Avete presente la famosa tela “L’Urlo” di Munch? Ora provate a pensare a questo famoso quadro senza che sullo sfondo ci siano più ne il ponte, ne il tramonto rosso arancione che siamo abituati a conoscere ma il bellissimo Skyline della Città di Bergamo. Riuscite a immaginarlo?
Se la risposta è no, sappiate che invece uno degli artisti di Madenotte, il collettivo internazionale di artisti fondato a Bergamo nel 2018 lo ha fatto, lo ha fatto, trasformando l’Urlo di Munch in “The Scream of Bergamo”.
Questa immagine particolare, di grande impatto e sin dal primo sguardo densa di significato, soprattutto in questo particolare momento storico per la nostra città, mi ha subito colpito tanto da voler scambiare due parole con il progetto dal quale ha preso vita. Cosa ha spinto l’artista a realizzare quest’opera? Qual è il progetto che sta dietro a Madenotte? Scopriamolo insieme e direttamente dalle loro parole.
Partiamo dall’inizio. Chi è Madenotte? Cosa potete raccontarci di questo progetto dal quale è nata quest’opera?
“Anche se l’opera “The Scream of Bergamo” è stata realizzata da un soggetto singolo che è della città di Bergamo, in realtà dietro il nome Madenotte c’è un progetto culturale molto ampio.
C’è, in effetti, un gruppo di persone che vogliono vivere l’arte in maniera libera, scevra da condizionamenti locali e da dinamiche relazionali. Madenotte sono uomini e donne di estrazioni culturali e artistiche eterogenee ma di altissimo livello che non cercano protagonismi, ma anzi, vogliono rimanere anonimi. Persone che provengono da città e addirittura da Paesi differenti e che hanno esperienze professionali di alto profilo ma molto diverse tra loro. Riteniamo infatti che proprio la pluralità di anime culturali possa rappresentare un’opportunità di crescita artistica e umana. L’arte unisce e deve nascere da un comune sentire. Madenotte non vuole essere solo un artista, Madenotte nella sua semplicità vuole solo fare Arte, poi, probabilmente, si potrà discutere dei contenuti, degli aspetti estetici, della forza narrativa, ma è la libertà dell’Arte.”
Quindi colui che ha realizzato l’opera è di Bergamo…
“Si, la persona che ha realizzato questo quadro è di Bergamo e vive a Bergamo ed a Bergamo ha trascorso i giorni drammatici del covid. Giorni sconvolgenti, dove ogni bergamasco ha visto morire un parente o un amico o un conoscente, poco importa il grado di parentela o di relazione, ma quello che è significativo è che una intera città, una “comunità”, nel senso più alto del termine, e composta da generazioni diverse, per la prima volta dal dopoguerra in poi, ha sentito sulle proprie spalle il peso, che spesso appare insormontabile, della morte e lo ha affrontato con grandissima sofferenza ma altrettanta dignità. Un insegnamento per tutti.
Una morte vissuta in maniera drammatica e anomala, una morte contrassegnata dalla cifra della angoscia e amplificata da una solitudine surreale. Una solitudine che trovava la sua dimensione più tragica addirittura nell’impossibilità di poter celebrare il funerale. Una solitudine che colpiva indifferentemente tutti. Per questo Bergamo in qualche modo è stata il simbolo di questo sofferenza anche nell’immaginario collettivo grazie alle immagini che sono entrate nelle case di tutto il mondo. Bergamo per qualche giorno è diventata simbolo del dolore del mondo. E questo inevitabilmente ha toccato tutto il Paese”
Detto questo, mi sembra quindi chiaro che l’opera ha preso vita da tutti questi sconvolgimenti che abbiamo provato sulla nostra pelle…
“La tragica vicenda con il Covid di Bergamo con il suo dramma sicuramente è uno dei due temi di ispirazione. Il secondo è invece quello di celebrare un tributo ad Edward Munch, il grande artista norvegese che nella celebre opera dell’Urlo stigmatizza tutta la propria sofferenza psichica, trasformandola in un urlo. Non ci è dato conoscere la natura dell’Urlo, e qui troviamo la grande forza dell’Arte ,dove ciascuno può leggere quello che sente, perché quell’urlo può essere liberatorio, disperato, di dolore, insomma, ciascuno do noi in quell’urlo vede e proietta il proprio grido spesso taciuto.
Alla luce di questi due elementi di ispirazione c’era la grande sfida artistica, ovvero quello di voler raccontare il dramma e la sofferenza in maniera diversa ma nei canoni stilistici di un grande capolavoro senza modificarne l’impalcatura cromatica.
La sfida quindi è stata quella di voler capovolgere la prospettiva, l’urlo non è più rivolto al pubblico ma è rivolto alla città di cui si intravede lo skyline, uno Skyline straordinario ma cupo com’era cupa e tetra l’aria della città in quei giorni. Nel gioco teatrale il personaggio dell’urlo è di spalle e i passanti inconsapevoli del quadro originale diventano attori protagonisti dell’opera. Chiunque diventa soggetto attivo che deve scegliere se rimanere indifferente o partecipare al dolore di una comunità.”
Nel ringraziare coloro che Madenotte con gentilezza hanno accettato di raccontarci qualcosa di più di questo “Urlo di Bergamo” rinnoviamo loro i nostri complimenti per questo quadro che ben rappresenta il dolore della nostra città.
Un dolore che grazie anche a opere come questa non resta solo di chi ha provato sulla propria pelle la perdita di un caro e tutte le privazioni causate dall’epidemia, ma che diventa di ciascuna persona che osserva e si immedesima nell’opera.