Pare sia all’orizzonte nei piani del governo un aumento delle pensioni minime fino ai 780 euro. Ora, senza avere il presunzione di fare prose perentorie su una questione che di fatto non è stata ancora attuata in via definitiva è giusto però porre una questione che è quella del merito.
Ad oggi chi gode della minima e ha versato 20 anni di contributi beneficia di un assegno tra i 500 e i 600 euro mensili. Portare tale quota vicino agli 800 euro vuol dire massacrare una fascia di lavoratori che ha lavorato il doppio di loro e che va a prendere poco di più. Se pensiamo che ci sono milioni di pensionati con 35-40 anni di contributi con assegni attorno ai 1000 euro mensili, la proposta di aumento delle “minime” sembra un assist alla mania assistenzialista di cui il paese soffre.
Per non parlare poi degli under 45 i quali andranno in pensione (proiezioni alla mano) con circa il 50% della retribuzione media della loro vita lavorativa. Questi sarebbero tenuti ad una rivoluzione in stile giacobino o bolscevico per il trattamento che gli verrà riservato. Stiamo assistendo al solito teatrino di pietismo allo stato puro verso quella frangia di lavoratori che non ha certo sudato nella propria vita lavorativa, scaricandone il peso su chi invece sul lavoro ci ha passato e ci passerà i 3/4 della propria vita.