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La trilogia di Gwendy Peterson è stata pensata da Richard Chizmar, uno scrittore a fanzinaro amico di Stephen King. È partita come la storia di una bambina bullizzata nel 1974 fino a diventare scrittrice famosa e parlamentare degli Usa nel 1999; poi King ci ha messo del suo e Gwendy, nel 2026, è diventata senatrice e astronauta.

In sintesi è la vita di una ragazza di 12 anni della provincia statunitense che comincia svantaggiata ma finisce alla grande. Soprattutto perché King ci mette del suo con citazioni e sviluppi del Kingverse, l’universo narrativo che ha creato in mezzo secolo di carriera da scrittore.

Gli anni che ho citato sono tra quelli in cui si svolgono le vicende… i romanzi sono effettivamente stati pubblicati nel 2017 (il 1°, «La scatola dei bottoni di Gwendy») nel 2019 (il 2°, «La piuma magica di Gwendy») e nel 2022 (il 3°, «L’ultima missione di Gwendy») tradotti in italiano con quei titoli da Sperling&Kupfer nel 2018, 2020 e 2022.

Tutti e 3 i romanzi sono stati successi commerciali mondiali. Eppure sono qualcosa di più, soprattutto l’ultimo.

Girano intorno a una scatola che un tizio, nel 1974 affida a Gwendy per alcuni anni. Sul coperchio ci sono 8 bottoni, 6 per i continenti della Terra, 1 rosso che esaudisce desideri e 1 nero che può distruggere tutto (nel senso di tutto tutto, sia il Kingverse sia il resto). Sulla scatola ci sono anche 2 levette, che aprono cassettini contenenti dollari d’argento del 1891 e caramelle gommose.

Con alcuni di quei dollari Gwendy si paga gli studi universitari che i suoi genitori non potrebbero permettersi, con le caramelle trasforma il proprio corpo – da grassoccia bambina occhialuta a capitana della squadra di atletica. Inoltre guarisce la madre dal cancro.

Schiacciare i bottoni è un po’ più rischioso. Gwendy lo fa una volta, nel 1° libro, e teme di aver ucciso 900 persone aderenti a una setta. Lo fa un’altra volta, nel 3° libro, e disintegra la piramide di Cheope, in Egitto. Altre persone cui la scatola è stata affidata hanno fatto di peggio (tipo scatenare la pandemia da Covid 19) e hanno subìto conseguenze pesanti come ricoveri in manicomio e suicidi, spesso riusciti anche quando coinvolgevano persone delle loro famiglie.

A ogni modo il tizio si fida di Gwendy e le riconsegna la scatola anche quando lei, dopo il 2023, comincia a sentire i sintomi della demenza senile. Però è ormai diventata una senatrice degli Stati Uniti, può farsi mandare su una stazione orbitante e da lì nello spazio profondo, dove la scatola non potrà più fare danni.

L’ultimo romanzo è una meraviglia. La vecchia Gwendy, che ormai ha 64 anni, si dimentica le parole a causa della demenza incipiente, ma riesce comunque ad affrontare avversari sia naturali sia sovrannaturali (compari di quelli che King ha raccontato nei racconti di «Cuori in Atlantide» e nei romanzi della Torre Nera, con improbabili soprabiti giallo fluo e alla guida di automobili enormi verdi e viola, fluo).

Quei cattivi trovano il modo di uccidere il marito di Gwendy, che era andato a Derry – città del Maine in cui scorrazza un clown. E qui si percepiscono increspature nel Kingverse, perché, insomma, il clown dovrebbe essere stato distrutto nel 1985, come ha raccontato lo stesso King in «It»… cosa ci fa ancora in giro nel 2026?

Insomma, tutto si tiene. La carriera di Stephen King ha aperto finestre su mondi altri che sono lì, ossessionanti, ossessivi. Forse vogliono, come dire, entrare qui. Forse noi umani normali ci difendiamo da essi rifugiandoci nella demenza che fa dimenticare le parole e i nomi… e perfino i parenti, che forse possiamo salvare se non li pensiamo e quindi non diamo modo ai cattivi in soprabito giallo di, ehm, individuarli usando come bussola i nostri stessi pensieri.

Forse. Cribbio.

Traduzione in inglese

About the Author

Guido Tedoldi

Nato nel 1965 nel milieu operaio della bassa Bergamasca. Ci sono stato fino ai 30 anni d’età, poi ho scelto di scrivere. Nel 2002 sono diventato giornalista iscritto all’Albo dei professionisti. Nel 2006 ho cominciato con i blog, che erano tra gli avamposti del futuro. Ci sono ancora. Venite.

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