La distinzione tra essenza ed esistenza ha dato a Tommaso la possibilità di accordare l’aristotelismo con la visione cristiana del mondo. Aristotele affermava che la forma, ossia la realtà in atto, è eterna ed indistruttibile, quindi non creata.
Ciò, è evidente, non ammetteva alcun intervento di Dio nella creazione del mondo e ciò contraddice apertamente il Cristianesimo nei suoi dogmi fondamentali. Invece Tommaso, sancendo la distinzione tra essenza ed esistenza, fa scaturire l’esigenza della creazione delle cose finite.
Tale scoperta però non è un’invenzione di Tommaso, già gli arabi ebbero tale merito. Anche se, bisogna precisarlo, Tommaso apportò delle importanti modifiche alla prospettiva araba che gli permisero di accordarsi ancora meglio con la visione cristiana. Contro Avicenna Tommaso afferma che l’esistenza non è un “accidente”, un accessorio dell’essenza, ma un elemento costitutivo dell’ente. Ciò dice il filosofo in merito: “L’essere di una cosa, pur non essendo la sua essenza, non va considerato qualcosa di sopraggiunto alla maniera degli accidenti, ma va posto al livello dei principi dell’essenza”. In secondo luogo la distinzione tra essenza ed esistenza serviva al filosofo arabo a sostenere la derivazione causale e necessaria delle cose da Dio che le ha emanate, per Tommaso, invece, aveva più che altro la funzione di motivare metafisicamente il concetto di creazione. Del resto affermare che esista un rapporto necessario tra Dio e il mondo equivale a sostenere che Dio dipenda dal mondo, cosa in contraddizione con la sua essenza.