La vicenda della scorta al giornalista Massimo Giletti (dopo le minacce del boss Filippo Graviano) è un classico da prima repubblica. Il bene e il male che si mischiano, i soliti dubbi sulle trattative Stato-mafia, i molti silenzi di politici e funzionari di giustizia quando si toccano certi argomenti e la solita solfa sul garantismo costituzionale che garantisce in primis la criminalità organizzata. Giletti in una intervista al Corriere dice di provare “Profonda tristezza. Senso di solitudine. Se il Viminale mi assegna la scorta vuol dire che nel mio programma abbiamo toccato qualcosa di grave e molto pericoloso. Ma essere un unicum ti espone. Diventi obiettivo. È quello che faccio più fatica ad accettare”.
Da qui, è semplicemente assurdo che in Italia non si abbia il coraggio di trattare gli ospiti delle carceri per quello che sono. Ma è ancora più kafkiano che chi affronta la problematica facendo giornalismo d’inchiesta venga visto con imbarazzo sia dai suoi stessi colleghi che da quella parte di politica che non è in grado di risolvere il problema. I carcerati e la criminalità organizzata esistono sia nell’Alabama che a Shinjuku. Ma quello che non hanno in quei contesti è l’eccessivo garantismo figlio di un catto-comunismo di vecchia scuola, che fa passare per stato incivile e barbaro chi tratta i criminali per quello che sono.
Questi, invece, si fanno beffe del nostro garantismo, ce lo sputano in faccia ogni giorno e le istituzioni sono spesso sorde ai richiami di chi ha la schiena dritta di non piegarsi all’omertà diffusa che alimenta la criminalità stessa. Siamo schiavi ancora dell’ideologia che una legge dura nel campo della sicurezza faccia rima con fascismo e Stato di polizia. Avere delle leggi dure per i criminali significa tutelare chi ha il coraggio di denunciare, significa togliere alla criminalità la linfa vitale di cui si nutre.
Ma per fare questo bisogna rischiare, fare scelte impopolari con perdite di consenso politico. Visto la propensione al rischio che ha la nostra classe dirigente stiamo freschi. Lo stiamo vedendo in questi giorni. Una classe politica che non è in grado di fare 5 nomi di parlamentari che hanno usufruito del bonus partite Iva può essere in grado di usare il pugno di ferro con la criminalità organizzata?
Non prendiamoci in giro. A Giletti va tutta la solidarietà. Abbiamo bisogno di gente come lui, che sceglie da che parte stare perché non c’è sempre una via di mezzo.