Il piccolo mercato agricolo di Fuipiano, con i gazebo distribuiti sul perimetro esterno del parcheggio adiacente alla piazza principale del villaggio, sino a formare uno slargo per l’incontro tra le persone al centro dell’accampamento commerciale, offre alla popolazione, turisti ed escursionisti compresi, l’opportunità di entrare in comunicazione diretta con alcuni produttori locali, degustando e acquistando diversi beni alimentari della tradizione locale: stracchini, formaggi pecorini, piccoli frutti di bosco e di campo, marmellate e confetture, uova biologiche, vini, anche lumache con relativi prodotti di cosmesi.
Assisto Mirella, impegnata al banco dell’Azienda agricola Recudino di Francesco Carminati, nostro figlio, e scrivo tra un passaggio e l’altro dei diversi clienti, per la verità non tantissimi, sotto il cielo di questa giornata assolata ma ventilata. Davanti, in posizione dirimpettaia, dall’altra parte di questa improvvisata piazzetta, un’esposizione di quadri in stile naif introduce una curiosa macchia di colore, con la rappresentazione di paesaggi, architetture, campi di papaveri e girasoli. Oltre ancora, in lontananza, svettano in alto gli affioramenti rocciosi, con guglie e pinnacoli, dei Canti di Fuipiano. Due alianti danzano nel cielo, come in perlustrazione, compiendo ampi giri e disegnando curiose geometrie. Pare il volo di due grossi rapaci, mentre “corteggiano” la loro preda, planando silenziosi, prima di affondare il loro attacco in veloce e ferale picchiata. Nel frattempo grossi nuvoloni neri preannunciano un possibile temporale, che solo il vento di tramontana sembra avere la forza di spazzare via.
I Canti trasmettono un fascino particolare: profondi anfratti e strutture rocciose verticali, formazioni rocciose appuntite, banchi di rocce inclinate o raddrizzate in piedi, sovrapposte le une alle altre e modellate dalla furia violenta delle formazioni geologiche, attribuiscono a quella cresta rocciosa di monte un aspetto selvaggio, lontano, disabitato e pericoloso. Sono come torrioni di guardia del villaggio. Guardando lassù, percepisco la presenza di Don Amadio, l’ultimo prevosto di Fuipiano, in cura d’anime nel villaggio dal 1958 sino al 19 luglio 2016, giorno del suo trapasso alla vita eterna: proprio questa sera, nella chiesa parrocchiale verrà commemorato, a quattro anni dalla sua dipartita, con un concerto d’organo, che inaugura la Quarta Rassegna Organistica tutta valdimagnina.
Mentre alla mia sinistra, pochi metri più in là, Miriam dialoga ininterrottamente e a voce alta con clienti e amici, proponendo un vario assortimento di vasetti di marmellate prodotte in azienda, io continuo a osservare con interesse quelle punte rocciose di monte, ripide e taglienti, caratterizzate da motivi architettonici senza ordini apparenti o forme regolari: sono convinto che lo spirito del sacerdote, per tratti crudo e spigoloso come quelle rocce, già decano della valle, aleggi lassù, più che in chiesa, continuando a produrre non solo stimoli di memoria ma anche tensioni di libertà e autonomia, a strenua difesa del diritto del villaggio montano a continuare ad esistere sul tetto della valle. La leggenda tramanda che proprio lassù, tra quelle aspre rocce, nei secoli passati siano stati confinati dai sacerdoti del villaggio gli spiriti del male, affinché non potessero nuocere alla comunità. Don Amadio continua ad essere garante di questa tradizione.
I tempi cambiano, le abitudini evolvono e si adeguano alle nuove tendenze sociali, religiose, economiche. Le antiche leggende non vengono più trasmesse alle nuove generazioni, i Canti oggi hanno perso il senso del mistero che li avvolgeva. Non sono più l’ambito privilegiato dell’incontro tra la terra e il Cielo, ma un semplice spazio alpino, meta di escursioni e passeggiate. A rassicurare i viandanti, però, è rimasta la Madonnina dei Canti. Scompaiono, una dopo l’altra, le magie dei luoghi, comprese quelle del mercato e dei suoi prodotti, nel cui spazio tutto deve essere rivelato, razionalizzato ed esplicitato nei dettagli… In questo periodo mi occupo di formaggi, anzi per la precisione di stracchini, e so quanto sia difficile trasferire al popolo degli acquirenti la magia della cagliata, quando da un prodotto alimentare ne viene ottenuto un altro, attraverso un atto di Creazione degli artigiani del cibo.
E ogni volta che ciò accade, nei piccoli caseifici di montagna si rigenerano tradizioni, ritornano a galla esperienze e pratiche antiche, ma in primis si rinnova un sublime atto di amore dei piccoli allevatori e casari nei confronti della propria terra. E so anche quanto non sia facile trasmettere il principio secondo il quale ogni stracchino, quando rappresenta il frutto del lavoro artigianale e diretto del produttore, non può che essere diverso dall’altro, poiché la gente è stata educata all’omologazione dei gusti e all’esatta ripetizione, come al di fuori del tempo, di sapori ottenuti da processi industriali, che uccidono la diversità e comprimono la creatività. Infine, so quanto sia difficile ritornare a “volare”, per pensare alla grande e per poter cogliere la “radice” più intima di un prodotto, come pure l’anima di ambienti naturali umani, come quelli dei Canti di Fuipiano e del suo mercatino agricolo, dentro i quali si rinnova ogni volta la magia della Creazione…