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Siore, Siori lo spettacolo va a incominciare!

Non sembri irriguardoso l’invito (ipotetico) che immaginiamo venga rivolto ai bergamaschi per l’inaugurazione ufficiale,  sabato, delle manifestazioni per la capitale della cultura. Tutto fa pensare a un grande baraccone che riempirà il centro di Bergamo  di suoni più  o meno sguaiati, colori più o meno compatibili, figuranti più o meno riusciti: addirittura migliaia di comparse alla mercé della sapiente regia occulta dell’insostituibile genius loci Francesco Micheli.

Un tale fenomeno da baraccone che addirittura obbligherà il Sindaco a chiudere il centro.  Manco fosse il coprifuoco o, peggio (scarmanticamente), il terremoto. Quando mai? Mai, se la memoria non c’inganna, si è attuata una simile “calamità” (per automobilisti. E non solo).

Era così necessario,  indispensabile, obbligatorio costringere bergamaschi, non bergamaschi e compagnia bella di turisti alle forche Caudine ideate dal sommo regista cui tutto è concesso, lauta paga compresa? (A proposito, quanti dei nostri soldi gli vanno? Si saprà mai un giorno?).

Era così necessario ora, per darsi un tono da capitale (seppur solo della cultura. Con la C maiuscola però), chiudere per una settimana intera? Manco a Roma (che vera capitale è) quando muore un papa o viene eletto un presidente, o il presidente dell’America viene in visita.

Eh, ma Bergamo è Bergamo: occorre una regia speciale per gestirla e infiocchettarla, papillon compreso, a nuovo. O per finta. Già per finta: con siparietti gigionesci, quinte occulte e cotillons televisivi. Possibile che non sia passato per l’anticamera del cervello di nessuno (almeno nelle alte sfere) che Bergamo, nella sua unicità, è  già bella di suo? Come universalmente riconosciuto.

Nessuno, ma proprio nessuno, ha osato sussurrare che Bergamo di per sé si mostra scenograficamente perfetta? Che appare, così com’è, una scena teatrale naturale e compiuta? Che non ha bisogno di orpelli e organze finte per renderla più attraente e più televisiva? Era così necessario ricorrere agli effetti speciali (magari!) di un regista brembano che pare abbia scambiato Bergamo per Hollywood.

Cari amministratori che non badate a spese (con  i soldi di “Pantalone”) se aveste colto nel giusto e pregnante valore artistico scenografico la naturale-geografica bellezza della vostra (ahimé) città (Bergamo: bassa e alta), avreste capito che non c’era bisogno di un regista, non c’era bisogno di sprecare centinaia di migliaia di euro nostri per creare la fiction della realtà. La realtà, in questo caso, era largamente autosufficiente e splendidamente bella per accogliere qualsivoglia rappresentazione . Tanto bella da non richiedere alcuna finzione.  Come mettere i nanetti o le colonnine o nudi mitologici nel giardino di casa.

Il cattivo gusto lasciamolo alla proprietà privata. Voi invece l’avete adottato nel pubblico, per un trionfo (immeritato) del kitch. Senza pensare al risparmio che ne sarebbe derivato. Da destinare, finalmente, alla cultura. Invece alla cultura con la C maiuscola, ancora una volta avete privilegiato il kitch al quadrato per il trionfo dell’effimero. Che, sì, potrà anche lasciare a bocca aperta nel migliore dei casi, e portare anche più consensi elettorali sempre, ma indigna la mente e il cuore del senso civico, della bellezza , del sapere conoscitivo.

Ancora una volta siete cascati nella trappola della miope autoreferenzialità provinciale. A partire dai pubblici manifesti pubblicitari: ‘ndom, insema, daga det. Niente di più becero e inqualificabile, ancorché umiliante (daga det…) per sottolineare la propria specificità idiomatica ancorché dialettale. Ecco perché viene inevitabile,  nostro malgrado, parlare di fenomeno da baraccone. Se queste sono le premesse… Bergamo merita e meritava ben altro.

Credevamo che l’esserci stata attribuita gratuitamente grazie, ironia della sorte, al Covid. Si perché 10 anni fa eravamo stati inesorabilmente scartati. Ricordate?) la qualifica di capitale culturale,  suscitasse in  voi le migliori energie artistiche e propositi elevati . Invece…

Ecco perché Bergamo, nonostante le belle sinfonie che vi cantate e vi suonate fra di voi, rimane ancora la bella incompiuta. Turistica certo, ma mordi e fuggi. Artistica pure, ma, ai margini dei nobili circuiti superata da città come Volterra, Spoleto, San Gimignano, Orvieto, Todi  per non dire di Ravenna, Mantova e via di seguito.

Soprattutto ecco perché rimane sempre nell’orbita gravitazionale di Milano incapace di costruirsi una valenza tutta sua che nasconde in sé, ahimé ancora. Che pertanto viene fagocitata in tutto, pur guadagnando una scia di luminosità dovuta a tanti visitatori spinti da Piazza duomo o da Via Montenapoleone verso la contigua perla orobica.

Finché le cose continueranno su questi binari di consenso autoelebrativo e autoreferenziale (stampa locale compresa) e finché le timide voci di dissenso (vedi ad esempio la lettera dettagliata e propositiva di numerosi artisti e uomini di cultura locali in merito a un diverso modo di intendere Bergamo capitale della cultura) saranno ignorate così come tante altre proposte artistico-culturali non rientranti nell’asse Assessorato-Fondazione-Sindaco, la nostra Bergamo continuerà a brillare di luce riflessa. 

Prima di chiudere, altre 2 annotazioni:

PRIMA ANNOTAZIONE
Tutto quanto detto fin qui riguarda l’incipit. Anzi, neanche. La festa, o la fiera, sta per cominciare. Ancora non  è iniziata. Manca la ciliegina sulla torta che, volutamente, cova sotto la cenere e di cui nessuno (che conta) parla o vuol parlare. Trattasi dell’opera su Raffaella Carrà. Ancor una  volta, guardacaso ma non tanto, tutta nelle mani e nelle tasche di Francesco Micheli. Stando alle ultime dichiarazioni dell’assessora Ghisalberti è stato trovato (?) Lo sponsor. Dunque si farà. Ma coprirà tutte le spese? Una parte? E in cambio? Inoltre sappiamo anche che la parte musicale è stata affidata alla band internazionale “La rappresentante di lista“. Caspita.

Dunque si farà. Concedeteci un’ultima obiezione, domanda almeno: siete sicuri che inserire  Raffaella Carrà nelle manifestazioni per capitale della cultura, qualifichi Bergamo in tal senso? Non potrebbe risultare offensiva per una valorizzazione di respiro intenazionale per personaggi di Bergamo tipo Locatelli, Manzu,  Olmi, Quarenghi, Rubini o… Donizetti? Meno da cassetta e da gossip certamente, ma un filino più, come dire, culturali. Non sarebbe opportuno inviarla all’anno prossimo se proprio volete sprecarvi?

SECONDA ANNOTAZIONE – (direttamente collegata alla prima)
Una volta tanto finalmente potremmo avere trasparenza nelle spese? Dovremmo! Se vivessimo in un contesto di senso civico e rispetto etico. Dovreste essere voi a dire, non noi a chiedere, cari amministratori. Che amministrate i soldi pubblici. I nostri soldi. Ve lo stiamo chiedendo da anni su queste pagine. Altro che mola mia. Qui fanno sempre orecchie da mercante. In fiera!

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