Il progetto di un corso di filosofia orientale che accompagnasse il percorso analogo, occidentale, giunto oramai su Socialbg.it alla quarantunesima lezione, è nato allo scopo di dare una visione più ampia e completa al lettore appassionato di filosofia, nonché per venire incontro ad una tendenza di sempre maggiore curiosità e interesse per una cultura filosofica nata lontano da noi e della quale sappiamo ancora troppo poco.
La culla della filosofia orientale si trova in varie aree geografiche dell’Asia, tra cui l’India, la Cina, il Giappone, la Corea e il Tibet. In India, le prime forme di filosofia orientale si svilupparono attorno al 1500 a.C. con i Veda, testi religiosi che contenevano anche elementi filosofici. Il buddismo, da qui ho deciso di cominciare questo nuovo corso, è una religione (ma anche e soprattutto una filosofia) tra le più antiche della storia, nonché una delle più diffuse al mondo. Con la parola “buddismo” indichiamo quell’insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche individuali e collettive che non fanno capo ad un sistema ben definito, bensì a variegate correnti di pensiero che si sono sorte nei millenni, in tempi e in luoghi diversi, e che hanno un’origine comune: gli insegnamenti lasciati da Siddharta Gautama, il Buddha.
La storia del buddhismo inizia nel VI-V secolo a.C, nel Nepal, e, nel lunghissimo periodo della sua esistenza, questa filosofia si è evoluta, diffusa e adattata ai diversi contesti storici, geografici e culturali che ha attraversato. Per cui alla sua originale impronta indiana ha integrato elementi greci, asiatici, orientali, e negli ultimi due secoli, anche occidentali. Tale disomogeneità ha determinato, ne parleremo più avanti, anche la nascita di differenti scuole buddiste. Si stima che al mondo, oggigiorno, il buddismo sia praticato da almeno trecentocinquanta milioni di persone, senza considerare i semplici simpatizzanti o chi lo pratica saltuariamente, il che rende il buddismo la quarta religione più diffusa al mondo.
LA NASCITA DEL BUDDHA
Le prime biografie sulla vita di Siddharta Gautama furono scritte subito dopo la sua morte. La più antica biografia autonoma ancora oggi disponibile è il Mahāvastu[1] (sanscrito; devanāgarī: महावस्तु (अवदानम्); lett. “Grande Composizione (delle Gloriose Azioni)”). Si tratta di un testo risalente, nel suo nucleo originario, al II secolo a.C. (con rimaneggiamenti successivi), redatto in sanscrito ibrido e in cinese. Secondo esso la nascita di Gautama sarebbe avvenuta nel Nepal meridionale, in una località chiamata Lumbini, la data più plausibile è il 563 a.C.. Tale evento fu accompagnato, sempre secondo tale fonte, da miracoli che ne annunciarono il concepimento e che furono interpretati come dei chiari segnali che quello che sarebbe venuto al mondo sarebbe diventato un Buddha.
Attraverso le biografie ci sono giunte interessanti informazioni riguardanti la famiglia nella quale Gautama è cresciuto. Il padre si chiamava Suddhodana Gautama ed era il re del clan Shakya, una dinastia che regnava nella regione dell’attuale Nepal. Era un uomo ricco e potente, ma anche saggio e rispettato. La madre di Buddha si chiamava Maya e proveniva da una famiglia nobile. Secondo la tradizione buddhista, Maya, una donna di grande bellezza, concepì il figlio mentre meditava in un giardino. Dopo il parto, però, la donna morì prematuramente. Il bimbo venne quindi allevato dalla seconda moglie del re, Mahāprajāpatī una delle sorelle minori della defunta Maya. Suddhodana si prese cura del figlio e lo circondò di ogni lusso e attenzione. Tuttavia, ritenendo che un giorno avrebbe dovuto sposarsi e assumere il suo ruolo di re, gli impedì di esplorare il mondo al di fuori del palazzo. Ciò provocò nel bambino un forte desiderio di cercare la verità ultima sulla vita e la morte. Per questo, Gautama, una volta cresciuto, abbandonò la vita di lusso del palazzo e si dedicò alla meditazione e alla ricerca spirituale.
Tornando alla nascita di Siddharta (il cui nome significa “colui che raggiunse lo scopo”) secondo tradizione, nacque pienamente cosciente e con un corpo perfetto e luminoso. Ovviamente sapeva già camminare e parlare, dopo sette passi, secondo credenze popolari, pronunciò le seguenti parole: «Per conseguire l’Illuminazione io sono nato, per il bene degli esseri senzienti questa è la mia ultima esistenza nel mondo». Dopo la sua nascita furono invitati a corte brahmani[2] e asceti per una cerimonia di buon auspicio. Durante le celebrazioni si racconta che il vecchio saggio Asita trasse, come di consuetudine, l’oroscopo del nuovo nato. Tra le lacrime annunciò che il nascituro aveva qualità eccezionali e il suo destino sarebbe stato grande. Affermò che avrebbe scoperta la Via che conduce al di là della morte, e sarebbe diventato un Buddha. E quando chiesero al saggio come mai piangesse, questi rispose che lo faceva sia perché era testimone di un evento eccezionale, sia per il dispiacere di essere ormai troppo anziano per ascoltare e beneficiare degli insegnamenti di tale essere.
[1]Il Mahāvastu consiste di 22 libri o sezioni. Il testo è prevalentemente in forma di prosa e comprende anche alcuni versi e inni. Inoltre include storie delle vite passate del Buddha, conosciute come jataka, e molte altre leggende e aneddoti sul Buddha e sui suoi discepoli. Il Mahāvastu spiega anche la dottrina buddhista del Karma, la rinascita e il sentiero verso il Nirvana.
[2]Sacerdoti appartenenti alla casta dei Varṇaśrama dharma