Son tornato ai Navigli di Milano, sul Naviglio Grande che va verso la Lomellina. Poi c’è il Naviglio pavese, verso Rozzano e la Certosa. Vien da domandarsi: da che parte andrà l’acqua? Guardando l’uomo della tavola che sta remando verso di noi e arranca, si direbbe verso la Darsena. Invece dalla Darsena l’acqua esce per finire nel Ticino.
Vi giungiamo all’altezza della Chiesa di San Cristoforo, santo venerato dai pellegrini, facilitatore nel guado dei corsi d’acqua, acqua salvifica ma anche da cui ci si salva come allude la vetrata della Chiesa nell’episodio di Gesù sulla barca investita dalla burrasca: “Signore, salvaci”, gridano i suoi discepoli. La Chiesa nel Medioevo valorizzava i mestieri compreso quello del traghettatore. Per gli albergatori c’era Santa Marta, quella che ospitò il Maestro, patrona pure di camerieri, cuochi e casalinghe. A San Cristoforo è rimasto il ponticello in stile liberty, protetto dalle Belle Arti a svantaggio di disabili in carrozzella e mamme col passeggino. L’acqua sembra buona, limpida. Ci sono pure due pescatori. In progetto sarebbe renderlo balneabile.
Oltre la Chiesa c’è un passaggio a livello. Lo troviamo chiuso e in attesa la gente si raggruppa, da una parte e dall’altra. Chi saltella per non perdere il ritmo, chi finisce con più calore continua il ragionamento, chi approfitta per dare lezione di educazione stradale al bimbo in bicicletta e con casco. C’è chi guarda il cielo o i murales sulle transenne che delimitano la rotaia. Mi vien da pensare al giallo di Giorgio Scerbanenco “Traditori di tutti“. Lei americana di San Francisco che ferma l’auto sulla riva del Naviglio, allora senza protezione, con i due appena conosciuti seduti dietro, un uomo e una donna, mezzo addormentati dopo la succulenta cena e la botta di eroina. ”Scendo a fumare una sigaretta” aveva detto senza ottenere risposta. Poi la spintarella con i due dentro, “pluffete”, e il canale aveva inghiottito macchina e passeggeri. Difficile uccidere due persone contemporaneamente, ma aveva programmato bene tutto. Così l’inizio del racconto.
Si passa per uno spazio ristretto, stanno costruendo dall’altra parte, lo chiamano “bosco orizzontale”, pareti verdi come quello famoso o Bosco verticale, prototipo della Milano verde, in zona Stazione Garibaldi. Andiamo al mercatino contadino a comprare il pane di un panettiere che viene dalla Val Taleggio.
Si sbocca sulla Circonvallazione esterna, esterna perlomeno nel 1800 quando la città finiva e c’erano porte per entrare e i bastioni spagnoli a proteggere. Noi l’attraversiamo e proseguiamo in via Tortona, sul finire della Fashion Week. E’ una delle zone del design e della moda. Qui si tengono appuntamenti e esposizioni, occasioni di scambio tra vecchie e nuove clientele, per operatori del settore noti o in procinto di lanciarsi come nuovi brand. Un tempo via Tortona brulicava di operai e tecnici, di attività artigianali e manufatturiere. C’era l’Ansaldo, oggi il Mudec.
In due passi si è in Darsena, di sabato e con la bella giornata che spinge fuori casa. Questo posto calamita i milanesi, un’aria giovanile la percorre, o a crogiolarsi al sole o a sedersi in compagnia ai tavolini. Le voci prendono il sopravvento sul frastuono del traffico. Parte il traghetto turistico, “Navigami” c’è scritto, turisti invece silenziosi e attenti e che guardano.
Al silenzio si passa anche entrando nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, un centinaio di metri lungo l’alzaia. Una costruzione alta e lunga, in una struttura neogotica di un architetto milanese, Cesare Nava, che era stato Presidente della Fabbrica del Duomo. Non è esattamente un luogo toccato dal giallo di Scerbanenco il cui il movente è la droga. La chiesa fuori dalle vicende del male. Si parla di cascine tra Rozzano e Corsico, di casa d’appuntamenti sulla via della Certosa, di macelleria a Romano Banco dove passava la roba, di Naviglio Grande per la sparatoria, del delitto compiuto nel Naviglio Pavese, di ristorante alla Binaschina dove il detective protagonista cerca informazioni, di inseguimenti lungo via Lodovico il Moro, e di altri luoghi di Milano come la Questura e l’obitorio. Solo di sfuggita si accenna ad una bella chiesetta di Corsico. Lei, l’americana, lavorava nell’ufficio governativo dell’Arizona dove aveva scoperto la fine orrenda subita dal padre per causa loro, “traditori di tutti”, a guerra in corso. Era venuta per vendicarlo.