando sull’ammonimento di Paolo ai Colossesi: “Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia”. La vera sapienza fu trovare Cristo.

La ricerca di Agostino passò per multa philosophorum, molti scritti. Passò per il Manicheismo e le favole prolisse dei manichei. Alludevano ai due regni, quello della luce e quello delle tenebre, in conflitto permanente. Effettivamente toccavano la condizione umana nel suo bisogno di salvezza, la lotta tra il bene e il male. Era una visione che vedeva prevalere la tenebra, le tenebre avvolgevano la materia informe e cattiva. La luce vi restava imprigionata, frammenti della luce e del bene, come in un carcere. Si trattava di liberare la luce, faticosamente e lentamente come dalla falce lunare si giunge alla luna piena e splendente. Spiegazioni che mescolavano pensiero religioso e osservazioni astronomiche, pur plausibili secondo lo stesso Agostino. Mancava però il respiro metafisico.

I pagani hanno avuto una qualche conoscenza divina pur essendo estranei alla rivelazione” (Lettera ai Romani); ma poi non si sono rapportati a tale principio nella vita, aderendo al politeismo. Si sono fermati alle creature senza arrivare al Creatore: “le perfezioni invisibili di Dio si contemplano con l’intelletto mediante le cose create”. Così all’Aeropago di Atene Paolo rimproverava i sapienti.

Con i filosofi del suo tempo Agostino continuò a dialogare. Con il nuovo platonismo di Porfirio e del maestro Plotino, ambedue cercavano l’origine delle cose e della conoscenza, giungevano all’Uno da cui si origina il mondo. Una ricerca interiore: “Noli fora ire, in te ipsum redi; in interiore homine habitat veritas, non uscire fuori, rientra in te stesso, nell’interiorità dell’uomo abita la verità”. Ma non arrivarono al cuore, al Cristo che Dio ha rivelato. Non trovarono la vera Sapienza che rende felici.

La strada che vi conduceva era ostica, dolorosa, quella dell’umiltà, della spoliazione, di Dio che si incarna e si dona, il Cristo che assume la fragile condizione umana. Questa era la via da seguire. Ecco perché l’ultima parte delle Confessioni termina con l’esegesi biblica, alle pagine delle Sacre scritture che parlano delle origini e lì Agostino realizzò il suo amore per la filosofia.

La fede fu la forza propulsiva che completò la sua ricerca: “Credo ut intelligam, credo e la mia fede mi aiuta a comprendere”.

Bergamo Liceo Mascheroni, 14 novembre 2023

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