La filosofia nella fisica quantistica. Lezione di Enrico Giannetto
La Fisica agli inizi è parte della filosofia, tà fusikà la indicava Aristotele. Con la modernità comincia a separarsi. Segnano questo passaggio Copernico e poi Newton (Philosophiae naturalis. Principia mathematica 1687): la conoscenza avviene per azione sperimentale, non c’è affermazione sul reale senza riscontro di prove, il mondo si spiega per causa ed effetto, secondo una visione deterministica.
La Fisica quantistica si afferma agli inizi del ‘900. Non si ragiona più per leggi universali. Le leggi della meccanica valgono parzialmente. Per i fenomeni microscopici ci vogliono altre spiegazioni. Il primo teorico è il danese Niels Bohr (1885-1962).
Il discorso della libertà dell’uomo esploso nell’Ottocento aveva messo in crisi la visione tradizionale. Il connazionale di Bohr, Soren Kierkegaard aveva posto con forza il problema dell’individuo, solo, lacerato, finito. Dio si ritrae per dare spazio alla scelta dell’uomo, contro il senso della storia di Hegel che tutto risolve nella sintesi della logica. Aveva criticato il concetto di causalità dove tutto si lega per causa ed effetto, già messo in discussione da Hume. La causa è il nesso che mettiamo noi, frutto della “volontà di potenza” diceva Nietzsche, volontà di dominio sulla natura, desiderio di conquistare, possedere, fare guerre, colonizzare e sfruttare. Alla visione deterministica si lega quella morale: se il mondo è determinato l’uomo si sente deresponsabilizzato.
La Fisica quantistica mette in crisi una certa metafisica a cui era legato nonostante tutto lo stesso Einstein che rispondeva: se la natura non segue leggi deterministiche io rinuncio. La fisica classica concatenava e calcolava, indicava con precisione la traiettoria di pianeti o dei proiettili. Bohr guarda all’atomo, parla di transizioni non prevedibili di elettroni e particelle – “si comportano in libero arbitrio” (Einstein) – salti tra un’orbita e l’altra, transizioni da uno stato di energia all’altro. La luce che era stata oggetto di triabe tra chi la vedeva composta di corpuscoli che viaggiano linearmente e chi la vedeva propagarsi come un’onda, in realtà si comporta a volte come un flusso lineare oppure come onda secondo gli esperimenti, simile al mare che penetra come un torrente tra la barriera di protezione e poi si allarga a semicerchio depositando sabbia e rifiuti sulla spiaggia.
Un termine ricorre nella fisica quantistica, entanglement (intreccio) a proposito di campi in cui le particelle sono correlate pur se distanti, per scambi di informazioni o trasferimenti che non sono di materia, echi lontani che tornano, corrispondenze come se le partiticelle comunicassero per telepatia. Come l’effetto farfalla, quel che succede in un sottosistema ha un riflesso negli altri.
Lo scienziato si trova davanti a quel mondo di cui non ha esperienza diretta, misterioso, poco decifrabile, e cerca un linguaggio duttile. Come il filosofo o il teologo davanti a Dio: si parla di ontologia negativa, un dire per analogie, per simboli, come il mistico spiega attraverso realtà visibili chi per definizione è l’Invisibile. C’è in questo senso un dialogo tra Bohr e Kierkegaard, come l’interesse per certe costruzioni teologiche, suggestioni dal dogma cristiano sulla natura del Cristo o sulla Trinità del Dio unico in tre persone.
La fisica quantistica suggerisce una nuova filosofia. Heisemberg aveva formulato il principio di indeterminazione. Si riferiva soprattutto agli errori di misurazione, che si concatenano, sovrappongono e intrecciano nei calcoli. Si tratta per Bohr di aggiustare le vecchie teorie con le nuove ipotesi e i nuovi dati ampliandone la visione. Non si tratta solo di incalcolabilità per interferenza o disturbo di prossimità. C’è qualcosa d’altro: la realtà subatomica si presenta imprevedibile, casuale, contraddittoria.
La fisica quantistica costringe a cambiare il nostro modo di pensare per capire la realtà, per una nuova conciliazione di uomo e natura. Anche la libertà dell’uomo è coinvolta. Si ricupera il senso morale della responsabilità. L’uomo come la natura non è macchina, unità inseparabile. Gli schemi della logica sono gabbie che vanno bene per dominare non per comprendere. Con la fisica quantistica la realtà umana appare fragile, libera, transitoria, mortale. Ma così comprendendola la accettiamo meglio. Nella corrispondenza tra micro e macro cosmo.
Bergamo Liceo Mascheroni, 19 marzo 2024