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In Italia si disputano troppi tornei di scacchi? La domanda l’ha posta pubblicamente Roberto Messa, nel suo editoriale del numero di luglio/agosto 2019 della rivista che dirige, «Torre & Cavallo – Scacco». Messa argomenta che molti dei tornei più noti all’estero, noti perché diventano feste degli scacchi cui prendono parte giocatori di tutti i livelli “dal campione del mondo al neofita” (e per questo motivo finiscono volentieri sotto i i riflettori dei mass media internazionali) i partecipanti sono migliaia. Per esempio, al Grenke 2019 disputato nella seconda metà di aprile in Germania c’erano più di 2000 giocatori. In Italia il massimo che si raggiunge è poco sopra i 300. Il Festival di Spilimbergo, terminato il giorno di Ferragosto, ne ha avuti 357 ed è stato (basandosi su statistiche federali) il torneo più partecipato dal 2002. Di fatto in questo secolo soltanto 12 tornei italiani, esclusi gli istituzionali come i campionati giovanili, hanno avuto più di 250 partecipanti. Poi ci sono i casi eclatanti di tornei organizzati in contemporanea a pochi chilometri di distanza. Per esempio tra il 30 agosto e il 1° settembre prossimi sono previsti il Memorial Ravaschietto a Crema e l’open Mimosa a Milano. La distanza tra le 2 città, secondo Google Maps, è di 47 chilometri. Ad oggi, a Crema sono preiscritti 51 giocatori, a Milano 26.


Un caso un po’ meno eclatante è quello dei tornei di Liscate e Gorgonzola. Qui non si tratta di contemporaneità, perché Liscate si terrà dal 25 al 27 ottobre mentre Gorgonzola nel fine settimana successivo dell’1/3 novembre. Però la distanza tra le due città è, dice Google Maps, di 7 chilometri. In sintesi: chi parteciperà a Crema non potrà essere a Milano, nemmeno volendo; chi parteciperà a Liscate forse potrebbe anche partecipare a Gorgonzola – nel caso si sia ripreso dalla fatica. Anche perché la maggior parte dei partecipanti a questi tornei non sono professionisti bensì giocatori dilettanti (spingilegno nel gergo scacchistico). La questione sottesa è che un torneo “piccolo” in quanto a partecipanti, ha anche difficoltà a trovare le risorse necessarie per diventare un punto di riferimento, edizione dopo edizione. Risorse che non sono soltanto economiche, ma anche di risonanza mediatica, di radicamento nel territorio, di organizzazione di eventi collaterali tramite i quali un torneo diventa un festival, un festival diventa eccellenza riconosciuta – e in generale gli scacchi diventano qualcosa di più di uno sport minore vagamente associato al Coni. Se poi gli organizzatori sono messi nelle condizioni di dover competere con altri tornei posti negli stessi giorni o a pochi chilometri di distanza, be’, forse la questione non si risolve. Essere una delle nazioni al mondo in cui si organizzano più tornei di scacchi (l’Italia è nella top five mondiale, dati Fide alla mano) non è il modo per rendere maggiormente popolare il nostro gioco.


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Guido Tedoldi

Nato nel 1965 nel milieu operaio della bassa Bergamasca. Ci sono stato fino ai 30 anni d’età, poi ho scelto di scrivere. Nel 2002 sono diventato giornalista iscritto all’Albo dei professionisti. Nel 2006 ho cominciato con i blog, che erano tra gli avamposti del futuro. Ci sono ancora. Venite.

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