Pescate, al Parco dell’Addio di Lucia. Così l’hanno titolato. Resta davanti a Pescarenico, dove il Lago che sta per diventare fiume si strozza per un tratto e poi si allarga nell’ultima conca. Davanti c’è il Resegone dal profilo seghettato. Sull’altra riva si riconoscono i paesi dai campanili, ma al tempo di Manzoni erano ben distinti e apparivano come gruzzoli di case nel verde: Vercurago, Chiuso, Maggianico, Pescarenico. Ora è un’ininterrotta striscia di case. Il bosco ha già i colori dell’autunno. Si sono persi i casolari con la chiazza di prato intorno, fonte di sussistenza per le poche mucche da cui si dipendeva. Tutto è sommerso, dove proliferano cinghiali e animali selvatici.
Nei Promessi Sposi il paesaggio accompagna lo svolgersi degli eventi e lo stato d’animo dei personaggi. Come la stradicciola di ciottoli che fanno da inciampo al procedere di Don Abbondio e che lui svogliato scarta col piede verso il muricciolo. Oppure la vigna che Renzo rivede dopo due inverni di peripezie e di pericoli scampati, rifugiatosi nella straniera ma ospitale terra veneta di Bergamo. “Era un guazzabuglio di steli che facevano a soverchiarsi l’uno con l’altro” tant’è che “la gente del paese era andata a far legna nel luogo di quel poverino”.
Quella sera “non tirava un alito di vento; il lago giaceva liscio e piano, e sarebbe parso immobile se non fosse stato il tremolar e l’ondeggiare leggero della luna che vi si specchiava da mezzo il cielo”. Fino a quell’ ”Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime ineguali, note a chi è cresciuto tra voi…” (cap.VIII)
E’ l’addio del profugo. Ne avrà conosciuti il Manzoni con la tanta osannata Rivoluzione e le guerre napoleoniche seguenti. O forse rammentava i giorni tristi trascorsi nel Collegio dei Padri Somaschi a Merate – “sozzo ovile” lo chiamò – lontano dalla madre Giulia che si godeva la sua libertà dopo aver respirato l’atmosfera ostile della famiglia Manzoni.
Oggi si passeggia sul lago. Si incontrano persone di ogni età. Chi solo è fermo e fissa l’acqua; chi pedala e non vuol perdere il ritmo per completare il giro; chi conversa e trasforma la passeggiata in piccole tappe a commentare o spiegare alle amiche; chi corre con la cuffia nell’orecchio e l’orologio del battito cardiaco al braccio; chi sosta attratto dai bimbi in ricreazione che rincorrono un pallone o aggrappati alla recinzione chiamano e domandano, e il più chiacchierino aggiunge che presto verrà il suo papà a prenderlo. La gente gode il sole e respira quell’aria, presagendo giorni di ritiro.
La storia di Pescate è antica. Si racconta che in una delle case abbia soggiornato l’imperatore Federico Barbarossa tra le sue discese in Italia (1158). Si distende lungo l’asse stradale trafficato. La Chiesa di Pescate, sempre cuore del paese con l’Oratorio e le Scuole vicine, non ha sagrato. Attraversare è un’impresa. Le macchine si succedono, ancor più frenetiche perché le nuove disposizioni del il coronavirus hanno accorciato il giorno già abbreviato con l’equinozio autunnale.