Era ora diciamo noi. Finalmente qualcuno ha aperto gli occhi di fronte a consuetudini che da troppo tempo si manifestano nei contesti della socialità adolescenziale dove è raro che qualcuno trovi il coraggio di provare a prendere una decisione ferrea e impopolare. Don Andrea Spreafico, 49 anni (bergamasco originario di Brignano), parroco di Cicognara (nel Mantovano) l’ha fatto.
Il responsabile dell’oratorio centrale don Bosco dell’Unità pastorale Beata Vergine delle Grazie, che riunisce le parrocchie di Cicognara, Cogozzo e Roncadello, non ha più retto certi comportamenti da maleducati e bulli di molti dei giovani che frequentano l’oratorio e ha fatto una cosa semplicissima. Ha chiuso la porta. Di fatto ha anche appeso un cartello con cui annunciava la chiusura dell’oratorio appunto per maleducazione.
Don Andrea ha così spiegato alla stampa il suo gesto: “Ogni tanto però serve ricordare che (l’oratorio, ndr.) non è un parchetto pubblico. Al suo ingresso c’è uno striscione con riportate le scritte Chiesa cattolica italiana e Oratorio don Bosco. Ciò non vuol dire voler fare selezione, né tanto meno imporre a chi entra di partecipare a celebrazioni religiose. Si chiede solo di adottare codici di comportamento rispettosi del luogo che viene mantenuto in ottimo stato grazie alle offerte dei fedeli e all’impegno quotidiano di diversi volontari“.
Si perché non c’è altra soluzione al menefreghismo anarchico di chi crede che si possa fare e dire in casa d’altri qualsiasi cosa in nome della libertà di parola o della tolleranza globale che tanto vanno di moda al giorno d’oggi. Perché anche il mondo libero e democratico si poggia su un pilastro che la Costituzione tutela e che spesso ci si dimentica, che è quello della proprietà privata (articolo 42).
Perché l’oratorio non un qualsiasi parco pubblico (ammesso e non concesso che anche lì si possa fare quel che si vuole), ma un territorio privato che per apostolato, missionarietà civica apre le sue porte a tutti, ma non è tenuto a farlo e soprattutto può benissimo dettare le proprie regole come qualsiasi privato cittadino: ovvero nella sua proprietà fa entrare chi gli garba a lui.
Se gli ennesimi talebani perbenisti dello stato di diritto hanno qualcosa da obiettare provino ad indire l’ennesimo referendum contro la proprietà privata. Perché è di questo che stiamo parlando. Non stiano solo discutendo di educazione civica o pedagogica, ma di rispetto degli spazi di proprietà di un’organizzazione che resta privata.
Sulla sua pagina Facebook don Andrea Spreafico ha voluto rispondere al clamore che la sua decisione ha suscitato: “Non si è trattato di una punizione. Lo stop di un giorno serve ai piccoli (e, purtroppo, devo dire che comincia a servire sempre di più anche ai grandi) per porsi una domanda fondamentale: per uscire dal mio spazio ed entrare in quello di una comunità mi viene chiesto di cambiare qualcosa di me. Sono disposto a farlo? Mi interessa di più rimanere dentro lo spazio altrui oppure preferisco non perdere i miei atteggiamenti ma rimanere fuori? Di fronte a questa scelta ciascuno si interroga, si determina e cresce, perché è nelle scelte e non nelle imposizioni che si cresce. L’educazione è tutta qui”.