È noto a tutti il vile attacco da parte delle forze armate russe ai danni dell’Ucraina. Si sono già versati fiumi di inchiostro, in questi giorni, per tentare di spiegare una situazione geopoliticamente complessa, da Risiko mondiale per tutti gli equilibri che ne conseguono. Non ci va di stare qui a discutere di ragion di stato, che possono essere pure vitali per tutti gli schieramenti in gioco anche se c’è un tema credo inequivocabile: milioni di persone fisiche e giuridiche sono state violate nella loro libertà quotidiana in un modo che ricalca molto il modus operandi dei tedeschi del secondo conflitto mondiale.
In questo clima di crudeltà verso un paese che per dimensioni vale quasi 30 volte l’invasore, all’interno del nostri paesi occidentali si moltiplicano i classici commenti di pacifismo generico. Sento e leggo sui social centinaia di esposti con bandiere inneggianti il termine pace o mediazione diplomatica senza però una proposta. E senza porsi l’interrogativo di che tipo di diplomazia si possa usare se la controparte è intenta a macinare chilometri con le batterie di terra e a bombardare con l’aviazione il territorio ucraino.
Si parla di civili che non c’entrano nulla e che da un giorno all’altro si trovano in uno scenario bellico devastante. Ecco, a quei civili non servono bandiere sventolanti. A loro serve una contraerea all’altezza, dei carri armati che proteggano le loro città e le loro case, servono beni di prima necessità per continuare a sperare di cacciare l’invasore. Servono alleati che si battono per loro e mettano mano al portafogli affinché la libertà ucraina sia tutelata.
Siamo pronti a fare questo? Perché le bandire e le frasi fatte non costano null; prendere posizione e dare finanziamenti e aiuti affinché si possano difendere dall’ oppressore è più complicato.
Le dichiarazioni su modello Neville Chamberlain invece piacciono a tutti e non danno fastidio a nessuno, ma non sono di nessun aiuto ai bambini ucraini.